In tema di TFR, l’espressione “non soggetto alle disposizioni del R.D. 16 marzo 1942 n. 267”, di cui all’art. 2, comma 5 della L. 29 maggio 1982 n. 297, va interpretata nel senso che l’azione nei confronti del Fondo di garanzia dell’Inps deve trovare ingresso laddove il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi perché appartenente ad una categoria di imprenditori non sottoponibili neanche “in abstracto” ad una procedura concorsuale, vuoi perché, in concreto, il fallimento non è o non è più esperibile per ragioni oggettive.

Cass. civ. Sez. lavoro, 28/04/2020, n. 8259

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26731/2018 proposto da:

G.F., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO ARCELLA;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2042/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 24/07/2018 r.g.n. 2522/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2019 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ROBERTO ARCELLA;

udito l’Avvocato MARIA PASSARELLI per delega verbale Avvocato ANTONIETTA CORETTI.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 24 luglio 2018, la Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione resa dal Tribunale di Napoli e rigettava la domanda proposta da G.F. nei confronti dell’INPS, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto del primo al pagamento, da parte del Fondo di Garanzia di cui alla L. n. 297 del 1982, istituito presso l’INPS, di somme non corrisposte dal datore di lavoro inadempiente a titolo di TFR, di stipendi per i mesi da gennaio a maggio 2009, di tredicesima mensilità per l’anno 2008, somme già riconosciute al G. all’esito dell’azione monitoria dallo stesso promossa.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non dovuto l’intervento del Fondo di Garanzia per difetto alla data della domanda amministrativa del complesso dei requisiti necessari tra i quali annovera la dichiarazione di insolvenza proveniente dal Tribunale fallimentare, al quale va riconosciuta in via esclusiva la relativa competenza, da escludersi, viceversa, in capo al giudice del lavoro, che non potrebbe conoscerne neppure in via incidentale ove allegati e provati dall’istante gli elementi di fatto a ciò rilevanti e dunque soccombente il G. e tenuto al pagamento delle spese di lite, stante l’invalidità della dichiarazione resa ai fini dell’esonero ex art. 152 disp. att. c.p.c..

Per la cassazione di tale decisione ricorre il G., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS. Entrambe le parti hanno poi presentato memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della L. n. 297 del 1982, art. 2 e della L. Fall., art. 15, il ricorrente lamenta la non conformità a diritto dell’orientamento accolto dalla Corte territoriale per cui il lavoratore che intenda accedere al Fondo di Garanzia per il pagamento del TFR sarebbe gravato dell’onere di provocare, in anticipo rispetto alla presentazione della domanda in via amministrativa, una pronunzia del Tribunale fallimentare quale unico giudice competente in ordine alla fallibilità del datore di lavoro inadempiente, adducendo in particolare il contrasto con la previsione di cui alla L. Fall., art. 15, che qualifica come ipotesi di non fallibilità, con esclusione della stessa dall’ambito di efficacia della disciplina in materia, il risultare dagli atti dell’istruttoria prefallimentare l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati complessivamente inferiore ad Euro trentamila.

Nel secondo motivo la medesima censura è prospettata sotto il profilo dell’irrilevanza ai fini della sussistenza del requisito dell’insolvenza legittimante l’intervento del Fondo di Garanzia dell’acquisizione della prova del predetto requisito, data dalla dichiarazione di insolvenza emessa dalla sezione fallimentare del Tribunale di Napoli, successivamente alla presentazione della domanda amministrativa.

Con il terzo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76 e art. 115 c.p.c., il ricorrente lamenta la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale in ordine all’invalidità, ai fini dell’esonero dalla condanna alle spese di lite della dichiarazione reddituale limitata all’indicazione del reddito personale senza riferimento alcuno al reddito familiare, adducendo che, in base alla formulazione delle norme invocate, la limitazione della dichiarazione all’indicazione prioritaria del reddito personale vale a fondare la presunzione dell’assenza di familiari conviventi con esclusione dell’onere di indicare il reddito relativo.

I primi due motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente sono meritevoli di accoglimento.

Benchè questa Corte abbia recentemente affermato che la verifica da parte del tribunale fallimentare della non assoggettabilità a fallimento dell’imprenditore, L. Fall., ex art. 15, u.c., costituisca un presupposto necessario, unitamente alla insufficienza delle garanzie patrimoniali a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata, per l’accesso alle prestazioni del Fondo per il pagamento del TFR e dei crediti di lavoro di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2 (Cass. nn. 21734 del 2018, cui ha dato continuità Cass. n. 3667 del 2019), reputa il Collegio che l’anzidetto orientamento non possa essere condiviso in ragione del principio generale desumibile dalla previsione di cui all’art. 34 c.p.c., secondo cui il giudice adito procede in via incidentale a tutti gli accertamenti preliminari rispetto alla risoluzione della controversia pendente innanzi a sè, salvo che, “per legge o per esplicita domanda di una delle parti”, sia necessario “decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene alla competenza per materia o per valore alla competenza di un giudice superiore”, nel qual caso “rimette tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a lui”.

Va premesso, al riguardo, che questa Corte ha ormai consolidato il principio di diritto secondo cui le prestazioni erogate dal Fondo di garanzia gestito dall’INPS hanno natura previdenziale e non retributiva (così, tra le più recenti, Cass. n. 25016 del 2017): si tratta infatti di obbligazioni affatto autonome rispetto a quelle gravanti sul datore di lavoro e inserite nell’ambito di un rapporto assicurativo contributivo-previdenziale, ancorchè nella loro misura coincidenti, per ciò che specialmente riguarda il TFR, con le obbligazioni di cui è debitore il datore di lavoro, di talchè il loro sorgere è connesso ad un fatto costitutivo differente rispetto a quello che ne media la genesi nell’ambito del rapporto di lavoro.

Più precisamente, per ciò che riguarda il pagamento del TFR (rectius: della prestazione previdenziale modulata sul TFR spettante al lavoratore assicurato), tale fatto costitutivo consiste non già nella cessazione del rapporto di lavoro, ma nel verificarsi dei presupposti previsti dalla L. n. 297 del 1982, art. 2, che sono rispettivamente, da un lato, la verifica del credito del lavoratore mediante l’insinuazione al passivo del fallimento del datore di lavoro (art. 2, commi 2 e segg.) e, dall’altro lato, qualora il datore di lavoro non sia soggetto alle disposizioni della legge fallimentare, il previo esperimento dell’esecuzione forzata per la realizzazione del credito, da cui risulti l’insufficienza, totale o parziale, delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro stesso (art. 2, comma 5).

Con riguardo a tale ultima fattispecie, che è quella che rileva ai fini del presente giudizio, questa Corte ha precisato che l’espressione “non soggetto alle disposizioni del R.D. 16 marzo 1942, n. 267”, di cui all’art. 2, comma 5, cit., va interpretata nel senso che l’azione nei confronti del Fondo di garanzia deve trovare ingresso quante volte il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi perchè appartenente ad una categoria di imprenditori non sottoponibili neanche in abstracto ad una procedura concorsuale, vuoi perchè, in concreto, il fallimento non è o non è più esperibile per ragioni oggettive (cfr. fra le più recenti, Cass. n. 24767 del 2017), tra le quali rilevano adesso quelle di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2, nel testo modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 1, comma 1.

Ciò premesso, è evidente che, rispetto alla domanda giudiziale concernente la prestazione previdenziale cui è tenuto il Fondo di garanzia, la verifica della non assoggettabilità del datore di lavoro alle procedure concorsuali costituisce una tipica questione pregiudiziale in senso logico, che nessuna norma di legge impone che debba essere definita con efficacia di giudicato; di più, è una questione che nessuna delle parti del processo potrebbe validamente chiedere che sia decisa con efficacia di giudicato, dal momento che, svolgendosi la controversia previdenziale tra il lavoratore assicurato e l’ente previdenziale chiamato al pagamento ed essendo il datore di lavoro terzo estraneo a tale vicenda, l’accertamento che in essa dovesse essere compiuto circa la sua non assoggettabilità a fallimento non potrebbe mai far stato nei suoi confronti, in considerazione dei limiti soggettivi del giudicato stesso.

Non induce a diverse conclusioni l’argomentazione di Cass. n. 21734 del 2018, cit., che, al fine di affermare il necessario previo adito del giudice fallimentare, valorizza la circostanza che determinate situazioni che in concreto legittimerebbero l’esclusione della procedura concorsuale (quali, nel caso ivi deciso, “una soglia di rilevanza dell’insolvenza riferita all’indebitamento complessivo dell’impresa e non alla posizione del creditore istante per il fallimento”) possono essere accertate soltanto in sede fallimentare, cioè con il concorso degli altri creditori: questo è piuttosto un problema di prova, nel senso che, ad es., non si potrebbe ritenere provata la non assoggettabilità a fallimento di un imprenditore commerciale sulla base della mera allegazione, da parte del lavoratore assicurato che chieda l’intervento del Fondo, di un credito di importo inferiore alla soglia definita dalla L. Fall., art. 15, u.c.; in questo senso, anzi, va senz’altro rimarcato che il lavoratore assicurato, che adducendo una situazione di concreta non assoggettabilità al fallimento del proprio datore di lavoro chieda l’intervento del Fondo di garanzia, resta pur sempre onerato della prova delle circostanze costitutive del fatto che ha dato luogo al sorgere del rapporto previdenziale, tra le quali appunto la non assoggettabilità a fallimento del proprio datore di lavoro, sia essa predicabile in abstracto o in concreto, e il mancato o insufficiente assolvimento di tale onere non potrà che comportare il rigetto della domanda.

Vanno, pertanto, accolti il primo e secondo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento del terzo e la sentenza impugnata cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo, altresì, per regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2020