La rinunzia alla proposta concordataria conduce alla dichiarazione di improcedibilità; ciò, tuttavia, non significa, nè implica che il procedimento di concordato preventivo venga in modo automatico a cessare per effetto di una compiuta rinunzia. Quest’ultima non esclude, nè invero elimina, il fatto costitutivo del potere di iniziativa del P.M. L. Fall., ex art. 173; con la conseguenza che la richiesta di fallimento formulata dal P.M. – dopo la rinuncia del debitore e prima della dichiarazione di improcedibilità da parte del Tribunale – mantiene comunque la propria efficacia anche oltre tale dichiarazione, ponendosi quale valida iniziativa per una successiva ed eventuale dichiarazione di fallimento del debitore rinunciatario della domanda di concordato.
Cassazione civile sez. I, 07/12/2020, n.27936
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28728/2015 proposto da:
Fallimento (OMISSIS) s.p.a., in persona dei curatori avv.
L.B. e avv. R.G., elettivamente domiciliato in Roma,
largo Giuseppe Toniolo n. 6, presso lo studio dell’avvocato Umberto
Morera, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Roberto
Sacchi, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via della Giuliana n. 44, presso
lo studio dell’avvocato Marco De Fazi, che la rappresenta e difende,
giusta procura in calce alla memoria di costituzione di nuovo
difensore;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
Fallimento (OMISSIS) s.p.a., in persona dei curatori avv.
L.B. e avv. R.G., elettivamente domiciliato in Roma,
largo Giuseppe Toniolo n. 6, presso lo studio dell’avvocato Umberto
Morera, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Roberto
Sacchi, giusta procura in calce al controricorso al ricorso
incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
contro
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano,
Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione Roma;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4133/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 29/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
21/07/2020 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
FATTI DI CAUSA
1.- Nell’agosto 2014, la s.p.a. (OMISSIS) ha presentato una domanda di concordato preventivo, che è stata ammessa dal Tribunale di Milano. Nel depositare la relazione L. Fall., ex art. 173, i commissari giudiziali hanno peraltro chiesto, ai sensi della L. Fall., art. 173, che la procedura venisse revocata.
Nell’udienza fissata per la discussione della questione, la (OMISSIS) ha dichiarato di avere nel frattempo rinunciato alla domanda di concordato preventivo, di cui appunto si discuteva; nel contempo, essa ha annunciato di avere presentato una nuova domanda di concordato ai sensi della L. Fall., art. 161. Sempre in sede di udienza il P.M. ha chiesto la dichiarazione di fallimento della (OMISSIS).
2.- Con pronunce depositate nel giugno 2015, il Tribunale di Milano ha revocato il provvedimento di ammissione al concordato; ha ritenuto l’inammissibilità della nuova domanda di concordato preventivo; e ha dichiarato il fallimento della (OMISSIS).
La s.p.a. (OMISSIS) ha proposto reclamo L. Fall., ex art. 18. Con sentenza depositata in data 29 ottobre 2015, la Corte di Appello di Milano ha parzialmente accolto l’impugnazione: nel senso che, da un lato, ha revocato la sentenza dichiarativa del fallimento (cfr. appena infra, n. 3); dall’altro, ha respinto l’ulteriore gravame, che era stato proposto contro la dichiarazione di inammissibilità della nuova domanda di concordato preventivo (cfr. n. 4).
3.- La Corte milanese ha in particolare rilevato che, “nella specie, la richiesta di fallimento, in accoglimento della quale il Tribunale ha dichiarato il fallimento, è stata presentata dal P.M. all’udienza del 28 maggio 2015 fissata L. Fall., ex art. 173, dopo che il precedente 25 maggio 2015 aveva depositato atto di rinuncia alla domanda. Ne consegue che, al momento della presentazione della richiesta, la procedura di concordato, e quindi il subprocedimento di revoca, non era più pendente per essere venuto meno il suo presupposto, e cioè la domanda della debitrice”. “La rinuncia della domanda” si è precisato – “non richiede l’adozione di forme particolari ed è immediatamente efficace anche senza accettazione delle controparti”.
Sulla base di queste premesse, il giudice del merito ha ritenuto che “nella specie era venuta meno la speciale legittimazione a presentare la richiesta di fallimento del Pubblico Ministero riconosciuta dalla L. Fall., art. 173, il quale presuppone la diversa fattispecie della pendenza della procedura concordataria e della revoca dell’ammissione del debitore a detta procedura fondata sul positivo riscontro di quanto riferito dal commissario giudiziale”. E ha rilevato conclusivamente che, “non essendo la comunicazione ex art. 173, comma 2… e nemmeno la comunicazione L. Fall., ex art. 161, riconducibili alla segnalazione del giudice civile di cui alla L. Fall., art. 7, la dichiarazione di fallimento ciononostante emessa” – “vale a dire in assenza di una valida domanda di fallimento” – dev’essere “revocata”.
4.- La Corte milanese ha invece condiviso l’avviso del Tribunale là dove questo ha ritenuto la proposizione di una nuova, e ulteriore, domanda di concordato comportamento nel concreto “strumentale, finalizzato a procrastinare i tempi di soddisfacimento del ceto creditorio, con conseguente lesione dei relativi diritti”.
“Non sono state indicate dalla reclamante” – si è osservato – “le plausibili ragioni che avrebbero potuto giustificare la presentazione di una nuova domanda di concordato, atteso che sul punto la società si è limitata a enunciazioni del tutto generiche e anche contraddittorie”.
“Nella presentazione di questa seconda domanda di concordato con riserva” – si è in conclusione sintetizzato – “è ravvisabile la fattispecie di abuso del diritto e, in particolare, dello strumento concordatario”.
5.- Avverso questa pronuncia ricorre il Fallimento della s.p.a. (OMISSIS), chiedendone la cassazione sulla base di due motivi.
Resiste la s.p.a. (OMISSIS) con controricorso pure contenente ricorso incidentale condizionato.
Il ricorrente principale ha ritenuto di depositare controricorso avverso il ricorso incidentale.
Le Procure sono rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6.- I motivi formulati dal ricorso principale risultano intestati nei seguenti termini.
Primo motivo: “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 173”.
Secondo motivo: “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 162″.
7.- Il ricorso incidentale a sua volta assume violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, L. Fall., art. 161”.
8.- Con il primo motivo, il ricorrente principale sostiene che la Corte del merito ha errato nel ritenere che, una volta avvenuto il “deposito di atto di rinuncia alla domanda di concordato preventivo, il procedimento di concordato e il sub-procedimento di revoca non sono più pendenti”.
“Se si accoglie la tesi” – così si è rilevato – “secondo la quale l’inizio del procedimento L. Fall., ex art. 173, preclude le modifiche alla proposta di concordato preventivo, è chiaro” che, in tale evenienza, risulta preclusa anche la rinunzia alla domanda e alla proposta”.
A ritenere che la “rinuncia alla domanda di concordato consente al tribunale solo di prendere atto della stessa”, senza nemmeno potere accertare il carattere abusivo della nuova domanda di concordato, sul piano sostanziale – si aggiunge, per altro verso – “si legittimerebbero gravi abusi” e inaccettabili.
9.- Il motivo merita di essere accolto, secondo i termini che qui in appresso vengono indicati, in linea di continuità con quanto già riscontrato dai recenti arresti di Cass. 14 maggio 2019, n. 12855 e di Cass., 23 ottobre 2019, n. 27200.
Non può invero ritenersi condivisibile la soluzione, che è stata fatta propria dalla Corte milanese e secondo la quale la rinuncia alla domanda di concordato da parte del debitore viene a paralizzare ogni potere di iniziativa del P.M. rispetto a ravvisati fatti di frode: sia all’interno del procedimento di revoca, di cui alla L. Fall., art. 173, sia pure con riferimento al generale potere di iniziativa pubblica L. Fall., ex art. 7.
Una simile soluzione si manifesta, in effetti, come sostanzialmente equivalente all’affermazione che, in materia, il potere di iniziativa del P.M. rimane in realtà soggetto, e subordinato, a un (preteso) potere dispositivo della parte privata che è rappresentata dal debitore.
10.- Vero è che la rinunzia alla proposta concordataria conduce alla dichiarazione di improcedibilità; ciò, tuttavia, non significa, nè implica che il procedimento di concordato preventivo venga in modo automatico a cessare per effetto di una compiuta rinunzia.
Quest’ultima non esclude, nè invero elimina, il fatto costitutivo del potere di iniziativa del P.M. L. Fall., ex art. 173, come appunto determinato dalla ravvisata sussistenza di fatti di frode nella fattispecie concretamente oggetto di giudizio. Con la conseguenza che la richiesta di fallimento formulata dal P.M. – dopo la rinuncia del debitore e prima della dichiarazione di improcedibilità da parte del Tribunale – mantiene comunque la propria efficacia anche oltre tale dichiarazione, ponendosi quale valida iniziativa per una successiva ed eventuale dichiarazione di fallimento del debitore rinunciatario della domanda di concordato.
11.- Il potere d’iniziativa del P.M., di cui alla L. Fall., art. 173, comma 2, si pone – va in proposito ancora osservato – come specificamente espressivo, per una fattispecie peculiare (data appunto dalla ravvisata esistenza di atti di frode), del potere di iniziativa che in via generale è configurato dalla norma della L. Fall., art. 7.
Tra le due disposizioni intercorre, dunque, una sicura linea di continuità, come manifestata dall’oggettiva identità di ratio che risulta sottesa alle diverse ipotesi di potere di iniziativa del P.M. (cfr., sul punto, già la pronuncia di Cass., 13 aprile 2017, n. 9574).
Ne deriva, da un lato, che la sentenza della Corte milanese cade in errore anche là dove assume che la fattispecie costitutiva del potere di cui all’art. 173, è “non riconducibile” a quella generale di cui all’art. 7. Dall’altro, che anche riguardo all’ipotesi di cui alla norma dell’art. 173, vale quanto sviluppato dalla giurisprudenza di questa Corte con diretto riferimento alla tema della L. Fall., art. 7: “una volta venuto meno il potere del tribunale di dichiarare officiosamente il fallimento”, la ratio dell’intervento normativo “è chiaramente nel senso di estendere la legittimazione del P.M. alla presentazione della richiesta, in tutti i casi nei quali l’organo abbia istituzionalmente appreso la notitia decoctionis”. (Cass. 25 agosto 2917, n. 20400; Cass., 5 ottobre 2015, n. 19797).
12.- Non è di ostacolo alla compiuta rilevazione della continuità sistematica, che è sussistente tra la previsione generale del potere di iniziativa assegnato al P.M. dalla L. Fall., art. 7 e quella contenuta nella L. Fall., art. 173 – appare opportuno aggiungere inoltre -, la constatazione che, in quest’ultimo caso, detto potere non risulta condizionato alla presenza in concreto da una qualche segnalazione da parte del Tribunale, secondo quanto invece accade nella previsione di tratto generale.
Nel caso contemplato nella L. Fall., art. 173 (e non diversamente avviene in quello considerato nella L. Fall., art. 162, comma 2), la notitia decoctionis emerge nell’ambito di un procedimento in cui il P.M. partecipa a pieno e proprio titolo: qui è, dunque, la concreta dinamica del procedimento a farsi, essa stessa, “segnalazione” di un’esistente insolvenza.
13.- L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale comporta assorbimento del secondo motivo del medesimo ricorso.
14.- Il ricorso incidentale sostiene che la Corte milanese ha errato nel ritenere “abusiva” la nuova domanda di concordato, che è stata presentata dalla s.p.a. (OMISSIS) in appendice alla rinuncia della prima. Tale soluzione – si assume – si pone in “palese contraddizione” con la disciplina positivamente vigente.
“Il presupposto della non ammissibilità non è richiesto dalla legge perchè i termini di cui alla L. Fall., art. 161, comma 6, possano essere concessi, a fronte del deposito di un ricorso di preconcordato”: la fattispecie di cui della L. Fall., art. 161, comma 9, “esaurisce lo spettro dei divieti specificamente previsti dalla legge in materia”; nè questa ricorre nella specie, posto che la precedente domanda era ben stata ammessa alla procedura concordataria. “L’abusività” – si precisa altresì – “semmai va valutata con riferimento alla domanda definitiva depositata nel rispetto dei termini concessi, posto che è solo con la presentazione del piano e della domanda piena che può verificarsi la lesione di diritti soggettivi di terzi”.
15.- Il motivo proposto dal ricorrente incidentale non merita di essere accolto.
La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso di ritenere soggetta al limite dell’abuso il potere del debitore di fare ricorso alla procedura di concordato preventivo (cfr., tra le pronunce più recenti, Cass., 12 marzo 2020, n. 7117; Cass., 11 ottobre 2018, n., 25210; Cass., 7 marzo 2017, n. 5677).
Nè può ritenersi che la norma della L. Fall., art. 161, comma 9, come specificamente relativa all’ipotesi di concordato con riserva, valga – per questa particolare eventualità – a sostituire, o a cancellare, la rilevanza di una domanda concordataria che in sè stessa si manifesti abusiva. L’abuso del diritto (sub specie, qui, di abuso del processo) è figura generale del nostro sistema, che viene a configurarsi come limite immanente all’agire dei privati e all’esercizio delle facoltà loro commesse.
La norma della L. Fall., art. 169, comma 9, risulta intesa, piuttosto, a porre un freno d’ordine generale per il ricorso a uno strumento che, in sè stesso, appare non privo di aspetti idonei a favorire utilizzi di tratto propriamente dilatorio (cfr. Cass. SS.UU., 15 maggio 2015, n. 9935); di certo non esclude, pertanto, la possibilità che – a livello di singola fattispecie concreta – si rinvengano comunque gli estremi per dichiarare una domanda di concordato inammissibile per abusività.
Non si palesa poi alcuna ragione – si deve ancora segnalare in proposito – per attendere la presentazione del piano per dichiarare l’abusività di una domanda di concordato in bianco, laddove già la proposizione di una tale domanda palesi, “fin da quel frangente”, tratti evidenti di abusività (cfr. Cass., n. 7117/2020), secondo quanto per contro invoca il ricorrente incidentale. Una attesa di tal tipo equivarrebbe, in effetti, alla concessione di una dilazione (quantomeno) inutile.
16.- In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento del secondo; va respinto il ricorso incidentale. Di conseguenza, va cassata la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Milano che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo. Respinge il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Milano che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
Dà atto, ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2020