Gli operatori del diritto sono da tempo inclini a riconoscere ai verbali ispettivi redatti nella fase amministrativa dal funzionario dell’ente previdenziale, che preceda quella giurisdizionale, un carattere meramente indiziario.
Sottoposti al giudicante dall’Inps, in sede difensiva, i detti atti abbisognerebbero comunque, di apposito e necessario scrutinio giudiziale, come recita la seguente massima: «. . . i verbali di accertamento redatti dagli Ispettori dell’Inps . . . possiedono, per quanto riguarda le altre circostanze che il verbalizzante segnali aver accertato nel corso dell’inchiesta, per averle apprese da terzi o a seguito di indagini, un grado di attendibilità che può essere infirmato da una specifica prova contraria e, in mancanza di questa, possono costituire prove sufficienti di tutte le circostanze riferite dal p.u. che ha compilato il verbale di accertamento» (in tal senso, tra la giurisprudenza di merito, App. Milano, 5 dicembre 1980, Pretura Treviso, 27 gennaio 1993).
Conforme alle citate pronunce delle corti territoriali, è orientata, da più di un decennio, la S.C., ad avviso della quale: «I verbali dei funzionari … dell’Istituto Previdenziale mantengono … la loro idoneità a far fede fino a querela di falso, ai sensi dell’art. 2700 c.c. della provenienza dei documenti dal funzionario che li ha formati, nonché delle dichiarazioni e degli altri fatti attestati come avvenuti in sua presenza (cd. prova dell’estrinseco, non già dell’intrinseco, n.d.r.), potendo tali atti fornire per il resto, solo utili elementi di giudizio non aventi valore di piena prova» (Cass., sez. lav., 29 novembre 1989 n. 5327, definitivamente avallata da Cass., sez. un., 3 dicembre 1996 n. 916).
Ancora di recente, ed adesivamente, la corte di legittimità: «I verbali redatti dal p.u. incaricato di ispezioni circa l’adempimento degli obblighi contributivi, mentre fanno prova fino a querela di falso dei fatti che egli attesti essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti, non hanno alcun valore probatorio precostituito – neanche di presunzione semplice – riguardo alle altre circostanze in esse contenuti, e quindi il materiale raccolto dal verbalizzante deve passare al vaglio del giudice, il quale, nel suo libero apprezzamento, può valutarne l’importanza e determinare quale sia il conto da farne ai fini probatori, senza poterne però attribuirgli il valore di vero e proprio accertamento, con la conseguenza di addossare all’opponente l’onere di fornire la prova dell’insussistenza dei fatti contestatigli» (Cass., sez. lav., 18 giugno 1998, n. 6110).
Il tema è stato portato, da ultimo, all’attenzione di un tribunale di merito, che non ha avuto motivi per discostarsi dalla linea dei pronunciati citati innanzi, sentenziando che: «I verbali redatti dagli ispettori Inps fanno piena prova, fino a querela di falso, solo della provenienza del documento dal funzionario che lo ha formato e dei fatti attestati come avvenuti in sua presenza, posto che relativamente agli altri fatti, quali le dichiarazioni raccolte od il contenuto dei documenti analizzati, possono unicamente fornire utili elementi di giudizio cui è sostanzialmente attribuibile un valore indiziario, che ben può essere infirmato da una prova contraria» (Trib. di Ivrea, 10 marzo 2005, n. 34).
Giorgio Vanacore
Avvocato in Napoli

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