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Nel caso di fallimento intervenuto nel corso del giudizio, va dichiarato estinto il procedimento per mancata riassunzione entro il termine trimestrale dalla data di interruzione, precisando che il termine di tre mesi ex art. 305 e 307 cpc, decorre dalla data in cui la parte ha legale conoscenza dell’avvenuto fallimento della controparte.

Tribunale Catania sez. V, 28/11/2019, n.4672

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di CATANIA La Dott.ssa Gaia Di Bella, Giudice della V Sezione Civile del Tribunale di Catania, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 90300351/2010 promossa da: N.M. (C.F. ) e G.B. (C.F. ), entrambi rappresentati e difesi, giusta procura in atti, dall’avv. FALLICA MARIO ATTORI contro MOBIL SRL GIÀ MOBIL SPA (C.F. 03329920262), in persona del legale rappresentante pt, rappresentati e difesi, giusta procura in atti, dagli avv.ti DA RIOS FEDIA () e CESARE ATTILIO SEBASTIANO CARUSO (C.F.) E contro FALLIMENTO TORRE TABITA ARREDAMENTI in liquidazione CONVENUTI Oggetto : risarcimento danni – fallimento – estinzione All’udienza del 22.5.2019 la causa veniva assunta in decisione sulle conclusioni come in atti precisate.

MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO

Con atto di citazione del giugno 2010 gli attori in epigrafe, convenivano in giudizio Torre Tabita Arredamenti srl e Gruppo Industriale Spagnol – Mobil spa al fine di sentire dichiarare l’inadempimento al contratto di vendita di beni mobili ed il proprio diritto ad ottenere l’esatto adempimento, la condanna dei convenuti all’adempimento delle obbligazioni , ovvero per sentire dichiarare il proprio diritto alla riduzione del prezzo con condanna dei convenuti al pagamento in proprio favore dell’importo di € 14.445,00 o di quello maggiore o minore accertato in corso di causa, oltre che al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, con vittoria di spese e compensi.

Nella resistenza di Torre Tabita srl e Mobil spa del Gruppo industriale Spagnol, la controversia veniva istruita documentalmente e mediante consulenza tecnica d’ufficio ed assunta in decisione all’udienza del 18.10.2017.

Con comparsa conclusionale di replica del 8.1.2018, gli attori riferivano che Torre Tabita srl era stata dichiarata fallita con sentenza n. 59/2016 ed allegavano copia della visura camerale ordinaria estratta il 4.1.2018; con ordinanza del 23.3.2018, il procedimento veniva dichiarato interrotto e successivamente riassunto con ricorso in riassunzione del 24.6.2018.

Successivamente, alla prima udienza utile tenutasi innanzi alla sottoscritta in data 22.5.2019, la controversia veniva assunta in decisione con la concessione dei termini per il deposito delle memorie ex art. 190 cpc.

Il procedimento va dichiarato estinto per mancata riassunzione entro il termine trimestrale dalla data di interruzione; ed infatti, come correttamente rilevato dalla parte convenuta il termine di tre mesi ex art. 305 e 307 cpc, decorre dalla data in cui la parte ha legale conoscenza dell’avvenuto fallimento della controparte .

Sul punto valga brevemente richiamare quanto di recente affermato dalla Corte di Legittimità: ” … La L. Fall., art. 43 stabilisce al primo comma che: “Nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore”, ed al comma 3, inserito dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 41, che: “L’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo”. Già prima dell’introduzione del citato comma 3 non si dubitava, sulla base del comma 1 della stessa disposizione, che il fallimento determinasse la perdita di capacità processuale del fallito e dunque l’interruzione del processo del quale fosse parte l’imprenditore poi assoggettato al fallimento, ma si riteneva che l’effetto interruttivo in tanto si producesse, in quanto l’evento fosse dichiarato o notificato secondo la previsione dell’art. 300 c.p.c.: si affermava, dunque, che l’inizio della procedura fallimentare non produce effetti interruttivi automatici sui processi in corso in cui il fallito sia parte, atteso che la perdita della capacità processuale a seguito di dichiarazione di fallimento non si sottrae alla disciplina di cui all’art. 300 c.p.c., che prevede, a tal fine, la necessità della dichiarazione in giudizio o notificazione dell’evento (per l’unanime orientamento della giurisprudenza in tal senso v. p. es. Cass. 18 marzo 1989, n. 1368; Cass. 14 gennaio 1993, n. 398; Cass. 9 febbraio 1993, n. 1588; Cass. 20 giugno 2000, n. 8363; Cass. 22 giugno 2001, n. 8530; Cass. 6 luglio 2001, n. 9164; Cass. 10 maggio 2002, n. 6771). Viceversa, per effetto dell’art. 43 cit., comma 3, la dichiarazione di fallimento produce automaticamente l’effetto interruttivo nei processi in corso (p. es. Cass. 28 dicembre 2016, n. 27165; Cass., Sez. Un., 20 marzo 2008, n. 7443, in motivazione; da ult. Cass. 18 aprile 2018, n. 9578). La ratio della previsione è chiaramente indicata dalla relazione ministeriale di accompagnamento al D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, ove è detto che “in sintonia al criterio di delega secondo cui occorre accelerare le procedure applicabili alle controversie in materia fallimentare, si dispone che l’apertura del fallimento determina l’interruzione di diritto del processo evitando così che lo stesso possa essere interrotto a distanza di tempo qualora le parti informino formalmente il giudice ex art. 300 c.p.c.”. La creazione di una nuova ipotesi di interruzione automatica, operante cioè indipendentemente dalla dichiarazione o notificazione dell’evento interruttivo ai sensi dell’art. 300 c.p.c., ha comportato la riproposizione della questione dell’individuazione del termine a quo per la riassunzione, a fronte della permanente formulazione dell’art. 305 c.p.c., … la conoscenza che innesca il decorso del termine per la riassunzione, ai sensi dell’art. 305 c.p.c., è la “conoscenza legale”, non occorrendo viceversa la conoscenza effettiva (a fronte della dichiarazione in udienza dell’intervenuto fallimento da parte del difensore del fallito, ad esempio, il decorso del termine non è certo impedito dalla circostanza che la controparte abbia disertato l’udienza), mentre, per converso, viene esclusa, ai fini del decorso del termine per la riassunzione, la sufficienza della “conoscenza aliunde acquisita” (così, p. es., Cass. 23 novembre 2012, n. 20744; Cass. 11 febbraio 2010, n. 3085). … La nozione di “conoscenza legale”, intesa in tal senso – ossia come dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento interruttivo, assistita da fede privilegiata -, a fronte del riferimento alla conoscenza tout cort che emerge dalla citata decisione della Corte costituzionale e dai precedenti cui essa si richiama, si spiega e si giustifica con l’esigenza che la verifica della (possibilità della) conoscenza del decorso termine per la riassunzione sia ancorata a criteri quanto più possibile sicuri ed oggettivi, così da neutralizzare, per quanto possibile, l’elemento di criticità operativa derivante dall’avere il giudice delle leggi disancorato il termine per la riassunzione dal verificarsi dell’interruzione, così rendendolo mobile e variabile. … è ben possibile che detta conoscenza sia offerta alla controparte non dal difensore della parte colpita dall’evento interruttivo, ma anche da soggetti diversi e, per quanto qui rileva, dal curatore fallimentare. Ed infatti, questa Corte ha già avuto modo di stabilire che la conoscenza legale dell’intervenuto fallimento è in linea di principio integrata dalla comunicazione via fax della sentenza che lo ha dichiarato, effettuata a cura di cancelleria al creditore istante che abbia partecipato alla fase prefallimentare e che sia parte del giudizio colpito da interruzione … Tale soluzione si accorda d’altronde con la già ricordata ratio “acceleratoria” posta a base della L. Fall., art. 43, giacchè consente al Curatore di abbreviare lo stato di quiescenza dei processi di cui era parte il fallito, mentre la soluzione opposta, patrocinata dalla ricorrente, produrrebbe l’effetto di porre totalmente nel nulla l’intento che il legislatore ha inteso perseguire … Il principio da affermare è in definitiva il seguente: “In caso di interruzione automatica del processo determinata dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti, il termine per la riassunzione di cui all’art. 305 c.p.c. decorre dalla dichiarazione o notificazione dell’evento interruttivo secondo la previsione dell’art. 300 c.p.c., ovvero, se anteriore, dalla conoscenza legale di detto evento procurata dal curatore del fallimento alle parti interessate”. ( cfr Cass. Civ. sent. n. 2658/2019).

Nel caso che occupa, è documentalmente dimostrato che gli attori fossero a conoscenza del fallimento della società convenuta, quantomeno dal 8.1.2018, data del deposito della comparsa conclusionale di replica, avendo peraltro essi documentato la loro conoscenza attraverso il deposito della visura camerale; da tale pacifica conoscenza legale, decorreva pertanto il termine trimestrale per depositare il ricorso in riassunzione del processo, di fatto già interrotto dalla data del fallimento.

A nulla rileva il provvedimento di rimessione della causa sul ruolo del 26.3.2018, in quanto del tutto inidoneo a determinare una nuova decorrenza del termine perentorio di tre mesi, decorrente – come già detto – dalla legale conoscenza della sentenza di fallimento, senz’altro verificatasi nel caso che occupa, almeno dal 8.1.2018.

Tenuto conto del fatto che la controversia è stata definita su una questione di rito nonchè delle oscillazioni giurisprudenziali in argomento , appare equo compensare le spese di lite.

P.Q.M.Il Giudice, definitivamente decidendo, ogni contraria istanza ed azione disattese, così provvede:

– Dichiara estinto il giudizio;

– Compensa le spese di lite.

Così deciso in Catania, il 27.11.2019

IL GIUDICE

Dott.sa Gaia Di Bella

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