In virtù dell’operatività del nesso sinallagmatico che connota il contratto di vendita e, in dipendenza degli effetti retroattivi riconducibili alla risoluzione contrattuale, nella determinazione del prezzo da restituire al compratore che abbia agito vittoriosamente in redibitoria, si deve tener conto dell’uso del bene fatto dal medesimo, dovendosi, sul piano oggettivo, garantire l’equilibrio anche tra le reciproche prestazioni restitutorie delle parti ed evitare un’illegittima locupletazione dell’acquirente, ove lo stesso abbia continuato ad utilizzare il bene, determinandone una sua progressiva e fisiologica perdita di valore. (Cassazione civile sez. II, 08/11/2024, n.28838)

FATTI DI CAUSA

  1. – Con ricorso ex art. 696 cod. proc. civ. Pi.Wa. chiedeva che il Tribunale di Pescara accertasse, mediante consulenza tecnica d’ufficio, lo stato dell’autovettura Ford Focus acquistata presso l’AUTOSTAR Spa in data 13 novembre 2004, a seguito di una serie gravi difetti riscontrati.

All’esito della relazione peritale, il Pi.Wa. conveniva in giudizio l’AUTOSTAR Spa per ottenere la risoluzione del contratto di vendita dell’auto e la restituzione del prezzo, oltre interessi e il risarcimento dei danni subiti.

Nel giudizio così incardinato si costituiva la AUTOSTAR Spa la quale contestava la fondatezza delle domande e chiamava in giudizio la Ford Italia Spa per chiedere di essere manlevata in caso di condanna.

Costituitasi in giudizio, la Ford Italia Spa eccepiva, in via pregiudiziale, l’incompetenza del Tribunale adito in favore di quello di Roma; nel merito, contestava la sussistenza della garanzia azionata posto che non aveva mai avuto alcun rapporto con il Pi.Wa. ed eccepiva, in ogni caso, la decadenza dalla garanzia per i vizi del prodotto compravenduto, in mancanza di qualsiasi informativa o comunicazione da parte di AUTOSTAR Spa, nonché la prescrizione dell’azione e l’inammissibilità del regresso. Contestava in ogni caso la fondatezza della domanda attrice.

Il Tribunale di Pescara, ammessa consulenza tecnica d’ufficio, accoglieva la domanda di risoluzione e respingeva la domanda di garanzia proposta nei confronti di Ford Italia Spa e per l’effetto condannava la AUTOSTAR Spa alla restituzione del prezzo di acquisto dell’auto in favore dell’attore, oltre interessi legali dal momento del pagamento del prezzo al soddisfo; accoglieva le domande risarcitorie azionate dal Pi.Wa. relativamente alla spesa di Euro 114,00 oltre IVA, sostenuta per il soccorso stradale in occasione della rottura del volano, e quella di Euro 5.510,25, come calcolata in sede di CTU, per gli interessi corrisposti a Poste Italiane per il finanziamento del prezzo di acquisto del veicolo con interessi legali dalla domanda al soddisfo; respingeva le ulteriori domande di risarcimento del danno e condannava la AUTOSTAR Spa al pagamento delle spese di lite in favore dell’attore e della terza chiamata in causa.

  1. – Avverso la suddetta sentenza, AUTOSTAR Spa interponeva appello.

Si costituiva il Pi.Wa. il quale, in via preliminare, eccepiva l’inammissibilità dell’appello per la mancata indicazione delle eventuali violazioni di legge in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado e la sua palese infondatezza nel merito.

Anche Ford Italia Spa, nel costituirsi eccepiva la inammissibilità dell’appello ex art. 348-bis cod. proc. civ. contestando la domanda di manleva, rilevando al contempo la improponibilità di un’azione di regresso nei suoi confronti per mancanza di prova del rapporto di causalità tra l’inadempimento del concessionario e quello asserito del chiamato in garanzia.

La Corte d’Appello di L’Aquila, con sentenza n. 1654/2019 del 14 ottobre 2019, ha respinto l’impugnazione, condannando l’AUTOSTAR Spa a corrispondere a ciascuna parte appellata le spese di lite del grado.

  1. – L’AUTOSTAR Spa ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.

Walter Pi.Wa. si è costituito con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.

Entrambe le parti hanno depositato una memoria illustrativa.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. – Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1492,1453 e 1455 cod. civ. e 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. In particolare, la ricorrente denuncia l’errata affermazione secondo cui la norma di cui all’art. 1490 cod. civ. non consentirebbe di valutare, anche ai fini dell’ammissibilità dell’azione di risoluzione, la trasformazione del veicolo determinata dall’uso protratto per oltre due anni con una percorrenza di Km 64.387 e il comportamento dell’acquirente che, cosciente dei vizi, abbia accettato la cosa, così rinunciando alla maggiore tutela dell’azione risolutoria rispetto a quella di riduzione del prezzo. La decisione del giudice del gravame si porrebbe in contrasto con la richiamata interpretazione degli articoli. 1492 e 1493 cod. civ. da parte del giudice di legittimità lì dove ha dichiarato la risoluzione del contratto ritenendo per un verso espressamente irrilevante “lo stato del veicolo al momento del guasto” e cioè che l’usura derivante dall’utilizzo quotidiano protratto per circa due anni con una percorrenza di oltre 60.000 Km avesse inevitabilmente “trasformato” il veicolo, ed omettendo per altro verso di verificare, in violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., se il comportamento dell’acquirente rivelasse una sostanziale accettazione della cosa “trasformata” preclusiva dell’azione di risoluzione. La ricorrente deduce, a tal fine, talune circostanze che la Corte d’Appello avrebbe omesso di esaminare e valutare (richiesta con raccomandata 19.8.2006 della risoluzione del contratto in seguito alla rottura dello scambiatore di calore; accettazione della sostituzione in garanzia del predetto scambiatore di calore; riconduzione della rottura del volano, verificatasi il 18.1.2007, alla rottura dello scambiatore di calore; richiesta di soccorso stradale dall’officina M.D.D. Snc, autorizzata Ford).

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1490,1492,1453,1455,1175 c 1375 cod. civ. (in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Si contesta, al riguardo, l’erroneità della affermazione che ai sensi dell’art. 1490 cod. civ. sarebbe preclusa al giudice la valutazione dell’importanza dell’inadempimento ai sensi della norma generale dettata dall’art. 1455 cod. civ., ritenendo conseguentemente irrilevanti al fine della risoluzione del contratto di vendita lo stato dell’autoveicolo al momento del danno e i comportamenti delle parti (nella specie il danno, consistente nella rottura del volano, si era verificato dopo ventisei mesi dall’acquisto dell’autoveicolo nuovo di fabbrica ed aveva percorso 64.387 Km e il compratore aveva ingiustificatamente rifiutato la riparazione e/o sostituzione delle parti meccaniche danneggiate, tempestivamente offerta al momento del soccorso stradale in forza della garanzia suppletiva estesa di due anni ulteriori rispetto a quella legale). Contrariamente a quanto affermato dal giudice del gravame, la decisione sulla risoluzione del contratto non poteva prescindere dalla valutazione dell’offerta di adempimento. La decisione del giudice di appello circoscriverebbe l’analisi della fattispecie alla sola rottura di un pezzo meccanico, ritenendola sufficiente a integrare gli estremi della risoluzione del contratto di vendita per avere reso inidonea all’uso la vettura, omettendo aprioristicamente, in ossequio a un malinteso divieto prescritto dall’art. 1490 cod. civ., di esaminare e valutare se la riparazione gratuita del pezzo danneggiato e delle sue cause, offerta tempestivamente dal venditore, potesse rendere la vettura idonea all’uso e se il rifiuto opposto dall’acquirente alla riparazione fosse o meno ispirato a buona fede.

1.1. – Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono infondati.

Gli artt. 1490 e 1492 del cod. civ. in tema di azione redibitoria, al pari dell’art. 1497 cod. civ., vanno interpretati con riferimento al principio generale sancito dall’art. 1455 cod. civ. con la conseguenza che l’esercizio dell’azione è legittimato soltanto da vizi concretanti un inadempimento di non scarsa importanza, i quali non sono distinti in base a ragioni strutturali, ma solo in funzione della loro capacità di rendere la cosa inidonea all’uso cui era destinata o di diminuirne in modo apprezzabile il valore, secondo un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito (Cass., Sez. II, 25 settembre 2013, n. 21949; Cass., Sez. II, 15 febbraio 1986, n. 914).

La Corte d’Appello, in conformità a quanto deciso dal Tribunale, alla luce della consulenza tecnica d’ufficio, ha ritenuto che la sola rottura del volano, al di là degli altri vizi riscontrati, fosse sufficiente a giustificare l’accoglimento della domanda di risoluzione. La valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 cod. civ., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito (Cass., Sez. VI-2, 22 giugno 2020, n. 12182; Cass., Sez. III, 30 marzo 2015, n. 6401; Cass., Sez. III, 28 giugno 2006, n. 14974). Sul punto, tenuto conto delle risultanze istruttorie, con valutazione incensurabile in questa sede, è stata ritenuta ininfluente la questione della tardività della manutenzione periodica e la decisione di non far riparare il veicolo, così come attengono ai profili di merito le censure riguardanti gli elementi che sarebbero stati accertati dal consulente.

  1. – Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1490,1492 e 1493 cod. civ. (in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Secondo la ricorrente sarebbe errata l’affermazione secondo cui l’effetto restitutorio conseguente alla risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1490 cod. civ. determina la restituzione dell’intero prezzo pagato e il rimborso delle spese e dei pagamenti fatti per la vendita, ritenendo all’uopo inconferenti l’uso e il godimento del veicolo, protratti per ventisei mesi e 64.387 Km, al fine dell’equa e proporzionata riduzione della somma da restituire. Secondo quanto argomentato, anche nella ipotesi di ritenuta inadempienza della venditrice, la corretta applicazione degli artt. 1490 e 1493 cod. civ. avrebbe imposto comunque al giudice, nel disporre la restituzione delle prestazioni ricevute con efficacia retroattiva al momento genetico del contratto, di tener conto dell’intervenuta trasformazione subita medio tempore dal veicolo per effetto dell’uso e, quindi, di disporre una equa riduzione della somma da restituire, proporzionata alla remunerazione del godimento del bene, al deprezzamento conseguente alla sua non commerciabilità come nuovo e al logoramento per l’uso. Così come, al fine di evitare indebite locupletazioni, gli imponeva di decurtare, dal prezzo di acquisto da restituire, l’ammontare dell’IVA e dell’ammortamento del prezzo di acquisto del veicolo. Infatti, il Pi.Wa., avendo affermato di avere acquistato l’autoveicolo per “uso professionale”, ha potuto detrarre dal proprio reddito l’ammontare dell’IVA e l’ammortamento del prezzo di acquisto del veicolo.

2.1. – Il motivo è fondato.

In virtù dell’operatività del nesso sinallagmatico che connota il contratto di vendita e in dipendenza degli effetti retroattivi riconducibili alla risoluzione contrattuale (ai sensi dell’art. 1458, comma 1, cod. civ., in correlazione con l’art. 1493 cod. civ.), nella determinazione del prezzo da restituire al compratore di un’autovettura, che abbia agito vittoriosamente in redibitoria, si deve tener conto dell’uso del bene fatto dal medesimo, dovendosi, sul piano oggettivo, garantire l’equilibrio anche tra le reciproche prestazioni restitutorie delle parti ed evitare un’illegittima locupletazione dell’acquirente, ove lo stesso abbia continuato ad utilizzare il bene (ancorché accertato come viziato ma non completamente inidoneo al suo uso), determinandone una sua progressiva e fisiologica perdita di valore (Cass., Sez. II, 28 luglio 2020, n. 16077).

Risulta pertanto errata la decisione assunta sul punto dalla Corte d’Appello che ha disposto l’integrale restituzione del prezzo senza alcuna valutazione del vantaggio derivante dall’utilizzo del bene.

  1. – Con il quarto motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ.). Nullità della sentenza per omessa valutazione delle prove attinenti alla trasformazione del veicolo determinate dall’uso protratto per oltre due anni con una percorrenza di 64.387 km e al rifiuto opposto dal Pi.Wa. all’offerta di riparazione in garanzia della rottura del volano e per la conseguente omessa pronuncia sulla eccezione di insussistenza della grave inadempienza sollevata dall’appellante. I motivi illustrati nei paragrafi 2 e 3 del ricorso rileverebbero anche sotto il diverso profilo della nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. La Corte aquilana avrebbe eluso le norme di cui agli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. lì dove: in relazione alla questione della gravità dell’inadempienza, invocando una inesistente inapplicabilità dell’art. 1455 cod. civ. ha omesso di valutare l’uso, la percorrenza del veicolo al momento del danno e la valenza probatoria dell’offerta di riparazione del danno ed ha omesso conseguentemente di decidere sulla eccepita insussistenza della gravità della inadempienza; in relazione alla condanna alla restituzione dell’intero prezzo di acquisto avrebbe omesso di valutare: il deprezzamento del veicolo conseguente alla sua non commerciabilità come nuovo e al logoramento per l’uso pluriennale con una percorrenza di Km 64.387; il fatto che il Pi.Wa., avendo acquistato il veicolo “per uso professionale”, aveva potuto detrarre l’IVA corrisposta al momento dell’acquisto e l’ammortamento del costo del veicolo dal reddito imponibile; ed ha conseguentemente omesso di decidere sulla richiesta di riduzione della somma da restituire.

3.1. – Il motivo è inammissibile.

La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste sia quando il giudice trascuri di esaminare una domanda od una eccezione, sia quando sostituisca d’ufficio un’azione ad un’altra, a causa del travisamento dell’effettivo contenuto della domanda (Cass., Sez. III, 6 luglio 2023, n. 19214). Non vi è stata infatti alcuna violazione tra il chiesto e il pronunciato, essendosi la Corte d’Appello pronunciata sulle domande proposte.

  1. – Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1224,1493,1458,2033 cod. civ. e 115 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Errata affermazione che in seguito alla risoluzione del contratto per inadempienza gli interessi sulla somma da restituire sono dovuti dall’accipiens in buona fede dal momento dell’esborso, anziché dal giorno della domanda. La Corte di Appello ha rigettato il motivo di impugnazione relativo alla statuizione circa gli interessi sull’importo da restituire che il giudice di primo grado ha fissato con decorrenza dal 17.12.2004 (epoca di stipula del contratto di acquisto del veicolo). A motivo del rigetto il giudice del gravame ha affermato che “la restituzione dell’intero prezzo pagato ed il rimborso delle spese e dei pagamenti fatti per la vendita, con gli interessi dal momento dell’esborso al saldo, costituisce l’effetto restitutorio e non risarcitorio scaturito dalla risoluzione del contratto secondo quanto previsto dall’art. 1493 c. civile”. L’affermazione integrerebbe una manifesta violazione degli 1224, 1403, 1458, 2033 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ. come interpretati dalla Corte di cassazione, atteso che nella fattispecie concreta la restituzione degli esborsi è stata disposta in conseguenza della risoluzione per inadempimento contrattuale e non come effetto di responsabilità extracontrattuale da fatto illecito e che non è stata allegata, né tanto meno provata o accertata, la mala fede dell’accipiens; pertanto, gli interessi sulla restituzione dell’intero prezzo pagato e sul rimborso delle spese e dei pagamenti fatti per la vendita dovevano decorrere dalla domanda giudiziale e non dal momento dell’esborso.

4.1. – Il motivo è fondato.

Ai sensi dell’art. 1458 cod. civ., alla risoluzione del contratto consegue sia un effetto liberatorio, per le obbligazioni che ancora debbono essere eseguite, sia un effetto restitutorio, per quelle che siano, invece, già state oggetto di esecuzione ed in relazione alle quali sorge, per l’accipiens, il dovere di restituzione, anche se le prestazioni risultino ricevute dal contraente non inadempiente. Se tale obbligo restitutorio ha per oggetto somme di denaro, il ricevente è tenuto a restituirle maggiorate degli interessi calcolati dal giorno della domanda di risoluzione e non da quello in cui la prestazione pecuniaria venne eseguita dall’altro contraente (Cass., Sez. I, 20 marzo 2018, n. 6911; Cass., Sez. II, 14 settembre 2004, n. 18518). Risulta pertanto errata la condanna al pagamento degli interessi dal momento del pagamento della somma al saldo, interessi liquidati a titolo di effetto restitutorio e non risarcitorio.

  1. – Con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1224 codice civile (in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). La cumulabilità dei rimedi della risoluzione del contratto e del risarcimento per inadempienza contrattuale non potrebbe condurre a una ingiustificata locupletazione in favore dell’acquirente. Disattendendo il terzo motivo di appello, la Corte ha confermato la sentenza di primo grado anche in punto di risarcimento dei danni per l’inadempimento. In particolare, il Tribunale di Pescara inserì tra i danni risarcibili anche la somma di Euro 5.510,25 pagata dal Pi.Wa. a titolo di rimborso degli interessi passivi dovuti a Poste Italiane Spa per l’utilizzo del finanziamento chirografario di Euro 30.000,00 limitatamente all’ammontare del prezzo di acquisto di Euro 17.581,41 dell’autovettura di cui è causa” maggiorata degli interessi a far data dal 25.3.2008. Detta condanna integrerebbe violazione degli artt. 1223 e 1224 cod. civ. per difetto di nesso causale “conseguenza immediata e diretta” (ex art. 1223 cod. civ.) tra la contrazione del mutuo con Poste Italiane stipulato in data dicembre 2004 dopo l’acquisto del veicolo in questione e per un importo superiore al prezzo di acquisto del veicolo corrisposto. Inoltre, la condanna al risarcimento, in misura pari agli interessi corrisposti a Poste Italiane per la somma mutuata per la durata di 80 mesi oltre interessi, è stata disposta dopo che il medesimo Tribunale ebbe a concedere anche gli interessi a far data dall’esborso sull’intero prezzo di acquisto da restituire. Sicché per il medesimo periodo è stata attribuita al Pi.Wa. a titolo restitutorio e risarcitorio una sostanziale triplicazione degli interessi.

5.1. – Il motivo è infondato.

In tema di azione di risarcimento dei danni proposta dall’acquirente ex art. 1494 cod. civ., ove sia sorta l’obbligazione di garanzia, trattandosi di vizi non facilmente riconoscibili – come nel caso di specie in cui è stato accertato un vizio dell’autovettura relativo alla rottura del volano, che ha determinato la risoluzione del contratto – grava sul venditore una presunzione di loro conoscenza, per superare la quale non è sufficiente provare di non averli conosciuti, occorrendo invece la dimostrazione di averli ignorati senza colpa (Cass., Sez. III, 16 febbraio 2024, n. 4300), circostanza che nella specie non risulta essere stata fornita.

Sulla quantificazione del danno derivante dal ricorso a un finanziamento – trattandosi di apprezzamento di fatto il cui sindacato risulta precluso in sede di legittimità – va osservato che essa è stata circoscritta ai soli interessi passivi dovuti limitatamente all’ammontare del prezzo di acquisto dell’autovettura, quali effetti diretti e immediati della responsabilità.

  1. – La sentenza va dunque cassata in riferimento ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di L’Aquila, in altra composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
    PQM
    P.Q.M.

Accoglie il terzo e il quinto motivo di ricorso, rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di L’Aquila, in altra composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 1 ottobre 2024.

Depositata in Cancelleria l’8 novembre 2024.