La conoscenza dello stato d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo, pur potendo desumersi da elementi indiziari, connotati dai requisiti di gravità, precisione e concordanza, e tra questi dall’avvenuta pubblicazione di protesti, deve in ogni caso essere effettiva e non meramente potenziale, e a tal fine occorre la prova di concreti elementi di collegamento con detti indizi, dai quali possa desumersi che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza e avvedutezza, e anche in considerazione delle concrete condizioni in cui si è trovato a operare, non possa non aver percepito la situazione di dissesto in cui versava il debitore.

Cassazione civile sez. I, 15/04/2019, n.10500

RILEVATO IN FATTO

che:

il tribunale di Pescara, con sentenza in data 16-7-2002, dichiarava il fallimento di (OMISSIS) s.r.l.;

la curatela, con atto del 3-3-2004, proponeva azione revocatoria fallimentare di tre pagamenti eseguiti dalla fallita nel biennio anteriore al fallimento, mediante assegni, in favore di Daicom s.r.l., per l’acquisto di 4904 telefoni cellulari;

la domanda veniva respinta dal tribunale per esser mancata la prova della conoscenza della condizione d’insolvenza;

la sentenza è stata riformata dalla corte d’appello de L’Aquila, la quale ha ritenuto che invece la prova ci fosse; ciò in considerazione (i) dell’esistenza di plurimi protesti, per somme ingenti (il primo per l’importo di oltre 2,5 miliardi di lire), pubblicati in data di poco anteriore ai pagamenti revocandi; (ii) della necessità di riferire il dato al momento del pagamento, anzichè, come preteso dalla società, a quello di conclusione del contratto; (iii) dell’inesistenza di elementi contrari a fronte di circostanze presuntive emergenti anche da un verbale della guardia di finanza, dal quale era emerso che la società (OMISSIS) era stata coinvolta in frodi carosello per evasione dell’Iva;

da questo punto di vista la corte d’appello valorizzava i seguenti fatti: (a) la fallita aveva un capitale sociale ridotto al minimo legale, fermo al versamento dei tre decimi; (b) era stata costituita a novembre 1999 e aveva operato per pochi mesi; (c) lo stesso suo amministratore aveva dichiarato che la società non aveva movimentato altro che carta, firmando assegni senza che alle fatture attive e passive avesse corrisposto l’effettiva consegna di merci; (d) la fallita non aveva mai tenuto le scritture contabili, nè presentato bilanci, non aveva posseduto nè possedeva beni mobili o immobili, strutture, giacenze di merci o magazzini di deposito, e ciò nonostante aveva effettuato acquisti di cellulari per oltre 70 miliardi di lire in appena due anni;

la corte territoriale sosteneva che l’esistenza di così evidenti anomalie aveva “sicuramente consigliato la Daicom ad eseguire un monitoraggio costante delle condizioni economiche del proprio contraente”, così da consentire di ritener provata la consapevolezza dello stato di insolvenza;

per la cassazione della sentenza la Daicom s.r.l. ha proposto ricorso affidato a due motivi;

la curatela ha replicato con controricorso;

le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

I. – col primo motivo la ricorrente, denunziando violazione della L. Fall., art. 67, comma 2, falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., comma 1, e omesso esame di fatti decisivi (con conseguente violazione dell’art. 2697 c.c.), censura la sentenza per aver ritenuto che il mero fatto della pubblicazione dei protesti assumesse rilevanza presuntiva tale da esonerare la curatela dall’onere della prova della scientia; assume che tale onere avrebbe dovuto esser parametrato al fatto che i protesti fossero noti a Daicom al momento della ricezione dei pagamenti; al contrario l’impugnata sentenza non aveva valutato tutti gli elementi della fattispecie e in particolare le circostanze decisive per cui: (i) i protesti erano stati pubblicati alla CCIAA di (OMISSIS), a fronte della sede di Daicom distante oltre 500 km; (ii) sempre i protesti erano stati pubblicati in un periodo di tempo sostanzialmente coincidente con la messa all’incasso degli assegni; (iii) nessuna prova era stata fornita a proposito del fatto che i bollettini dei protesti fossero immediatamente e agevolmente consultabili via Internet;

col secondo motivo la ricorrente denunzia l’omesso esame dei seguenti ulteriori fatti decisivi: (iv) Daicom era una società unipersonale con struttura aziendale e organizzazione minima, caratterizzata da un solo impiegato commerciale coadiuvante il legale rappresentante; (v) lo stesso curatore del fallimento era venuto a conoscenza delle anomalie strutturali, contabili e fiscali di (OMISSIS) solo in vista della notifica della citazione, a distanza di tre anni dai pagamenti; (vi) già in base alla sentenza era stata acquisita la prova che Daicom era all’oscuro del coinvolgimento di (OMISSIS) in compravendite fittizie; (vii) nè il legale rappresentante di Daicom nè alcuno dei suoi addetti si era mai recato presso la sede di (OMISSIS), essendo stati i rapporti trattenuti sempre e solo telefonicamente, con consegna delle merci tramite corriere; (viii) (OMISSIS) era una società con giro di affari di diverse decine di miliardi di lire, per modo da offrire fiducia nelle capacità solutorie; (ix) tutti i rapporti intrattenuti con la detta società nei sei mesi anteriori alla conclusione del contratto di compravendita in questione erano andati a buon fine;

II. – il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati unitariamente per connessione, è fondato nel senso che segue;

III. – in tema di revocatoria fallimentare questa Corte ha da tempo chiarito che la conoscenza dello stato d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo, pur potendo desumersi da elementi indiziari, connotati dai requisiti di gravità, precisione e concordanza, deve essere effettiva e non meramente potenziale;

a tal fine occorre la prova di concreti elementi di collegamento con detti indizi, dai quali potersi desumere che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza e avvedutezza, e anche in considerazione delle concrete condizioni in cui si è trovato a operare, non possa non aver percepito la situazione di dissesto in cui versava il debitore (di recente, per tutte, Cass. n. 25635-17);

nel caso concreto la corte d’appello ha omesso di accertare proprio le condizioni in cui il terzo (Daicom) si era trovato a operare; condizioni che, in base al ricorso, risulta che erano state dedotte fin dal primo grado a confutazione dell’affermazione di conoscenza dell’altrui stato di decozione, al punto da avere indotto il tribunale al rigetto della domanda;

IV. – in vero la corte d’appello ha desunto la prova della scientia dal fatto che i pagamenti erano stati eseguiti tra il 18 e il 30 luglio 2001 allorchè la società aveva già patito la levata di protesti per somme ingenti;

ma i protesti – sempre stando alla sentenza – erano stati pubblicati solo il 3 luglio 2001, e dunque in un contesto di prossimità agli eseguiti pagamenti; se si prescinde dall’accertamento delle concrete condizioni di operatività del rapporto inter partes, quell’elemento poteva dirsi sintomatico della mera astratta possibilità del terzo di conoscere l’esistenza dei suddetti protesti al momento di ricevere il pagamento, potendo divenire sintomatico solo dinanzi a una ragionata affermazione di effettiva verosimile e comunque esigibile necessità di consultazione del bollettino dei protesti in quel contesto; cosicchè la mentovata omissione nell’accertamento dei fatti concreti rende apodittica, e come tale erronea, l’affermazione circa la conseguente inversione dell’onere della prova;

V. – può osservarsi che tale lacuna non è colmata dai riferimenti dell’impugnata sentenza alla sequela di circostanze relative al coinvolgimento della società (OMISSIS) nelle frodi fiscali cd. “carosello”, nè dalle considerazioni circa l’inconsistenza strutturale di quella società a fronte di apparente effettuazione di acquisti plurimiliardari in soli due anni; se invero si esclude il fatto della pubblicazione dei protesti – che in effetti consente in astratto di affermare su base indiziaria la conoscenza dello stato d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo contraente, poichè tale conoscenza è certamente desumibile per il carattere di anomalia dei protesti cambiari rispetto al normale adempimento dei debiti d’impresa (v. tra le tante Cass. n. 526-16) – tutte le restanti circostanze si palesano riferite alla situazione strutturale dell’imprenditore medesimo accertata successivamente, senza però che sia spiegato dalla corte del merito perchè il terzo si doveva reputare al corrente, all’atto della ricezione dei pagamenti, di quella deficitaria situazione strutturale;

in altre parole, a fronte del fatto che si trattava di una mera compravendita di telefoni cellulari a distanza, per sua natura implicante contatti prenegoziali semplicissimi, e a fronte del fatto che la sentenza non mette in dubbio che la compravendita sia stata effettivamente eseguita con la consegna dei cellulari, niente è esplicitato nella motivazione al fine di giustificare l’inferenza per cui le anomalie della (OMISSIS) “hanno sicuramente consigliato la Daicom ad eseguire un monitoraggio costante delle condizioni economiche del proprio contraente”; monitoraggio costante che è stato invece seppure implicitamente posto a fondamento dell’assunto identificato nell’affermazione di avvenuto esame periodico del bollettino dei protesti, da parte della società, nonostante che questa fosse operante in tutt’altro contesto territoriale;

nè dalla sentenza emerge che la curatela abbia in qualche misura corroborato le proprie affermazione in guisa di anomalie riscontrabili in altri eventuali e anteriori rapporti commerciali tra le due società, tali da ottenere che la periodica e frequente (quasi infrasettimanale) consultazione del bollettino dei protesti corrispondesse, nella concreta fattispecie, a canoni di logica commerciale; non è infatti da dimenticare – come detto – che la stessa sentenza riferisce che la pubblicazione del primo protesto era avvenuta solo due settimane prima dell’incasso del primo dei tre assegni emessi in sequenza;

al dunque, la conclusione alla quale corte d’appello è giunta concretizza una falsa applicazione delle regole fondamentali di inferenza dell’elemento soggettivo dell’azione revocatoria fallimentare in rapporto al criterio distributivo dell’onere della prova;

l’impugnata sentenza va cassata;

segue il rinvio alla medesima corte d’appello la quale, in diversa composizione, rinnoverà l’esame attenendosi al seguente principio di diritto: “la conoscenza dello stato d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo, pur potendo desumersi da elementi indiziari, connotati dai requisiti di gravità, precisione e concordanza, e tra questi dall’avvenuta pubblicazione di protesti, deve in ogni caso essere effettiva e non meramente potenziale, e a tal fine occorre la prova di concreti elementi di collegamento con detti indizi, dai quali possa desumersi che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza e avvedutezza, e anche in considerazione delle concrete condizioni in cui si è trovato a operare, non possa non aver percepito la situazione di dissesto in cui versava il debitore”;

il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

PQM

P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello de L’Aquila.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 6 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2019

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