fallaziendaIn tema di fallimento, benché non gravi sulla società nei cui confronti sia presentata una istanza di fallimento la dimostrazione che il centro effettivo dei propri interessi coincida con l’ubicazione della sua sede legale, è comunque consentito al giudice, ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.c., applicabile al procedimento prefallimentare, al fine di vincere la presunzione di corrispondenza tra sede effettiva e sede legale della società stessa, di desumere argomenti di prova dal contegno delle parti nel processo.

Cass. civ. Sez. Unite, 26/05/2016, n. 10925  

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione –

Dott. NAPPI Aniello – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Inpex srl ltd, domiciliata in Roma, via Antonio Bertoloni 27, presso l’avv. Antonio Volanti, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Luigi Marin, come da mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento Impex srl ltd;

– intimato –

contro

Claris Factor spa, domiciliata in Roma, via di Villa Graziali 15, presso l’avv. Benedetto Gargani, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Marina Cavedal, come da mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

International factors Italia spa, domiciliata in Roma, via dei Due Macelli 66, presso gli avv. Stefano Modenesi e Francesco Cerasi, che la rappresentano e difendono, come da mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Aosta Factor spa, domiciliata in Roma, via Celimontana 38, presso l’avv. Paolo Panariti, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Massimo Lupi, come da mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Vogen Industry co. ltd, domiciliata in Roma, via Sallustiana 26, presso lo studio Tosato, rappresentata e difesa dall’avv. Giulio Raffaele Ippolito, come da mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1290/2014 della Corte d’appello di Bologna, depositata il 21 maggio 2014;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;

uditi i difensori avv. Volanti e Martini per la ricorrente, Panariti, Catalano e Modenesi per le resistenti;

Udite le conclusioni del P.M., Dott. BASILE Tommaso, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bologna ha rigettato il reclamo proposto dalla Inpex srl ltd avverso la sentenza che ne aveva dichiarato il fallimento, disattendendo l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano.

Hanno ritenuto i giudici del merito che è solo fittizio il trasferimento a Londra della sede della società fallita, operato quando si era già manifestata la crisi dell’impresa, sicchè permane la giurisdizione del giudice italiano per la dichiarazione del fallimento.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Inpex srl ltd sulla base di un unico motivo d’impugnazione, cui resistono con controricorso Claris Factor spa, International factors Italia spa, Aosta Factor spa e Vogen Industry co. Ltd, mentre non ha spiegato difese il Fallimento Impex srl ltd.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione della L. Fall., art. 9, e dell’art. 3 Regolamento CE n. 1346/2000.

Sostiene che il trasferimento della società a (OMISSIS) avvenne prima del deposito di una qualsiasi richiesta di fallimento; sicchè non si applica la L. Fall., art. 9, comma 5. Mentre secondo quanto prevede l’art. 3 del Regolamento CE 1346/2000 la giurisdizione per la dichiarazione di insolvenza appartiene ai giudici nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, che si presume nel luogo in cui si trova la sede statutaria. Nè i creditori istanti hanno dimostrato, come avrebbero dovuto, che la società abbia in Italia il centro principale dei propri interessi anche dopo il trasferimento della sede in (OMISSIS).

E’ stato al contrario provato che la società è attualmente partecipata totalitariamente da un socio straniero; e la giurisprudenza Europea è nel senso che la presunzione di cui all’art. 3 del Regolamento operi senz’altro quando sia reso pubblico il trasferimento del controllo della società.

2. Il ricorso è fondato.

Come rileva la ricorrente, secondo la giurisprudenza di questa corte, “ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, del Regolamento CE 29 maggio 2000, n. 1346/2000, competenti ad aprire la procedura di insolvenza sono i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, dovendosi presumere – per le società e le persone giuridiche – che il centro degli interessi coincida, fino a prova contraria, con il luogo in cui si trova la sede statutaria, sicchè quando risulti accertata una discrepanza tra sede legale e sede effettiva, è l’ubicazione di quest’ultima a dover prevalere ed a costituire il criterio determinante della giurisdizione” (Cass., sez. un., 6 febbraio 2015, n. 2243, m. 634145).

Sicchè incombe sui creditori istanti l’onere di provare fatti idonei a superare la presunzione di coincidenza tra sede statutaria ed effettivo centro di interessi della società.

In realtà in giurisprudenza si è chiarito che, “benchè non gravi sulla società nei cui confronti sia presentata un’istanza di fallimento la dimostrazione che il centro effettivo dei propri interessi coincida con l’ubicazione della sua sede legale, è comunque consentito al giudice, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 2, – applicabile al procedimento prefallimentare – al fine di vincere la presunzione di corrispondenza tra sede effettiva e sede legale della società stessa, di desumere argomenti di prova dal contegno delle parti nel processo” (Cass., sez. un., 11 marzo 2013, n. 5945, m. 625477). Tuttavia nel caso in esame non risultano comportamenti o fatti dai quali possa argomentarsi nel senso postulato dai giudici del merito. Infatti la corte d’appello ha posto a fondamento della decisione impugnata la mancata prova di rapporti bancari, di contratti in corso, di una contabilità indicativi di un esercizio effettivo di una qualche attività economica all’estero. E ha così erroneamente posto a carico del debitore la prova dell’effettività del trasferimento della sede sociale, come del resto esplicitamente affermato nelle premesse della decisione.

Si deve pertanto concludere con l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata, la dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice italiano e la revoca della dichiarazione di fallimento della società ricorrente, così decidendo nel merito della controversia.

Le alterne vicende del giudizio, non ascrivibili integralmente alle parti, giustificano la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, revoca la dichiarazione del fallimento. Compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2016

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