articolo tratto da FiloDiritto.com

Secondo le Sezioni Unite della Cassazione, richiamate dalla sentenza in oggetto, “i quesiti di diritto imposti dall’articolo 366 bis c.p.c., introdotto dall’articolo 6, comma 1, del Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità, rispondono alla esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie. Il quesito di diritto costituisce pertanto il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata, e quindi non ammissibile, l’investitura stessa del giudice di legittimità“.

Con una interessante pronuncia la Cassazione ha giudicato inammissibili cinque quesiti di diritto posti alla propria attenzione, in quanto giudicati generici e non attinenti agli argomenti trattati nella sentenza impugnata.

La Cassazione ha ricordato il proprio consolidato orientamento in merito alla elaborazione dei canoni di redazione del quesito di diritto, secondo cui “ognuno dei quesiti formulati per ciascun motivo di ricorso deve consentire l’individuazione del principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato e, correlativamente, del diverso principio la cui auspicata applicazione ad opera della Corte di Cassazione possa condurre ad una decisione di segno diverso: ove tale articolazione logico – giuridica mancasse, il quesito si risolverebbe in un’ astratta petizione di principio, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la fattispecie ed il principio di diritto che si chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio ad opera della Corte, in funzione nomofilattica“.

In sostanza “il quesito non può pertanto consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la medesima Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’ esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata”.

Venendo al caso di specie, la Cassazione ha ritenuto i quesiti sottoposti alla propria attenzione “non contengono alcun riferimento all’impianto motivazionale della sentenza impugnata e non consentono di individuare con precisione quale sia il diverso principio di diritto sostenuto nei motivi di ricorso”.

Ecco i cinque quesiti di diritto, formulata ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c.:
1. Dica la Giustizia adita se la pronuncia giurisdizionale cassata con rinvio da parte del Supremo Collegio debba essere considerata espunta dall’ ordinamento e come tale inidonea a costituire valido titolo esecutivo nell’espropriazione forzata;
2. Dica la Suprema Corte se la riforma del titolo esecutivo in corso di esecuzione comporti l’illegittimità dell’esecuzione forzata con effetto ex tunc rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e quindi anche nel giudizio di legittimità;
3. Chiarisca la Suprema Corte se una sentenza cassata possa mantenere od acquisire efficacia esecutiva autonoma nelle parti eventualmente non sottoposte a gravame nonostante la pendenza del giudizio di rinvio e se detto rilievo possa essere anticipato con sentenza dal Giudice dell’ esecuzione anziché accertato dal Giudice del giudizio rinvio;
4. Dica la Suprema Corte se il capo di condanna alle spese ex articolo 91 c.p.c. di un provvedimento giurisdizionale possa acquisire valore di cosa giudicata tra le parti o possa comunque essere posto legittimamente in esecuzione nonostante la riforma-cassazione della sentenza in cui esso è contenuto e se qUindi la condanna alle spese di giudizio in quanto tale debba essere oggetto di impugnazione specifica;
5. Chiarisca la Suprema Corte se l’attivazione di una procedura esecutiva forzata sulla base di un titolo cassato da parte del Supremo Collegio, nonché la strenua resistenza nel relativo giudizio di opposizione da parte del presunto creditore, integrino gli estremi della lite temeraria ex articolo 96 c.p.c..

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione – Sezione Terza Civile, Sentenza 9 maggio 2008, n.11535: Formulazione dei quesiti di diritto).

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