Cassazione, sez. II,16 marzo 2011, n. 6198
Nell’ipotesi di perimento di un edificio in condominio, quest’ultimo viene meno, e permane soltanto la comunione sul suolo, con la conseguenza che, ove il fabbricato venga ricostruito in maniera difforme da quello preesistente, il condominio non rinasce, e quanto edificato costituisce, invece, un’opera realizzata su suolo comune, come tale soggetta alla disciplina dell’accessione, e, quindi, da attribuire secondo le quote originarie ai comproprietari del suolo, a meno che gli effetti dell’accessione, prima del loro verificarsi, non siano esclusi o modificati in conseguenza di un accordo tra le parti
Cassazione, sez. II,16 marzo 2011, n. 6198
(Pres. Triola – Rel. Giusti)
Ritenuto in fatto
1. – Con citazione notificata il 1 febbraio 2002, D.G. F., premesso che era proprietaria esclusiva di un appartamento in …, nonchè comproprietaria di una piccola terrazza sovrastante la tromba delle scale, deduceva che, a seguito della ricostruzione dell’intero fabbricato condominiale, rimasto gravemente danneggiato dal sisma del 1980, il citato terrazzino era stato interamente accorpato, ed in modo illegittimo, alla proprietà di A. M. fu R.; conveniva pertanto in giudizio dinanzi al Tribunale di Avellino quest’ultimo, perchè fosse condannato al ripristino dello stato di comproprietà preesistente, oltre che al risarcimento dei danni.
Il convenuto si costituiva, resistendo alla domanda attrice.
Il contraddittorio veniva esteso agli altri condomini, che non si costituivano.
Il Tribunale di Avellino, con sentenza in data 7 febbraio 2001, estrometteva dal giudizio i condomini A.D.A., D.M.M., A.D.M., C. D.M., C.S., M.S., A.S. e R.S. e condannava il convenuto al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di L. 4.000.000, oltre interessi e spese processuali.
2. – Proponeva appello il M., il quale si doleva: (a) che il Tribunale lo avesse condannato al risarcimento del danno, benché egli non avesse commesso alcun illecito, posto che il terrazzino de quo, in sede di riedificazione dello stabile, era stato eliminato per volontà concorde di tutti i comunisti; (b) del difetto di integrità del contraddittorio, per mancata partecipazione al giudizio dei litisconsorti necessari A.d.G e RM., madre e sorella di esso appellante, anch’essi successori di M. R., e della nullità della citazione; (c) del vizio di extrapetizione in cui era incorso il Tribunale. L’appellante escludeva che alla D.G. competesse un indennizzo a qualsiasi titolo.
3. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 14 aprile 2005, la Corte d’appello di Napoli – esaminate congiuntamente le doglianze del M., data la loro “stretta connessione ed interdipendenza” – ha, in riforma della impugnata pronuncia, rigettato la domanda della D.G..
3.1. – Esclusa l’eccepita nullità della domanda introduttiva, la Corte territoriale ha rilevato: che il precedente caseggiato condominiale aveva riportato, a seguito del sisma del 1980, danni che determinarono l’abbattimento dello stesso; che i comproprietari deliberarono all’unanimità sia l’abbattimento che la riedificazione dello stesso, sulla base di un progetto di ricostruzione sottoscritto da tutti i condomini; che, nella nuova costruzione, il terrazzino, già per un terzo di proprietà della D.G., fu accorpato alla proprietà del M. e dei suoi congiunti.
Il caseggiato ricostruito – ha affermato la Corte territoriale – è nuovo e diverso rispetto a quello preesistente, con la conseguenza che il vecchio condominio è rimasto estinto e che quanto edificato costituisce un’opera nuova su suolo comune, come tale soggetta alla disciplina dell’accessione e, quindi, da attribuire secondo le quote originarie ai comproprietari del suolo, in mancanza di un preventivo atto scritto con il quale si limiti l’operatività dell’accessione stessa.
Nella specie – ha proseguito la Corte territoriale – la preventiva delibera unanime dei condomini e la sottoscrizione del progetto e delle relative varianti integrano, per la forma scritta tenuta, la deroga citata, sicché la D.G. non può richiedere l’indennizzo per la quota di terrazzino di sua originaria proprietà.
La D.G. – ha concluso la Corte di Napoli -, pur avendo sofferto un pregiudizio per non essersi tenuto conto nell’assegnazione delle superfici dei sottotetti della perdita (consensuale) della sua quota di proprietà del terrazzino, avrebbe eventualmente dovuto impugnare giudizialmente la divisione de qua.
4. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la D.G. ha proposto ricorso, con atto notificato il 18 luglio 2005, sulla base di due motivi.
L’intimato ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta, subordinatamente all’accoglimento del ricorso principale, ricorso incidentale, affidato a due motivi.
In prossimità dell’udienza pubblica il controricorrente e ricorrente incidentale ha depositato una memoria illustrativa.
Considerato in diritto
1. – Preliminarmente, il ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato devono essere riuniti, a norma dell’art. 335 cod. proc. civ., essendo entrambe le impugnazioni proposte contro la stessa sentenza.
2. – Va in primo luogo esaminata l’eccezione con la quale il ricorrente incidentale lamenta il difetto di integrità del contraddittorio nel giudizio di cassazione nei confronti di M. A. fu Alfredo, anch’egli comproprietario, prima della demolizione del fabbricato condominiale, della terrazzina di cui si discute.
2.1. – L’eccezione non ha fondamento.
Emerge dagli atti (anche se non dal testo della sentenza impugnata) che, in effetti, A. M. fu A., il quale fu chiamato in giudizio in primo grado ad integrazione del contraddittorio, è rimasto in causa in forza della sentenza di primo grado, dopo l’estromissione di tutti gli altri condomini, e che egli è stato citato anche nel giudizio di appello, rimanendovi contumace.
Sennonchè, nella specie non si versa in un caso di causa inscindibile, né di litisconcorsio necessario per ragioni processuali, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., atteso che la D.G. ha agito in giudizio (ed ottenuto tutela sul piano del risarcimento del danni per equivalente) a tutela della propria quota di comproprietà sulla terrazza in questione, addebitando al solo A. M. fu R. di avere illegittimamente occupato ed incorporato nella parte esclusiva di sua proprietà anche la porzione di pertinenza dell’attrice, sicché non rileva che altra quota di comproprietà della terrazza spettasse in origine anche ad M. A. fu Alfredo, che nel presente giudizio non ha proposto (né è stato destinatario di) alcuna domanda.
3. – Con il primo motivo del ricorso principale (violazione e falsa applicazione degli artt. 1128, 1321, 1325, 1350, 1362 e 2697 cod. civ. e degli artt. 113, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, la D.G. si lamenta che la Corte territoriale non abbia considerato le delibere condominiali e la chiara volontà in esse espressa sia dalla Gisi che dagli altri condomini in ordine all’assetto proprietario da conferire al sottotetto. La ricorrente contesta di avere prestato il consenso derogativo dell’accessione. Dai documenti prodotti risulterebbe la volontà della D.G. di non concedere alcun vantaggio al M. in relazione all’attribuzione del sottotetto.
Il secondo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, e degli artt. 342 e 346 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Con esso si lamenta che la Corte d’appello abbia omesso di rilevare l’inammissibilità del gravame proposto dal M., dipendente dalla mancata impugnazione della statuizione della sentenza del Tribunale relativa all’indennizzo. Il Tribunale aveva non solo dichiarato l’illegittimità dell’incorporazione dei 5 m. del sottotetto, ma si era anche pronunciato – ritenendo troppo gravosa la riduzione in pristino – per il risarcimento per equivalente in danaro della superficie indebitamente incorporata dal M..
3.1. – In ordine logico, è preliminare l’esame del secondo motivo del ricorso principale.
Esso è infondato.
Dalla lettura dell’atto di appello, come compendiato nella sentenza impugnata, risulta che il M. con il gravame, oltre a sollevare censure attinenti a questioni di rito, ha, nel merito, contestato in radice, con motivi specifici, il diritto della controparte a percepire risarcimenti o indennizzi di sorta, impugnando le statuizioni della sentenza di primo grado nella loro totalità.
3.2. – È invece fondato il primo motivo del ricorso principale.
Non è in discussione – al di là della rubrica del motivo, con cui si contesta anche la violazione di legge – l’esattezza del principio di diritto alla quale si è attenuta la Corte d’appello, secondo cui nell’ipotesi di perimento di un edificio in condominio, quest’ultimo viene meno, e permane soltanto la comunione sul suolo, con la conseguenza che, ove il fabbricato venga ricostruito in maniera difforme da quello preesistente, il condominio non rinasce, e quanto edificato costituisce, invece, un’opera realizzata su suolo comune, come tale soggetta alla disciplina dell’accessione, e, quindi, da attribuire secondo le quote originarie ai comproprietari del suolo, a meno che gli effetti dell’accessione, prima del loro verificarsi, non siano esclusi o modificati in conseguenza di un accordo tra le parti (Cass., Sez. 2^, 22 settembre 1989, n. 3933; Cass., Sez. 1^, 23 febbraio 1999, n. 1543).
Ciò che si lamenta con il motivo è l’interpretazione, da parte della Corte territoriale, delle risultanze probatorie, avendo il giudice d’appello ritenuto nella specie ravvisabile un limite all’operatività dell’accessione, stante “la preventiva delibera unanime dei condomini e la sottoscrizione del progetto e delle relative varianti”.
Cosi’ decidendo, il giudice di secondo grado non ha tenuto in considerazione che – secondo quanto evidenziato dal c.t.u., la cui relazione è riportata nel motivo di ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – in sede di variante la D.G. ed altri condomini avevano contestato l’assegnazione ad A. M. fu R. del sottotetto, ricostruito al posto dell’originaria terrazza di copertura della scala del fabbricato, in violazione dei diritti derivanti dalla sua originaria quota.
Di qui il vizio di motivazione della sentenza impugnata, la quale – dando per dimostrato il consenso derogativo all’accessione — non ha tenuto conto della circostanza se nel primo progetto di ricostruzione, approvato anche dalla D.G., fosse indicata anche la divisione del sottotetto, e se, allorché fu approvato il progetto di variante, la D.G. e gli altri condomini avessero negato il consenso all’assegnazione in via esclusiva al M. della superficie di sottotetto ricostruita al posto della terrazza.
4. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; violazione e falsa applicazione degli artt. 163 e 164 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), il ricorrente in via incidentale condizionata deduce che nell’atto di citazione di primo grado sarebbero assolutamente incomprensibili gli elementi di fatto posti a base della domanda, la domanda medesima e le norme di diritto in forza delle quali controparte ha agito in giudizio. La Corte d’appello avrebbe dovuto, in accoglimento del motivo di impugnazione, dichiarare la nullità di tale atto, con conseguente riforma della sentenza di primo grado.
4.1. – Il motivo è infondato, perché dall’esame complessivo della domanda risulta possibile non solo l’individuazione del bene della vita di cui è stato domandato il riconoscimento (l’illegittimità, ad opera del M., della incorporazione della terrazzina, facente ora parte della superficie del vano coperto sottotetto, con richiesta di condanna del convenuto al ripristino della situazione di comproprietà ed al risarcimento del danno), ma anche l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto a sostegno della domanda (l’abbattimento e la successiva ricostruzione del fabbricato condominiale; il diritto di comproprietà sulla suddetta terrazzina in forza dell’atto per notar E. del 1 maggio 1949; l’illegittimità della occupazione ed incorporazione nella parte esclusiva della superficie dei vani di proprietà del convenuto dell’area occupata dalla terrazza, non piu’ realizzata benché prevista nel progetto di ricostruzione del fabbricato).
5. – Con il secondo motivo (violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.) si prospetta una ragione di nullità della sentenza di primo grado, la quale avrebbe condannato il convenuto al pagamento di una somma di danaro a titolo indennitario, laddove l’attrice aveva chiesto il risarcimento del danno.
5.1. – Il motivo è inammissibile, perché con esso si prospetta un vizio della sentenza che inficerebbe direttamente la sentenza di primo grado, senza neppure indicare in che misura l’errore commesso dal primo giudice si rifletterebbe sulla portata del decisum della sentenza d’appello, che è il provvedimento giurisdizionale contro cui è rivolto il ricorso per cassazione.
6. – La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto.
La causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale e rigetta il secondo; rigetta il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.
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