Qualora il curatore fallimentare, commercialista, sia responsabile, ai sensi del combinato disposto dell’art. 38, comma 1, della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) ed art. 2043 c.c., del risarcimento di un danno ingiusto cagionato nello svolgimento della sua attività di ausiliare di giustizia, l’assicuratore della responsabilità civile per la sua attività professionale deve tenerlo indenne. Ciò perché l’attività di curatore fallimentare rientra tra le possibili attività professionali specificamente previste per i commercialisti dalla legge, tenuto conto che il professionista intellettuale non esaurisce la sua attività professionale nell’ambito tratteggiato dalle disposizioni codicistiche relative al contratto di prestazione d’opera intellettuale, ma continua a restare un professionista privato anche quando nell’ambito di tale attività espleta un incarico giudiziario, in relazione al quale svolge pubblici poteri.
Cass. civ. Sez. III, 22/06/2015, n. 12872
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente –
Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 11469/2012 proposto da:
D.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARENULA 16, presso lo studio dell’avvocato STEFANO SBORDONI, rappresentato e difeso dall’avvocato QUARZO TEO, giusta procura speciale in i calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FONDIARIA SAI SPA, in persona del Procuratore Speciale pro tempore dottor G.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI MONSERRATO 34, presso lo studio dell’avvocato GOLINO SILVIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DONATELLA VICARI giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2268/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 26/07/2011, R.G.N. 439/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/04/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Il Dott. D.G. convenne in giudizio la Fondiaria ù SAI Assicurazioni chiedendone la condanna a corrispondergli quanto da lui versato (65 mila Euro) al Fallimento Cipriani & Raimondi, nel luglio 2004, a titolo di risarcimento dei danni per responsabilità professionale, nonchè le spese legali sostenute nell’azione giudiziaria subita (Euro 15.000,00).
Espose che, quale dottore commercialista aveva svolto l’attività di curatore fallimentare sino all’anno 2000 e che, dopo essersi dimesso (nel dicembre 2000) dalla carica di curatore fallimentare, il curatore del Fallimento suddetto aveva promosso azione cautelare e, poi, la causa di merito, per il risarcimento del danno da responsabilità professionale; lite che aveva transatto con il fallimento (la assicurazione non aveva aderito) per l’importo ora richiesto all’assicurazione (giudizio dichiarato estinto per rinuncia agli atti del giudizio). Aggiunse di essere assicurato per la responsabilità professionale sin dal 1987, che la polizza era stata sostituita nel 1994 e prorogata sino alla sostituzione prima della scadenza con la polizza del 2002, che prevedeva espressamente l’attività di curatore fallimentare.
L’Assicurazione eccepì la non operatività della polizza di assicurazione per la responsabilità civile.
Il Tribunale di Milano rigettò la domanda e la decisione venne confermata dalla Corte di appello di Milano, che rigettò l’impugnazione (sentenza del 26 luglio 2011).
2. Avverso la suddetta sentenza, D. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, esplicati da memoria.
L’Assicurazione resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. In primo luogo, la Corte di merito ha condiviso la conclusione cui era pervenuto il Tribunale, nell’interpretare la polizza del 1994, nel senso di ritenere escluse dalla garanzia assicurativa, riferita in generale alla attività libero professionale di commercialista, le funzioni di curatore fallimentare, aventi carattere pubblico e natura giudiziale.
Quindi, ha ritenuto di aggiungere delle precisazioni, al fine di rafforzare la tesi, traendo dalla polizza del 2002 argomenti di conferma e sostenendo, nel contempo, come il Tribunale, l’esistenza della soluzione di continuità tra le prime due e la terza polizza del 2002; così escludendo la prosecuzione della garanzia e l’operatività della terza polizza, che espressamente prevedeva la copertura per l’attività di curatore e la validità della garanzia per richieste relative a periodi di validità della polizza sostituita (Condizioni aggiuntive, clausola C).
Tanto perchè:
– la polizza del 2002 aveva ampliato la garanzia, sia per il massimale che per le fattispecie di rischio e, quindi, non poteva essere considerata una prosecuzione;
– le differenze tra le polizze conferma l’interpretazione che esclude dalla garanzia delle prime l’attività di curatore, perchè altrimenti non si spiegherebbe per quale motivo con la terza sarebbe stata prevista la stessa attività con un massimale raddoppiato e una previsione specifica;
– la terza polizza è stata stipulata il giorno dopo il deposito in cancelleria dell’istanza di sequestro conservativo e dopo l’attribuzione delle inadempienze al professionista da parte del fallimento; quando già il commercialista aveva ricevuto lettere contenenti doglianze sullo svolgimento della procedura; dopo aver rinunciato all’attività di curatore in alcune procedure;
– la stipulazione della terza polizza è stata strumentale a procurarsi la copertura per la pregressa attività di curatore come si evince dalla clausola C) delle condizioni aggiuntive, che estende la garanzia per le richieste di risarcimento fatte nel nuovo periodo, ma relative a comportamenti pregressi se il contratto “costituisca sostituzione di un precedente contratto senza soluzione di continuità”.
Prima, la Corte di merito aveva aggiunto (peraltro riferendo la notazione al Tribunale) che, comunque, anche a voler ipotizzare la continuità tra le polizze, la terza non avrebbe potuto trovare applicazione risultando la garanzia esclusa (ai sensi dell’art. 18 lett. p delle condizioni generali) per danni derivanti da “violazione volontaria da parte dell’assicurato di leggi, regolamenti e altri atti della pubblica autorità”, visto che il commercialista aveva commesso gravi violazioni di norme imperative di legge, quali il mancato deposito della relazione L. Fall., ex art. 33, e del rendiconto di gestione.
2. La decisione che, per comodità espositiva si è sintetizzata, è censurata con tre motivi. Logicamente preliminare è il terzo motivo di ricorso, nel quale si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto non compresa nella assicurazione per responsabilità professionale del commercialista l’attività dallo stesso svolta quale curatore fallimentare, costituendo questa ultima una funzione di carattere pubblico e di natura giudiziale. Invece, il primo e secondo motivo censurano quella parte della motivazione che è meramente ipotetica per l’ipotesi, non concretamente ritenuta esistente dalla sentenza impugnata, della mancanza della interruzione della continuità rispetto al contratto del 2002.
3. Con il terzo motivo, si deduce la violazione degli artt. 1362, 1363, 1374, 2236 e 2043 c.c., del D.Lgs.c.p.s n. 153 del 1946, art. 1, del D.P.R. n. 1067 del 1953, art. 1, oltre che omessa e contraddittoria motivazione, in riferimento alla interpretazione delle assicurazioni del 1994, nel senso di escludere dalla copertura assicurativa i danni cagionati dal commercialista nello svolgimento dell’attività di curatore fallimentare.
Il terzo motivo va accolto.
3.1. La Corte ha già avuto modo di pronunciarsi sulla questione posta all’attenzione della Corte.
E’ stato affermato il seguente principio di diritto: “Qualora il curatore fallimentare, commercialista, sia responsabile, ai sensi del combinato disposto della L. Fall., art. 38, comma 1, ed art. 2043 c.c., del risarcimento di un danno ingiusto cagionato nell’espletamento della sua attività di ausiliare di giustizia, l’assicuratore della responsabilità civile per la sua attività professionale deve tenerlo indenne (salvo che il rischio sia espressamente escluso dal contratto), atteso che l’attività di curatore fallimentare rientra tra le possibili attività professionali specificamente previste per i commercialisti dalla legge, in quanto il professionista intellettuale non esaurisce la sua attività professionale nell’ambito tratteggiato dalle disposizioni codicistiche (artt. 2227 e 2230 c.c.) relative al contratto di prestazione d’opera intellettuale, ma continua a restare un professionista privato anche quando nell’ambito di tale attività espleta un incarico giudiziario (curatore fallimentare, notaio delegato allo scioglimento delle divisioni, consulente tecnico d’ufficio), in relazione al quale svolge pubblici poteri. (Cass. n. 15030 del 2005, successivamente confermata da n. 2460 del 2009).
Il principio di diritto, ha trovato conferma anche in riferimento alla copertura assicurativa dell’attività professionale di avvocato che svolga le funzioni di curatore fallimentare (Cass. n. 3468 del 2007).
La Corte condivide il principio suddetto, oltre che le argomentazioni che lo sorreggono espresse nella decisione richiamata del 2005, cui intende dare continuità.
3.2. La sentenza impugnata, invece, viola il principio in argomento.
Infatti, erra in diritto – rispetto alle disposizioni del codice civile e di quelle che regolamentano le professioni con leggi speciali – quando ritiene che il carattere pubblicistico della funzione e quella di ausiliare del giudice di curatore impedisca la qualificazione della attività dello stesso come attività professionale coperta da copertura assicurativa. Invece, proprio per via della disciplina legislativa, l’attività di curatore rientra a pieno titolo tra quelle che la legge riserva alla professione di commercialista iscritto all’albo. Naturalmente, il contratto di assicurazione può espressamente escluderla, ma non è questo il caso rilevante per la specie perchè i primi contratti non la escludono espressamente, e può esplicitarla, come è accaduto nel contratto del 2002.
3.3. I profili diversi enunciati nel terzo motivo, che censurano la decisione per difetti motivazionali in riferimento a quelle argomentazioni della sentenza della Corte di merito che vorrebbero rafforzare la tesi della non inclusione nell’attività professionale del commercialista di quella del curatore sulla base di argomenti tratti dalla assicurazione del 2002, che la prevedeva espressamente, restano assorbiti.
4. Con il primo motivo, si deduce la violazione dell’art. 345 c.p.c., e art. 183 c.p.c., in riferimento alla introduzione da parte dell’Assicurazione, tardivamente e solo nella comparsa di risposta in appello, di una “nuova eccezione”, costituita dalla non operatività della polizza del 2002, per via dell’art. 18, lett. p).
Con il secondo motivo si deduce omessa e contraddittoria motivazione, violazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1367 e 1370, nonchè degli artt. 1917 e 1341 c.c., sempre con riferimento alla clausola contenuta nell’art. 18, lett. p) della polizza del 2002.
Dall’accoglimento del terzo motivo discende l’assorbimento dei primi due che concernono il contratto assicurativo del 2002.
5. In conclusione, in accoglimento del terzo motivo di ricorso la sentenza è cassata con rinvio alla Corte di merito che deciderà la controversia applicando il principio di diritto enunciato e liquiderà anche le spese processuali del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il terzo motivo di ricorso e dichiara assorbiti il primo e secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 aprile 2015.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2015
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