“Non ogni vizio del consenso accertato nelle sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio consente di riconoscerne la efficacia nell’ordinamento interno, dandosi rilievo nel diritto canonico come incidenti sull’iter formativo del volere anche a motivi e al foro interno non significativo in rapporto al nostro ordine pubblico, per il quale solo cause esterne e oggettive possono incidere sulla formazione e manifestazione della volontà dei nubendi, viziandola o facendola mancare. L’errore, se indotto da dolo, che rileva nell’ordinamento canonico ma non in quello italiano, se accertato come causa di invalidità in una sentenza ecclesiastica, potrà dar luogo al riconoscimento di questa in Italia, solo se sia consistito in una falsa rappresentazione della realtà, che abbia avuto ad oggetto circostanze oggettive, incidenti su connotati stabili e permanenti, qualificanti la persona dell’altro coniuge”.
Secondo la Corte di Cassazione, pertanto, “esattamente la Corte di merito ho ritenuto in contrasto assoluto con l’ordine pubblico interno la rilevanza, sulla formazione del volere dei nubendi, data in sede canonica ad un errore soggettivo e ha negato il riconoscimento della efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio nel caso, nel quale la rilevanza della ignoranza da uno dei nubendi sull’infedeltà dell’altro prima del matrimonio, è certa in attuazione delle istanze etiche che sottostanno al matrimonio religioso e alla specificità del diritto canonico, ma non è assolutamente compatibile con l’ordine pubblico italiano”.
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione – Sezioni Unite Civili, Sentenza 18 luglio 2008, n. 19809: Matrimonio – Sentenza ecclesiastica di nullità – Vizio del consenso – Delibazione – Ordine pubblico – Limiti).
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