8799641_origLa valutazione della soccombenza, ai fini della regolazione del carico delle spese, deve essere complessiva e globale. Orbene, poiché la parte integralmente soccombente non vanta mai alcun diritto alla compensazione delle spese, non ha ragione né interesse essa di dolersi della pure non corretta esclusione, dalla propria condanna integrale, di una parte soltanto delle spese di lite.

Cass. civ. Sez. III, 07/10/2013, n. 22808

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MASSERA Maurizio – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29684/2007 proposto da:

A.E., G.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE PARIOLI 79/H, presso lo studio dell’avvocato CORTI PIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato CASO FRANCESCO giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

ITALFONDIARIO S.P.A. (OMISSIS) in qualità1 di procuratore di CASTELLO FINANCE S.R.L. e in qualità’ di cessionaria dei crediti di BANCA INTESA S.P.A., in persona dell’Avv. M.M.P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI N. 15, presso lo studio dell’avvocato GARGANI BENEDETTO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PERRONE BENITO giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2136/2007 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 18/07/2007 R.G.N. 4071/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2013 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato RAFFAELLA BACARO per delega;

udito l’Avvocato ROBERTO CATALANO per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Nella qualità di debitori esecutati, comproprietari di un immobile in Busto Arsizio, i coniugi G.A. ed A. E. si opposero, con ricorso dep. il 28.1.02, all’esecuzione intrapresa sul bene staggito dalla Cariplo spa, in forza di contratto di mutuo condizionato indicizzato all’ECU e stipulato il 21.6.91, deducendo l’eccessiva onerosità di questo a seguito dell’uscita della lira dallo SME e la violazione del divieto di anatocismo, ma chiedendo – in subordine – anche la rideterminazione degli importi ancora legittimamente dovuti. La controparte, nel frattempo succeduta alla Cariplo la Banca Intesa BCI spa, contestò la tesi dell’imprevedibilità dell’evento di svalutazione della lira e dell’applicabilità alla fattispecie dell’istituto della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, come pure la stessa sussistenza della dedotta produzione di interessi sugli interessi.

Espletata c.t.u. contabile articolata su ipotesi alternative, due delle quali basate sulle prospettazioni delle parti tra loro contrapposte, l’adito tribunale di Busto Arsizio individuò nella minor somma di Euro 29.178,58 (di cui Euro 24.937,08 per capitale residuo ed Euro 4.242,50 per interessi) quella dovuta dagli opponenti alla controparte, al contempo revocando la sospensione dell’esecuzione disposta in corso di causa.

La Banca Intesa BCI interpose appello, insistendo sulla risoluzione del contratto di mutuo e sul ruolo di quest’ultimo quale fonte regolatrice del rapporto in essere tra le parti, tanto da invocare il riconoscimento delle somme calcolate dal c.t.u. secondo le sue indicazioni, la spettanza delle somme a titolo di differenza di cambio lira/ECU e degli interessi di mora convenzionali e non legali.

Le controparti, contestato il gravame avversario, appellarono in via incidentale la disposta compensazione delle spese di lite.

La corte di appello ambrosiana accolse l’appello principale. In particolare, essa: qualificò non reiterata l’originaria domanda di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità; definì ingiustificabile l’unilaterale modifica delle condizioni contrattuali da parte dei mutuatari; riconobbe la spettanza dell’anatocismo in forza della disciplina applicabile e della misura convenzionale degli interessi di mora, in dipendenza della risoluzione del mutuo per la notifica del precetto; e, conclusivamente, respinse l’opposizione all’esecuzione, ritenendo così travolto anche l’appello incidentale e inducendosi, quanto alle spese di lite, a confermare la compensazione disposta in primo grado, ma a condannare gli appellati, soccombenti in quella sede, a quelle del secondo grado.

Per la cassazione di tale sentenza, resa il 18.7.07 e notificata il 19.9.07, ricorrono G.A. ed A.E., illustrando poi i tre motivi di ricorso con memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.; resiste con “atto di intervento volontario e controricorso ex art. 370 c.p.c.” la Italfondiario spa, quale procuratore di Castello Finance srl, a sua volta cessionaria del credito posto a base dell’esecuzione della cui opposizione oggi si tratta.
Motivi della decisione

2. I ricorrenti sviluppano diciassette doglianze e, analiticamente :

2.1. un primo motivo, numerato 1-a) (e rubricato violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1467, da 1362 a 1371 c.c., nonchè artt. 112 e 346 c.p.c.) che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se possa ravvisarsi un nesso di causalità tra la fattispecie in astratto disciplinata dall’art. 1467 c.c., nonchè tra la mancata riproposizione in seconde cure di una domanda di risoluzione del contratto ex art. 1467 c.c., e la dovutezza o meno dell’adeguamento della differenza di cambio LIRA/ECU;

2.2. un secondo motivo, numerato 1-b) (e rubricato nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 346 e 112 c.p.c.), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se comporti nullità della sentenza e/o del procedimento l’accoglimento da parte del Giudice d’appello dell’impugnazione della sentenza di prime cure sulla scorta di una domanda non riproposta nel giudizio di gravame;

2.3. un terzo motivo, numerato 1-c) (e rubricato violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 61, 112, 115 e 194 c.p.c.), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se il Giudice d’appello investito dell’impugnazione della sentenza di prime cure possa omettere di prendere in esame, anche al sol fine di disattenderle, le emergenze della disposta CTU;

2.4. un quarto motivo, numerato 1-d) (e rubricato violazione e falsa applicazione degli artt. 1458, 1819 e 2697 c.c., artt. 61, 112, 115 e 194 c.p.c., nonchè del D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, art. 15, comma 1, e della L. 6 giugno 1991, n. 175, art. 17), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se il disposto del D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, art. 15, comma 1, (di poi trasfuso nella L. 6 giugno 1991, n. 175, art. 17) ed il disposto degli artt. 1458 e 1819 c.c., vadano interpretati ed applicati nel senso che la notifica dell’atto di precetto comporta la risoluzione del mutuo fondiario, con conseguente venir meno del beneficio della dilazione di pagamento e susseguente dovutezza del rimborso del solo capitale residuo da intendersi epurato, pertanto, di qualsivoglia altra componente (e, quanto al caso di specie, in particolare, della differenza di cambio LIRA/ECU);

2.5. un quinto motivo, numerato 1-e) (e rubricato nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 61, 112, 115 e 194 c.p.c.), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se comporti nullità della sentenza e/o del procedimento l’accoglimento da parte del Giudice d’appello dell’impugnazione della sentenza di prime cure senza pronunciarsi, anche al sol fine di disattenderle, sulle risultanze istruttorie raccolte nel precedente grado di giudizio e, in particolare, su quelle emergenti dalla disposta C.T.U.;

2.6. un sesto motivo, numerato 1-f), di vizio motivazionale su profili analoghi a quelli già resi oggetto dei precedenti motivi; ma senza concludere con un separato autonomo momento di sintesi o di riepilogo;

2.7. un settimo motivo, numerato 2-a) (e rubricato violazione e falsa applicazione del D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, artt. 14 e 15, della L. 6 giugno 1991, n. 175, art. 16, nonchè degli artt. 1282, 1458, 1459, 1819 e 2041 c.c.), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se nel caso di contratto di mutuo fondiario prevedente un piano di ammortamento mediante la restituzione di rate conglobanti, unitariamente, capitale e interesse, si debba procedere, sia per le rate scadute, sia per le rate a scadere, allo scorporo di dette due componenti, di guisa che gli interessi conservino la loro natura e non si trasformino in capitale da restituire al mutuante, con indebito arricchimento di quest’ultimo e con violazione del divieto di anatocismo. Dica altresì la Suprema Corte se, quantomeno ed in ogni caso con riferimento alle rate a scadere, una volta risolto il contratto di mutuo fondiario per effetto dell’intimazione dell’atto di precetto, nessuna forma di anatocismo possa trovare applicazione, dovendosi fare riferimento al solo capitale residuo, epurato di qualsivoglia altra componente;

2.8. un ottavo motivo, numerato 2-b) (e rubricato violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 61, 112, 115 e 194 c.p.c.), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se il Giudice d’appello investito dell’impugnazione della sentenza di prime cure possa omettere di prendere in considerazione, anche al sol fine di disattenderle, le emergenze della disposta C.T.U.;

2.9. un nono motivo, numerato 2-c) (e rubricato nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 61, 112, 115 e 194 c.p.c.), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se comporti nullità della sentenza e/o del procedimento l’accoglimento da parte del Giudice d’appello dell’impugnazione della sentenza di prime cure senza pronunciarsi, anche al solo fine di disattenderle, sulle risultanze istruttorie raccolte nel precedente grado di giudizio e, in particolare, su quelle emergenti dalla disposta C.T.U.;

2.10. un decimo motivo, numerato 2-d), di vizio motivazionale sul calcolo degli interessi convenzionali, senza formulare però alcun momento separato di sintesi o di riepilogo;

2.11. un undicesimo motivo, numerato 3-a) (e rubricato violazione e falsa applicazione del D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, artt. 14 e 15, artt. 1224, 1458, 1819 e 2041 c.c., nonchè del R.D. 16 marzo 1942, n. 262, art. 12), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se, una volta risolto il contratto di mutuo fondiario a seguito dell’intimazione dell’atto di precetto, possa configurarsi la mora, ovvero se debba riscontrarsi un inadempimento definitivo, stante il venir meno del titolo contrattuale, con conseguente maturazione dei soli interessi al tasso legale sul capitale residuo.

Dica altresì se l’applicazione di un interesse differente da quello legale configuri un indebito arricchimento;

2.12. un dodicesimo motivo, numerato 3-b) (e rubricato violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 61, 112, 115 e 194 c.p.c.), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se il Giudice d’appello investito dell’impugnazione della sentenza di prime cure possa omettere di prendere in esame, anche al sol fine di disattenderle, le emergenze della disposta C.T.U.;

2.13. un tredicesimo motivo, numerato 3-c) (e rubricato nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 61, 112, 115 e 194 c.p.c.), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se comporti nullità della sentenza e/o del procedimento l’accoglimento da parte del Giudice d’appello dell’impugnazione della sentenza di prime cure senza pronunciarsi, anche al sol fine di disattenderle, sulle risultanze istruttorie raccolte nel precedente grado di giudizio e, in particolare, su quelle emergenti dalla disposta C.T.U.;

2.14. un quattordicesimo motivo, numerato 3-d), di vizio motivazionale sulla ritenuta spettanza degli interessi di mora al tasso convenzionale, anzichè a quello legale: ma che non concludono con alcun separato momento di sintesi o di riepilogo;

2.15. un quindicesimo motivo, numerato 4-a) (e rubricato violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 336 c.p.c., nonchè degli artt. da 1362 a 1371 c.c.), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se il Giudice di appello – che nel riformare la sentenza di primo grado abbia ritenuto, dopo averlo riesaminato, di non modificare il capo con il quale è stata disposta la compensazione delle spese di lite e di C.T.U. tra le parti, siccome fondata su giustificati motivi possa, trascurando di considerare tutte le vicende processuali e l’inscindibile connessione tra lo svolgimento della causa e la pronuncia sulle spese medesime, disporre per l’integrale addebito delle spese di lite del secondo grado a carico di una delle parti;

2.16. un sedicesimo motivo, numerato 4-b) (e rubricato nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 91, 92 e 336 c.p.c.), che concludono col seguente quesito: dica l’Ecc.ma Suprema Corte di Cassazione se comporti nullità della sentenza e/o del procedimento il porre ad integrale carico di una delle parti del giudizio di seconde cure le spese di lite relative a tale grado anche quando il secondo Giudicante, nel riformare la sentenza di prime cure, ha mantenuto fermo, siccome ritenuto fondato su giustificati motivi, il capo della sentenza di prime cure sulle spese che ne aveva disposto la compensazione;

2.17. un diciassettesimo motivo, rubricato 4-c) di vizio motivazionale sulla pronuncia in tema di spese di lite, che non concludono però con alcun separato momento di sintesi o di riepilogo.

3. Dal canto suo, la procuratrice della cessionaria del credito: del ricorso eccepisce preliminarmente l’inammissibilità, per le modalità di formulazione delle censure, la contemporanea doglianza di vizi ed assenza della motivazione, la carenza di indicazione degli atti processuali e dei documenti su cui si fonda il ricorso; contesta la fondatezza dei motivi di vizio motivazionale, come pure dei motivi ricondotti all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, oltre all’ammissibilità di quelli, tra questi ultimi, non relativi alla conferma della compensazione delle spese di lite in primo grado. E tanto una volta identificate, quali questioni principali su cui si incentra il ricorso:

a) se siano dovuti o meno gli importi per differenza di cambio lira/ECU;

b) se il calcolo degli interessi sia corretto o meno;

c) se, successivamente alla notifica del precetto, siano dovuti interessi in misura legale o convenzionale;

d) se siano legittime o meno le statuizioni in materia di spese di lite e di C.T.U..

Va rilevato che, anche in base alla sola documentazione prodotta in ordine alla qualità di cessionaria del credito in capo alla sua mandante, il controricorso di Italfondiario spa – depurato dall’incongruo, ma innocuo, riferimento all’intervento volontario, evidentemente ai sensi dell’art. 105 c.p.c., di norma inammissibile in sede di legittimità – va qualificato ammissibile, alla stregua dei principi di Cass. 9 giugno 2004, n. 10902 e di Cass. Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412.

4. Ciò posto, va premesso che, essendo la sentenza impugnata stata pubblicata tra il 2.3.06 ed il 4.7.09, alla fattispecie continua ad applicarsi, nonostante la sua abrogazione (ed in virtù della disciplina transitoria di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5) l’art. 366 bis c.p.c., e, di tale norma, la rigorosa interpretazione elaborata da questa Corte (Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887; Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079). Pertanto:

4.1. i motivi riconducibili all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, vanno corredati, a pena di inammissibilità, da quesiti che devono compendiare:

a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;

b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice;

c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le molte, v.: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704);

d) questioni pertinenti alla ratio decidendi, perchè, in contrario, difetterebbero di decisività (sulla indispensabilità della pertinenza del quesito, per tutte, v.: Cass. Sez. Un., 18 novembre 2008, n. 27347; Cass., ord. 19 febbraio 2009, n. 4044; Cass. 28 settembre 2011, n. 19792; Cass. 21 dicembre 2011, n. 27901);

4.2. a corredo dei motivi di vizio motivazionale vanno formulati momenti di sintesi o di riepilogo, che devono consistere in uno specifico e separato passaggio espositivo del ricorso, il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure – se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002; Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680);

4.3. infine, è consentita la contemporanea formulazione, nel medesimo quesito, di doglianze di violazione di norme di diritto e di vizio motivazionale, ma soltanto alla imprescindibile condizione che ciascuna sia accompagnata dai rispettivi quesiti e momenti di sintesi (per tutte: Cass. sez. un., 31 marzo 2009, n. 7770; Cass. 20 dicembre 2011, n. 27649).

5. Ognuno dei diciassette motivi va preliminarmente sottoposto al vaglio di ammissibilità alla stregua dei principi or ora ricordati.

5.1. Il quesito a corredo del motivo 1-a è formulato in termini non solo vaghi, ma perfino di non agevole comprensione ed ambigua formulazione, tanto che non contempla l’enunciazione non solo delle peculiarità della fattispecie e tanto meno della regola che si assume applicata, ma neppure di alcuna regula iuris coerente e logica suscettibile di essere applicata ad una serie indeterminabile di fattispecie future (non ravvisandosi il senso di un “nesso di causalità” tra una fattispecie astratta, una mancata riproposizione di domanda di eccessiva onerosità sopravvenuta e la prospettazione della tesi della non spettanza dell’adeguamento della differenza di cambio lira/ECU).

Tanto esime dal rilevare che:

– è comunque non configurabile la riproposizione di una domanda di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta nell’articolazione di difese sulla non spettanza della sola differenza di cambio rispetto ad una certa data (non spettanza che, al contrario, si fonda sulla persistenza del vincolo contrattuale, sia pure con una modifica delle relative condizioni);

– è poi anche solo in astratto esclusa la configurabilità di un’eccessiva onerosità sopravvenuta nel caso di mutuo riferito, in alcuna sua parte, a valuta non nazionale, benchè dalle peculiari caratteristiche dell’ECU: in tal caso, l’alea di un contratto che, a norma dell’art. 1467 c.c., comma 2, non legittima la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, comprende anche le oscillazioni di valore delle prestazioni originate dalle regolari normali fluttuazioni del mercato; in simile ipotesi, infatti, le parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, hanno assunto un rischio futuro, estraneo al tipo contrattuale prescelto, rendendo il contratto di mutuo, sotto tale profilo, aleatorio in senso giuridico, e non solo economico (sotto il profilo della convenienza): Cass. 21 aprile 2011, n. 9263; Cass. 17 luglio 2003, n. 11200; Cass. 25 novembre 2002, n. 16568;

– è a maggior ragione impossibile pretendere di ricondurre (sia, in origine, unilateralmente, sia, poi, in sede giudiziale) il contratto, liberamente accettato come aleatorio al momento della stipula, a condizioni diverse, quali il valore di cambio ad un determinato momento, nonostante l’espressa previsione del suo ancoraggio alla libera fluttuazione del valore stesso.

5.2. Il quesito a corredo del motivo 1-b è vago ed apodittico quanto alla regola astratta che si intende violata, come pure privo di ogni riferimento alla peculiarità della fattispecie ed alla regola che si assumerebbe malamente applicata.

5.3. Il quesito a corredo del motivo 1-c è vago ed apodittico quanto alla regola astratta che i ricorrenti intenderebbero violata, privo di ogni riferimento alla peculiarità della fattispecie ed alla regola che si assumerebbe malamente applicata.

5.4. Il quesito a corredo del motivo 1-d è privo di ogni riferimento alla peculiarità della fattispecie ed alla regola che si assumerebbe malamente applicata.

5.4.1. E tanto esime dal considerare che, comunque, in materia di mutuo fondiario disciplinato, ratione temporis, dal D.P.R. n. 7 del 1976, spetta al giudice di merito accertare se, mediante la notificazione di atto di precetto al mutuatario inadempiente, la banca abbia manifestato la propria volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista del citato D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, art. 15, dichiarando espressamente di voler risolvere il contratto di mutuo, ovvero, per fatti concludenti, intimando l’immediato pagamento di ogni residua somma ad essa spettante; non può così, per il solo fatto dell’intimazione del precetto e senza addurre e specificare adeguatamente le ulteriori ragioni di risoluzione anticipata del contratto, il debitore pretendere la cessazione di operatività dello speciale anatocismo legale previsto in materia (dal stesso D.P.R. n. 7 del 1976, art. 14) e riferito al tasso convenzionale e non a quello legale (Cass. 14 febbraio 2013, n. 3656, ove ulteriori riferimenti e richiami alla giurisprudenza sul punto consolidatasi; in senso analogo, v. Cass. 3 maggio 2011, n. 9695); e, nella specie, non si ricava certo dai quesiti (ma, a ben vedere, neppure dal ricorso, in violazione del disposto del n. 6 dell’art. 366 c.p.c.) nè il contenuto del precetto, nè la circostanza del dispiegamento in tali espressi termini di una doglianza dei precettati, nè il riferimento dei conteggi poi posti a base della decisione gravata all’anatocismo sulle rate a scadere:

sicchè, sotto questo profilo, la complessiva doglianza sarebbe infondata, se non inammissibile.

5.5. Il quesito a corredo del motivo 1-e è vago ed apodittico quanto alla regola astratta che i ricorrenti intenderebbero violata, nonchè privo di ogni riferimento alla peculiarità della fattispecie ed alla regola che si assumerebbe malamente applicata.

5.6. A corredo del motivo 1-f non è formulato alcun momento di sintesi o riepilogo, tanto meno dai rigorosi requisiti di cui al punto 4.2.

5.7. Il duplice quesito a corredo del motivo 2-a è privo di ogni riferimento alla peculiarità della fattispecie ed alla regola che si assumerebbe malamente applicata; e ad ogni buon conto richiamandosi pure quanto indicato al precedente punto 5.4.1.

5.8. Il quesito a corredo del motivo 2-b è vago ed apodittico quanto alla regola astratta che intenderebbero violata, privo di ogni riferimento alla peculiarità della fattispecie ed alla regola che si assumerebbe malamente applicata.

5.8.1. Del resto, le questioni sulla relazione di C.T.U. sembrano piuttosto, se non altro alla stregua della solo parziale trasposizione di essa in ricorso, riferite ai presupposti normativi dei singoli conteggi e sono pertanto assorbite dalla qui dichiarata inammissibilità delle questioni di diritto complessivamente affrontate.

5.9. Il quesito a corredo del motivo 2-c è vago ed apodittico quanto alla regola astratta che intenderebbero violata, privo di ogni riferimento alla peculiarità della fattispecie ed alla regola che si assumerebbe malamente applicata; e ad ogni buon conto richiamandosi pure quanto indicato al precedente punto 5.8.1.

5.10. A corredo del motivo 2-d non è formulato alcun momento di sintesi o riepilogo, tanto meno dai rigorosi requisiti di cui al punto 4.2.

5.11. Il quesito a corredo del motivo 3-a è privo di ogni riferimento alla peculiarità della fattispecie ed alla regola che si assumerebbe malamente applicata; e ad ogni buon conto richiamandosi pure quanto indicato al precedente punto 5.4.1.

5.12. Il quesito a corredo del motivo 3-b è vago ed apodittico quanto alla regola astratta che i ricorrenti intenderebbero violata, nonchè privo di ogni riferimento alla peculiarità della fattispecie ed alla regola che si assumerebbe malamente applicata; e comunque potendo richiamarsi pure quanto indicato al precedente punto 5,8.1.

5.13. Il quesito a corredo del motivo 3-c è vago ed apodittico quanto alla regola astratta che i ricorrenti intenderebbero violata, nonchè privo di ogni riferimento alla peculiarità della fattispecie ed alla regola che si assumerebbe malamente applicata.

5.14. A corredo del motivo 3-d non è formulato alcun momento di sintesi o riepilogo, tanto meno dai rigorosi requisiti di cui al punto 4.2.

5.15. A corredo del motivo 4-c non è formulato alcun momento di sintesi o riepilogo, tanto meno dai rigorosi requisiti di cui al punto 4.2.

6. Discorso in parte diverso va fatto per i motivi 4-a e 4-b, per il caso in cui si possano superare le perplessità sulle modalità di formulazione dei quesiti a loro corredo.

Essi, una volta ricostruita correttamente la fattispecie, sono infatti inammissibili per difetto di interesse.

E’ ben vero che la valutazione della soccombenza, ai fini della regolazione del carico delle spese, dev’essere complessiva e globale (tra le molte: Cass. 23 agosto 2011, n. 17523; Cass. 11 giugno 2008, n. 15483; Cass. 7 luglio 2006, n. 15557; Cass. 7 gennaio 2004, n. 58); ma, poichè la parte integralmente soccombente, quali vanno definiti gli odierni ricorrenti (la cui opposizione risulta, all’esito del secondo grado, rigettata), non vanta mai alcun diritto alla compensazione delle spese (al riguardo, potendo certo dolersi della compensazione chi la subisce, cioè chi avrebbe avuto diritto alla liquidazione in proprio favore), non ha ragione nè interesse essa di dolersi della pure non corretta esclusione, dalla propria condanna integrale, di una parte soltanto delle spese di lite, motivata oltretutto sulla peculiarità di una condotta di controparte in primo grado e benchè appunto limitata, anzichè in una quota astratta del totale, ad una serie specifica di spese del processo. E neppure potrebbe dirsi che la valutazione di giusti motivi per la compensazione delle spese di lite in primo grado possa o debba estendersi de plano al secondo grado, riferendosi solo all’uno – in base ad una valutazione di fatto – le ragioni giustificatrici della deroga al principio della normale dipendenza della condanna alle spese dalla soccombenza.

7. In definitiva, il vizio o la carenza di quesiti o momenti di sintesi per tutti i motivi diversi dal 4-a e 4-b e l’inammissibilità di questi ultimi impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso; ed i soccombenti ricorrenti vanno, tra loro in solido per la comunanza dell’interesse in causa, condannati al pagamento delle spese di lite in favore di controparte.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna G. A. ed A.E., tra loro in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, in pers. del leg. rappr.nte p.t., liquidate in Euro 12.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 settembre 2013.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2013

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