Allo stato attuale, assai vivo, in diritto civile, il dibattito attorno a peculiari fonti di obbligazione che, pur collocate sul crinale tra contratto e torto, hanno ricevuto – prima in dottrina, poi in giurisprudenza – un inquadramento nell’ambito della responsabilità contrattuale.
Queste, senza pretesa di esaurire l’argomento, le fattispecie significative:
– responsabilità precontrattuale;
– responsabilità da false (o inesatte) informazioni;
– responsabilità da cd. contatto sociale.
A) Quanto alla responsabilità precontrattuale, l’inquadramento di essa in ambito contrattuale si deve allo Jhering (il quale, secondo Castronovo, Obblighi di protezione, in Enc. giur. Treccani, XXI, 2, Roma, 1988, «gettava un ponte tra il già danno ed il non ancora contratto dando origine a una responsabilità che nei termini di quella ex contractu consentisse il risarcimento oltre le limitazioni ex lege Aquilia e nei termini di quella aquiliana potesse essere affermata pur quando il contratto non fosse venuto a esistenza»), argomenti che hanno trovato sufficientemente discorde parte della giurisprudenza, che ne sottoscrive la natura aquiliana, stante la natura degli artt. 1337 e 1338 c.c. di norme protettive dell’altrui libertà negoziale (Cass., 30 agosto 1995, n. 9157, id., 29 aprile 1999, n. 4299, in Cons. Stato, 19 novembre 2003, n. 7473),.
In dottrina l’indirizzo aquiliano è minoritario: cfr. Bianca, Diritto civile, Il contratto, Milano, 1987.
Non dissimile quèrelle ha interessato la responsabilità da cd. prospetto informativo, che Cass., 3 marzo 2001, n. 3132 (in Foro it., 2001, I, 1139) qualifica come extracontrattuale).
B) Il tema della responsabilità da false (o inesatte) informazioni non ha avuto sorte dissimile dalla responsabilità precontrattuale, di cui si vuole costituisca una sottoclasse (Bianca, ult. op. cit., 618).
In proposito, si guardi al processo giurisprudenziale di qualificazione contrattuale della responsabilità della p.a. per informazioni non veritiere (cfr., Cass., sez. lav., 11 giugno 1992, n. 7197; conff., idd., 11 agosto 1993, cit., 2 settembre 1996, n. 8036, 8 novembre 1996, nn. 9775 e 9776, 22 maggio 2001, n. 6995, 8 aprile 2002, n. 5002, 17 dicembre 2003, n. 19340; 24 aprile 2004, n. 7859 (in Guida Dir., fasc. 28/2004, 53 ss.), 17 agosto 2004, n. 16044; tra la giurisprudenza di merito, Trib. Napoli, 10 gennaio 2006, Trib. Ravenna, 10 gennaio 2000, cit. In dottrina, Vanacore, Nota a Trib. Napoli, 10 gennaio 2006, cit., in La responsabilità civile, n. 8 – 9/2006, Casadio, nota a Trib. Ravenna, 10 gennaio 2000, cit. Contra, per la ricostruzione aquiliana, Cass., 9 febbraio 2004, n. 2424, e id., 3 marzo 2001, cit)
C) At least but not the least, la famosa – e, perché no, famigerata – responsabilità da cd. contatto sociale, costituente la versione moderna dei rapporti contrattuali di fatto – non meno nota teoria civilistica di fattura germanica –.
Questi i risultati della recezione giurisprudenziale della teoria del contatto sociale:
– anzitutto, nel campo della responsabilità medica, che a partire dalla celeberrima Cass., 22 gennaio 1999, n. 589 (in Foro it., 1999, I, 3332; e in Danno e resp., 1999, 29. Conff., idd., 2 febbraio 2005, n. 2042, 21 giugno 2004, n. 11488, 28 maggio 2004, n. 10297, 4 marzo 2004, n. 4400, 21 luglio 2003, n. 11316, 14 luglio 2003, n. 11001, 11 marzo 2002, n. 3492, 1 settembre 1999, n. 9198. Com’è noto, l’elaborazione dottrinale dell’orientamento si deve a Castronovo, Liability between Contract and Tort, in Perspectives of Critical Contract Law, Aldershot, 1993, 273; Id., L’obbligazione senza prestazione. Ai confini tra contratto e torto, in Scritti in onore di Mengoni, I, Milano, 1995, 19), ha visibilmente riempito le aule civili ed i repertori giurisprudenziali;
– ancora, nei casi di lesione da parte della p.a. dell’affidamento del cittadino alla positiva conclusione del procedimento (cd. responsabilità da contatto amministrativo qualificato, di cui è traccia in Cons. Stato, 6 agosto 2001, n. 4239:
«La natura della responsabilità derivante dall’adozione di un atto illegittimo (nella specie, diniego di concessione edilizia) assume connotazioni concretamente avvicinabili all’inadempimento di una precedente obbligazione quando l’invalidità dell’atto amministrativo deriva dal contrasto con precedenti atti convenzionali stipulati tra l’amministrazione ed il privato (in motivazione, si precisa che le recenti elaborazioni dottrinarie in materia di responsabilità da contatto amministrativo qualificato possono essere condivise nella misura in cui, senza affermare la generale operatività delle regole proprie della responsabilità contrattuale, forniscono utili criteri applicativi in ordine all’accertamento dell’elemento soggettivo dell’illecito, sicché l’adeguata valorizzazione del rapporto procedimentale consente di affermare che il relativo onere della prova va ripartito tra le parti secondo criteri sostanzialmente corrispondenti a quelli codificati dall’art. 1218 c.c.)».
In termini, Tar Puglia 17 maggio 2001, n. 1761:
«Deve trovare riconoscimento, nel moderno contesto dell’amministrazione partecipata, quella particolare ipotesi di tutela dell’affidamento ingenerato dal rapporto procedimentale intercorso tra amministrazione e privato (nel caso specifico, partecipante ad una selezione pubblica), prescindente dalla sicura acquisizione del bene della vita, che può anche qualificarsi in termini di responsabilità da «contatto amministrativo» qualificato; la violazione di tale pretesa (con valenza di reciprocità) genera di per sé un obbligo risarcitorio, a prescindere dal fatto che si verta in presenza di un’attività discrezionale, ovvero vincolata, e dunque a prescindere anche dall’accertamento della spettanza del bene della vita, oggetto di tutela, peraltro di non agevole enucleazione, nella prospettiva dell’utilità finale; la responsabilità da contatto, nei termini sopra descritti, è funzionalmente omogenea alla responsabilità precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c., finora ravvisata in giurisprudenza in ipotesi simili a quelle rientranti nella tipica casistica civilistica, ed il risarcimento, in tali ipotesi, va riconosciuto nei limiti del c.d. interesse negativo, identificandosi il danno emergente con le spese sostenute per partecipare al procedimento concorsuale, in difetto di prova, ed invero anche di semplice allegazione, in ordine alla perdita dell’occasione di partecipare ad altri procedimenti analoghi» (Entrambe le ultime sentenze citate leggibili in Foro it., III, 2002, 1).
Conff., ex plurr., Tar Veneto 31 marzo 2003, n. 216, Cons. in Giust. amm., sic. [ord.], 8 maggio 2002, n. 267.
– di responsabilità degli insegnanti per le lesioni autoprodottesi dall’alunno, di cui è parola in Cass., sez. un., 27 giugno 2002, n. 9346, che basa sull’art. 1218 c.c. la responsabilità dell’insegnante in quanto . . . «tra precettore ed allievo si instaura pur sempre, per contratto sociale, un rapporto giuridico, nell’ambito del quale il precettore assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e di vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona»;
– da ultimo, di responsabilità fondata sul contratto di parcheggio, su cui leggasi, Cass., 27 dicembre 2004, n. 3863, che individua nella offerta della prestazione di parcheggio – in capo al parcheggiatore – e nella messa a disposizione dell’autovettura in appositi spazi – in capo all’utente –, la fonte di quel «. . . vincolo contrattuale il quale si realizza attraverso il contatto sociale. Nella realtà il fenomeno è frequente e trova la sua radice nelle condizioni di affollamento delle strade, nell’urgenza dell’automobilista di liberarsi del veicolo o in altre condizioni simili. Tutto ciò indice l’automobilista ad utilizzare strutture appositamente predisposte nelle aree adiacenti aeroporti, ospedali, supermercati e simili. Il problema che si pone, in questi casi, e quello del se nell’offerta dell’area di parcheggio nei modi indicati sia compresa anche la custodia dell’auto, non sul piano della pura cortesia, ma su quello giuridico. È innegabile che l’offerta, come ora è stata ricostruita, ingenera nell’automobilista l’affidamento che in essa sia compresa anche la custodia dell’autovettura. Dunque, oggetto del contratto di parcheggio, che si è formato attraverso mezzi meccanici, è la messa a disposizione di uno spazio ed essa si combina con la custodia, allo stesso modo in cui avviene nel contratto di deposito, nel quale l’obbligo della custodia è elemento essenziale (art. 1766 c.c.)».
Per chiudere, i citati proponimenti dottrinali e giurisprudenziali si sono trasfusi nella ben nota sentenza Cass., sez. un., 26 giugno 2007, n. 14712, estensore Rordorf, di cui si trascrive una parte saliente, assolutamente consonante con gli indirizzi sopra citati:
«È opinione ormai quasi unanimemente condivisa dagli studiosi quella secondo cui la responsabilità nella quale incorre “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta” (art. 1218 ce.) può dirsi contrattuale non soltanto nel caso in cui l’obbligo di prestazione derivi propriamente da un contratto, nell’accezione che ne dà il successivo art. 1321, ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa dipenda dall’inesatto adempimento di un’obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte. In tale contesto la qualificazione “contrattuale e stata definita da autorevole dottrina come una sineddoche (quella figura retorica che consiste nell’indicare una parte per il tutto), giustificata dal fatto che questo tipo di responsabilità più frequentemente ricorre in presenza di vincoli contrattuali inadempiuti, ma senza che ciò valga a circoscriverne la portata entro i limiti che il significato letterale di detta espressione potrebbe altrimenti suggerire. Pur non senza qualche incertezza, in un quadro sistematico peraltro connotato da un graduale avvicinamento dei due tradizionali tipi di responsabilità, anche la giurisprudenza ha in più occasioni mostrato di aderire a siffatta concezione della responsabilità contrattuale, ritenendo che essa possa discendere anche dalla violazione di obblighi nascenti da situazioni (non già di contratto, bensì) di semplice contatto sociale, ogni qual volta 1’ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un determinato comportamento. Così, ad esempio, è stato attribuito carattere contrattuale non soltanto all’obbligazione di risarcimento gravante sull’ente ospedaliero per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica da parte di un medico operante nell’ospedale, ma anche all’obbligazione del medico stesso nei confronti del paziente, quantunque non fondata sul contratto ma sul solo contatto sociale, poiché a questo si ricollegano obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire la tutela degli interessi che si manifestano e sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso (cfr. Cass., n. 9085 del 2006, Cass., n. 12362 del 2006, Cass., n. 10297 del 2004, Cass., n. 589 del 1999 ed altre conformi); e natura contrattuale è stata riconosciuta anche alla responsabilità del sorvegliante dell’incapace, per i danni che quest’ultimo cagioni a se stesso in conseguenza della violazione degli obblighi di protezione ai quali il sorvegliante è tenuto, sul presupposto che quegli obblighi derivino da un rapporto giuridico contrattuale che tra tali soggetti si instaura per contatto sociale qualificato (cfr. Cass., n. 11245 del 2003). Ne deriva che la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sta essenzialmente nel fatto che quest’ultima consegue dalla violazione di un dovere primario di non ledere ingiustamente la sfera di interessi altrui, onde essa nasce con la stessa obbligazione risarcitoria, laddove quella contrattuale presuppone l’inadempimento di uno specifico obbligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto nei confronti di un determinato soggetto (o di una determinata cerchia di soggetti). In quest’ottica deve esser letta anche la disposizione dell’art. 1173 ce, che classifica le obbligazioni in base alla loro fonte ed espressamente distingue le obbligazioni da contratto (da intendersi nella più ampia accezione sopra indicata) da quelle da fatto illecito. Si potrebbe in verità anche sostenere – ed è stato sostenuto – che la nozione di obbligazione contrattuale contenuta in detto articolo ha una valenza più ristretta, e che le obbligazioni derivanti dalla violazione di specifiche norme o principi giuridici preesistenti ricadono nell’ulteriore categoria degli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico, cui pure la medesima norma allude. Piuttosto che obbligazioni di natura contrattuale le si dovrebbe insomma definire obbligazioni ex lege.
La questione sembra avere, in verità, un valore essenzialmente classificatorio, giacché in linea generale il regime cui sono soggette tali obbligazioni ex lege non si discosta da quello delle obbligazioni contrattuali in senso stretto. Ma, comunque, tenuto conto del carattere assai vago della definizione adoperata per individuare siffatta ulteriore categoria di obbligazioni (essendosi peraltro i redattori del vigente codice civile espressamente rifiutati sia di ripetere la preesistente espressione di obbligazioni derivanti dalla legge, sul presupposto che tutte le obbligazioni si fondano sulla legge, sia di evocare le antiche figure del quasi contratto e del quasi delitto, prive di un reale contenuto determinato), e considerate le difficoltà in cui la stessa dottrina si è sempre trovata nell’interpretare questa espressione normativa (che taluno non ha esitato a definire “sgangherata”), appare probabilmente preferibile circoscriverne la portata alle sole obbligazioni che con sicurezza ne costituiscono la base storica: quelle integranti la cosiddetta responsabilità da fatto lecito – in primis la responsabilità derivante dalla gestione di affari altrui o dall’arricchimento privo di causa – la quale né presuppone 1’inesatto adempimento di un obbligo precedente (di fonte legale o contrattuale che sia) né dipende da comportamenti illeciti in danno altrui».
Giorgio Vanacore
Avvocato in Napoli
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