La Suprema Corte torna ad occuparsi della rilevanza giuridica da attribuirsi al silenzio nell’ambito del procedimento di formazione del contratto. Nel caso all’esame del Collegio, una società operante nel settore della fornitura di videogiochi invia ad un’altra società il relativo materiale, senza alcuna nota di accompagnamento, fattura o altro documento integrante una proposta contrattuale. La società destinataria della merce contesta un siffatto comportamento e, una volta richiesta del pagamento del corrispettivo, mette la merce a disposizione della controparte, ritenendo di non aver concluso alcun contratto di fornitura. La Corte è chiamata a stabilire se la condotta della società destinataria possa integrare gli estremi dell’accettazione della proposta contrattuale e determinare, di conseguenza, la conclusione del contratto, ai sensi dell’art. 1326 cod. civ., che, come è noto, fissa il momento perfezionativo dell’accordo negoziale nell’incontro di proposta e accettazione. In via preliminare, la Corte si sofferma sulla natura e sulla portata della proposta e dell’accettazione, quali elementi strutturali del processo di formazione del contratto. In adesione ai consolidati principi ermeneutici elaborati dalla giurisprudenza, il Collegio rileva che, mentre la proposta contrattuale consiste in una manifestazione univoca di volontà, denotante un intento del proponente, idoneo ad essere assunto come contratto e contenente tutti gli elementi essenziali di quest’ultimo, l’accettazione rappresenta una totale e incondizionata adesione dell’oblato alla proposta, con la conseguenza che il contratto risulta concluso per effetto della piena congruenza, anche nelle clausole accessorie, di tali atti negoziali. Una volta delineato lo scenario che accompagna la conclusione del contratto, la Corte si interroga sulla valenza giuridica del silenzio e, in particolare, sulla sua idoneità ad integrare gli estremi dell’accettazione di una proposta contrattuale ai sensi dell’art. 1326 cod. civ.. Il Collegio recepisce l’opinione tradizionale che tende a disconoscere la rilevanza giuridica del silenzio e, in particolare, ad escludere che lo stesso possa valere come manifestazione negoziale di volontà. L’orientamento in parola riconosce, tuttavia, al silenzio la valenza di un fatto concludente o di una manifestazione negoziale tacita, qualora lo stesso intervenga in un contesto caratterizzato da circostanze e situazioni oggettive e soggettive che, la Corte identifica nel dovere di parlare o, più in generale, nella presenza di una dichiarazione di altri, comportante un obbligo. Alla luce di tali principi, il Collegio esclude che il silenzio, serbato dalla società destinataria della fornitura, possa assumere rilevanza giuridica e possa valere come accettazione di una proposta contrattuale, idonea a determinare la conclusione di un contratto di fornitura. La Corte si spinge oltre rilevando, altresì, che il mero invio della merce, non accompagnata dalla documentazione contenente l’indicazione del prezzo, non vale ad integrare gli estremi di una proposta contrattuale. (Nota di Cristina Ravera)

Cassazione, Sentenza 4 dicembre 2007, n. 25290 – Cristina Ravera

articolo tratto da  www.laprevidenza.it

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