Il creditore che abbia ricevuto l’avviso L. Fall. ex art. 92 oltre il termine annuale di cui al successivo art. 101, comma 1, può chiedere di insinuarsi al passivo ai sensi dell’ultimo comma della medesima disposizione, ma deve farlo nel tempo necessario a prendere contezza del fallimento ed a redigere la suddetta istanza, dovendo quel tempo essere indicato non già in un termine predeterminato, ma essere rimesso alla valutazione del giudice di merito, secondo un criterio di ragionevolezza, in rapporto alla peculiarità del caso concreto.
Cassazione civile sez. VI, 02/12/2020, n.27590
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da:
F.M., rappr. e dif. dagli avv. Mauro Pizzigati, Aldo Bertoldi
e Francesco Capecci, elettivamente domiciliato presso lo studio del
terzo, in Roma, piazza della Libertà n. 10, come da procura in
calce all’atto;
– ricorrente –
Contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona del curatore
p.t., rappr. e dif. dall’avv. Giovanni Liguori, elett. dom. presso
lo studio dell’avv. Maione, in Roma, via Garigliano n. 11, come da
procura in calce all’atto;
– controricorrente –
per la cassazione del decreto Trib. Palermo 30.1.2017, n. 501/2017,
in R.G. n. 4450/2016, rep. 1057/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
giorno 30 settembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Ferro
Massimo.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
1. F.M. impugna il decreto Trib. Palermo 30.1.2017, n. 501/2017, in R.G. n. 4450/2016, rep. 1057/2017, che ha rigettato la sua opposizione allo stato passivo, promossa contro il decreto con cui il giudice delegato del fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (FALLIMENTO) aveva dichiarato inammissibile la domanda, ultratardiva e senza giustificazione della non imputabilità del ritardo;
2. il tribunale premetteva che la necessità di giustificare il ritardo nella presentazione della domanda, nonostante il creditore avesse avuto conoscenza del fallimento (e benchè prima non avvisato L. Fall. ex art. 92) proprio dal curatore già il 27 marzo 2015, non risultava soddisfatta; invero, la domanda veniva presentata quasi sei mesi dopo tale evento informativo, senz’altra motivazione di tutto il ritardo occorso all’adempimento;
3. il ricorso è su sei motivi, cui resiste il Fallimento;
4. con il ricorso si deduce: a) (primo motivo e secondo motivo) la violazione della L. Fall., art. 101, avendo erroneamente il tribunale sovraimposto un termine di congruità di fatto al deposito della domanda, invece inoltrabile fino all’esaurimento dei riparti, con trattamento deteriore rispetto ai creditori tardivi consapevoli, ammessi all’atto entro 12 mesi dall’esecutività dello stato passivo, conseguendone un’interpretazione censurabile anche per vizio di costituzionalità ex art. 3 Cost.; b) (terzo motivo) la violazione anche dell’art. 2697 c.c., gravando sul curatore dare la prova della tardività della domanda, invece assunta in decreto da circostanze riferite dal creditore; c) (quarto motivo) la nullità del decreto per ultrapetizione, avendo il tribunale giudicato tardivo il ritardo oltre il rilievo del giudice delegato che, in conformità al rilievo del curatore, si era limitato a deciderne la tardività per mancato rispetto dei 12 mesi dalla conoscenza del fallimento; d) (quinto motivo) la nullità del decreto per vizio del contraddittorio, non essendo stato il rilievo della tardività offerto in discussione alle parti; e) (sesto motivo) l’errato apprezzamento della tardività, qualificata in quasi semestrale, ma non avendo il tribunale considerato la sospensione feriale dei termini.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
1. i motivi, da trattare in via congiunta perchè connessi, sono inammissibili, per plurimi profili; il tribunale ha invero fatto concreta applicazione di un principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per cui “il creditore che abbia ricevuto l’avviso L. Fall. ex art. 92 oltre il termine annuale di cui al successivo art. 101, comma 1, può chiedere di insinuarsi al passivo ai sensi dell’ultimo comma della medesima disposizione, ma deve farlo nel tempo necessario a prendere contezza del fallimento ed a redigere la suddetta istanza, dovendo quel tempo essere indicato non già in un termine predeterminato, ma essere rimesso alla valutazione del giudice di merito, secondo un criterio di ragionevolezza, in rapporto alla peculiarità del caso concreto” (Cass. 23975/2015, 21661/2018, 19017/2017, 6559/2016); proprio il primo precedente, altresì escludendo il dubbio di costituzionalità, ha focalizzato l’istituto della domanda ultratardiva di ammissione del credito al passivo precisando che la L. Fall., art. 101, u.co., “si limita a consentire la presentazione dell’istanza “ultratardiva” da parte del creditore allorchè quest’ultimo “prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile”, e non prevede la decorrenza di alcun nuovo termine annuale allorchè sia cessata la causa di giustificazione del ritardo del creditore… Inoltre, se è onere del creditore istante giustificare H ritardo, non potrebbe bastare una giustificazione che non comprenda tutto il ritardo”;
2. e parimenti, “l’ulteriore ritardo dovrà logicamente trovare giustificazione in altre ragioni. Tra le quali rientra certamente quella derivante all’esigenza di disporre del tempo necessario per valutare l’opportunità di proporre l’istanza di ammissione al passivo e poi di presentarla; ma pretendere che il creditore disponga comunque di un altro anno, o diverso periodo di tempo, per provvedervi, a prescindere da un effettivo impedimento a una più sollecita presentazione della domanda, significherebbe tradire la lettera e il senso della norma che richiede la giustificazione del ritardo. Nè è possibile indicare in astratto quale sia il tempo necessario per la valutazione e la presentazione… da parte del creditore”; proprio in quanto si tratta di un apprezzamento in concreto, i motivi s’infrangono nei novellati limiti normativi con cui è possibile, nella presente sede, il controllo di legittimità della motivazione (Cass. s.u. 8053/2014), nè avendo la parte allegato e dimostrato circostanze impedienti la tempestività dell’adempimento decisivamente non esaminate dal tribunale;
3. il principio pienamente devolutivo applicabile all’opposizione allo stato passivo ha inoltre determinato che, tra gli elementi di necessaria esaminabilità da parte del tribunale, rientrasse anche ogni fatto che lo stesso creditore aveva comunque inserito nel contraddittorio, tra cui le circostanze positive della cognizione tardiva del fallimento, oltre a quella negativa del mancato avviso L. Fall. ex art. 92; proprio in quanto ultratardivo, era dunque il creditore stesso divenuto a sua volta onerato della giustificazione di non imputabilità dell’integrale ritardo, non solo di quello intercorso rispetto alla presa di notizia aliunde del fallimento (poi confermata dallo stesso curatore, con ogni indicazione di riferimento utile), ma altresì di quello necessario ad organizzare il deposito della domanda, non bastando di per sè – per quanto premesso – la mera invocazione della mancata ricezione dell’avviso del curatore per integrare il requisito di preliminare ammissibilità della domanda stessa, dopo aver allegato la circostanza di presa di notizia; in questo senso, la pronuncia del tribunale ha enunciato un principio di diritto integrativo della motivazione già resa dal giudice delegato, aggiornato al materiale probatorio e alle circostanze pacifiche appartenenti al processo per iniziativa della stessa parte opponente e pur sempre culminante in un giudizio di condivisa inammissibilità della domanda;
4. il ricorso è dunque inammissibile, con condanna alle spese secondo le regole della soccombenza e come meglio in dispositivo; sussistono inoltre i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, liquidate in Euro 3.600 (di cui Euro 100 per esborsi), oltre al rimborso forfettario e agli accessori di legge; ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dallaL. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2020