In caso di vendita coattiva immobiliare effettuata direttamente dal giudice delegato del fallimento, è valida anche l’offerta ribassata per non oltre un quarto rispetto al prezzo fissato nella relativa ordinanza, potendo allora il predetto giudice, in caso di unicità di offerta, aggiudicare il bene a tale offerente, ove sussistano i presupposti di cui all’art. 572 c.p.c., comma 3 novellato, applicabile ratione temporis, in particolare dando conto che non ricorre seria possibilità di conseguire un prezzo superiore per effetto di una nuova vendita, secondo i limiti di compatibilità dell’istituto, che costituisce un elemento normativo integrante il provvedimento. Cassazione civile sez. I, 26/08/2021, n.23486
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CRISTIANO Magda - Presidente - Dott. VANNUCCI Marco - Consigliere - Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere - Dott. VELLA Paola - Consigliere - Dott. AMATORE Roberto - Consigliere - ha pronunciato la seguente: SENTENZA Sul ricorso 2645-2018 proposto da: L.M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, Via Ulpiano n. 29, presso lo studio dell'avvocato SIMONA SICILIANI, simonasiciliani.ordineavvocatiroma.org, che la rappresenta e difende con procura speciale a margine del ricorso; - ricorrente - contro F.G.; FALLIMENTO (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS), nonché dei soci illimitatamente responsabili F.A. e F.G., in persona del curatore p.t.; - intimati - per la cassazione del decreto Trib. Taranto 20.12.2017, in R.G. 3712/1986; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 25 marzo 2021 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro; sentito il Pubblico Ministero nella persona del sost. Proc. gen. Dott. Nardecchia Giovanni Battista, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria del ricorrente e sentito l'avvocato Siciliani; a seguito della discussione orale della causa ai sensi della L. n. 176 del 2020, art. 23, comma 8 bis.
Rilevato che:
1. L.M.F. impugna il decreto Trib. Taranto 20.12.2017, in R.G. 3712/1986 che ha accolto il reclamo proposto da F.G. avverso il provvedimento di aggiudicazione del lotto n. (OMISSIS) emesso il 11 maggio 2017 dal giudice delegato del fallimento (OMISSIS) S.N.C. (OMISSIS), nonché degli stessi quali soci illimitatamente responsabili;
2. ha premesso il tribunale che: a) F.G., a ministero dell’avvocato Amleto Massimo, aveva chiesto la revoca dell’aggiudicazione immobiliare, disposta dal giudice delegato, in favore di L., invocandone l’annullamento L.Fall., ex art. 108; b) l’originaria ordinanza di vendita (dell’8 marzo 2017) fissava il prezzo dell’offerta quale non inferiore a quello indicato dallo stesso giudice emittente, pena l’esclusione dell’offerente dalla gara stessa; c) solo per l’ipotesi di pluralità di offerte era stata previsto, sulla “più alta” di esse e benché “inferiore, rispetto al prezzo base d’asta in misura non superiore ad un quarto”, di procedere a gara;
3. il tribunale ha così ritenuto accoglibile il reclamo, poiché l’aggiudicazione era stata disposta in favore di un singolo offerente per un prezzo inferiore a quello base e pur se per meno di un quarto, la circostanza apparendo sufficiente per dirsi violata la lex specialis del procedimento, fissata dal giudice stesso;
4. con il ricorso, su due motivi, L. deduce: a) (primo motivo) violazione dell’art. 301 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, poiché il procedimento di vendita, per come concluso ai sensi della L.Fall., art. 26 con l’accoglimento del reclamo avverso l’aggiudicazione, conseguiva da un’attività processuale svolta da un avvocato, difensore del reclamante, privo dello jus postulandi, per via del provvedimento sospensivo subito con effetti dal 9 ottobre 2017 (data della notifica) sino al 9 dicembre 2017, dovendosi al riguardo considerare la comparizione all’udienza del 25 ottobre 2017 avanti al tribunale collegiale; b) (secondo motivo) violazione dell’art. 572 c.p.c., comma 3, avendo erroneamente il tribunale trascurato che l’aggiudicazione diretta a prezzo ribassato – quale modalità prevista dalla norma – era stata dal giudice motivata, sull’assenza di pregiudizio del debitore, per via della unicità dell’offerta e l’avvenuto esperimento infruttuoso di altre vendite, tenuto conto che il prezzo-base era lo stesso dell’incanto precedente;
5. a seguito dell’adunanza non partecipata 2 luglio 2019, con ordinanza interlocutoria n. 20270/2019 il Collegio della Prima Sezione civile ha rinviato la causa alla pubblica udienza, tematizzando le questioni poste da entrambi i riportati motivi.
Considerato che:
1. la prima questione di particolare rilevanza appare rimessa in relazione alla necessità o meno che l’interruzione del processo, conseguente alla sospensione dall’albo dell’unico legale della parte, si fondi su un concreto pregiudizio arrecato al diritto di difesa ovvero operi quale mero riflesso automatico dell’evento anomalo di cui all’art. 301 c.p.c.;
2. nella vicenda, la sospensione dall’albo professionale dell’avvocato della intimata (nel merito reclamante L.Fall., ex art. 26 avanti al tribunale ed ivi parte vincitrice) non risulta allegata avanti al tribunale, né tantomeno dichiarata, comunicata ovvero notificata, mentre la relativa eccezione emerge unicamente quale motivo di impugnazione odierna della parte diversa da quella colpita da detto evento anomalo; che, va premesso, appare in ogni caso rilevante nella fattispecie, poiché intervenuto nel corso di un’attività processuale specifica disposta dal tribunale, che infatti, nel bimestre di preclusione giuridica all’esercizio della professione (e del conseguente assolvimento del mandato), aveva disposto la comparizione delle parti, all’apparenza prodottasi proprio con la partecipazione del professionista sospeso avvocato Amleto Massimo;
3. in realtà, nella materia, opera il principio (costante sin da Cass. 8720/1998, 7339/2002, 3519/2004) per cui “la morte come la radiazione o la sospensione dall’albo dell’unico difensore a mezzo del quale la parte è costituita nel giudizio di merito… determina automaticamente l’interruzione del processo anche se il giudice e le altri parti non ne hanno avuto conoscenza (e senza, quindi, che occorra, perché si perfezioni la fattispecie interruttiva, la dichiarazione o la notificazione dell’evento), con preclusione di ogni ulteriore attività processuale, che, se compiuta, è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza, con la conseguenza che la nullità della sentenza di appello potrà essere dedotta e provata per la prima volta nel giudizio di legittimità a norma dell’art. 372 c.p.c.” (Cass. 3459/2007); e tuttavia tale nullità – come condivisibilmente riconosciuto anche dal Procuratore generale nella requisitoria – può essere fatta valere (senza che la vicenda sospensiva se ne differenzi come presupposto) “ma solo dalla parte colpita dal predetto evento, a tutela della quale sono poste le norme che disciplinano l’interruzione, non potendo quest’ultima essere rilevata d’ufficio dal giudice, né eccepita dalla controparte come motivo di nullità della sentenza” (Cass. 26319/2006, 25234/2010, 1574/2020, 21359/2020); va solo rilevato che anche l’impugnazione avanti a questa Corte risulta effettuata direttamente in capo all’originario fallito reclamante, vittorioso nel giudizio di reclamo da cui è scaturito il decreto impugnato, ma non costituitosi in sede di legittimità; quanto complessivamente osservato rende inammissibile il primo motivo;
4. il secondo motivo è fondato; costituisce principio pacifico nella giurisprudenza della espropriazione forzata l’elevazione della ordinanza programmatoria della vendita quale lex specialis, in applicazione del canone della “necessaria immutabilità delle iniziali condizioni del subprocedimento di vendita, da ritenersi di importanza decisiva nelle determinazioni dei potenziali offerenti e, quindi, del pubblico di cui si sollecita la partecipazione, perché finalizzata a mantenere – per l’intero sviluppo della vendita forzata – l’uguaglianza e la parità di quelle condizioni tra tutti i partecipanti alla gara, nonché l’affidamento di ognuno di loro sull’una e sull’altra e, di conseguenza, sulla trasparenza assicurata dalla coerenza ed immutabilità delle condizioni tutte” (Cass. 11171/2015); in particolare, risulta “inefficace l’offerta presentata con modalità difformi da quelle stabilite nell’ordinanza che dispone la vendita, a nulla rilevando che la difformità riguardi prescrizioni dell’ordinanza di vendita stabilite dal giudice di sua iniziativa, ed in assenza di una previsione di legge (Cass. 12880/2012);
5. l’accoglimento del reclamo, per quanto qui d’interesse, è appartenuto ad una vicenda temporalmente collocata in un’epoca in cui era già vigente la modifica dell’art. 572 c.p.c., comma 3, facoltizzante il giudice addetto alla vendita a riconformare la propria delibera sulle offerte rispetto alla rigidità dell’ordinanza di vendita, cioè motivatamente accettando anche quelle d’importo inferiore al prezzo in quella stabilito; ne risulta che, in particolare, si tratta di un potere ampliativo in senso discrezionale della fase della vendita stessa, condizionato in positivo da un’offerta inferiore che non oltrepassi, in diminuzione, il quarto del prezzo base” in negativo dall’assenza di istanze di assegnazione ex art. 588 c.p.c. (per le vendite coattive comuni) e strutturato su un onere provvedimentale di necessaria motivazione, dovendo il giudice che se ne avvalga dar conto che “non vi sia una seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita”; l’istituto è applicabile alla fattispecie, poiché il D.L. 27 giugno 2015, n. 83, art. 13, comma 1, lett. r) conv. nella L. 6 agosto 2015, n. 132, che lo ebbe a prevedere, ha riguardo – ai sensi dell’art. 23, comma 9 cit. legge di conversione – “anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto” e, se già fissata, la vendita “ha comunque luogo con l’osservanza delle norme precedentemente in vigore e le disposizioni di cui al presente decreto si applicano quando il giudice dispone una nuova vendita”; inoltre, l’adozione da parte del giudice delegato fallimentare del modulo liquidatorio codicistico appare presupposta dall’ordinanza qui impugnata, trattandosi di vendita direttamente effettuata dall’organo giudiziale, comunque potendosi pervenire – in difetto di elementi di contraddizione rispetto allo schema individuato anche dalla L.Fall., art. 107, comma 2 – al medesimo risultato di assicurata compatibilità con gli istituti delle vendite coattive ordinarie;
6. l’ordinanza di vendita, diligentemente riportata in ricorso e coerente con il testo ripreso nel decreto impugnato, contiene in realtà due affermazioni logicamente e redazionalmente avvinte da connessione laddove, per un verso, prescrive che il prezzo offerto non può essere inferiore a quello indicato dal giudice in quella sede, pena l’esclusione dell’offerente dalla gara e, per altro verso, con inequivoco riferimento proprio al dettato del novellato art. 572 c.p.c., comma 3, disciplina l’ipotesi della pluralità delle offerte, già indicando che alla competizione conseguente, in tal caso, si perverrà sulla base dell’offerta più alta, anche se inferiore a quella base, purché essa non scenda sotto la fascia massima di riduzione, e cioè un quarto; l’ordinanza di vendita appare dunque essersi conformata, già nel suo dato letterale, al nuovo testo della disposizione sulla deliberazione delle offerte, presupponendo e organizzando preventivamente la gara partendo da un’eventuale offerta, evidentemente ammessa e valida, sotto il minimo e di non oltre un quarto; la lettura più riduttiva fornita dal tribunale, per cui la validità della offerta sottosoglia sarebbe dipesa – con valutazione di ammissibilità ex post – solo dalla pluralità di offerte, invoca una scissione del potere discrezionale riconformativo menzionato, il quale invece – più correttamente – si estrinseca, con l’aggiudicazione motivata, in caso di offerta unica e con quella, automatica al miglior offerente, in caso di gara; in entrambi i casi, la modifica normativa s’impernia – con evidente intento acceleratorio del risultato di liquidazione giudiziale – sull’estensione della base degli interessati, prescrivendo una condizione qualificata di sufficienza economica dell’offerta, ancorché inferiore al prezzo minimo dell’ordinanza di vendita;
7. a tale esito interpretativo dell’istituto, per la sua novità, induce anche il precedente di questa Corte con cui, proprio con riguardo alla sopravvenuta modifica delle norme relative all’aggiudicazione a prezzo ribassato, ma relativamente ad un’ordinanza di vendita emessa prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 83 del 2015 e con aggiudicazione invece successiva alla novella in esame, si è deciso che “pur quando e nei limiti in cui sia applicabile per espressa opzione legislativa di disciplina transitoria… diviene parte del regime proprio del relativo sub procedimento solo se e quando richiamata nella sottesa ordinanza, ovvero imposta dall’esito della sua fondata impugnazione, attesa la necessaria immutabilità delle iniziali condizioni del sub procedimento di vendita, decisiva nelle determinazioni dei potenziali offerenti e, quindi, del pubblico di cui si sollecita la partecipazione, perché finalizzata a mantenere la parità di quelle condizioni tra i partecipanti alla gara in uno all’affidamento di ognuno di loro sulle stesse” (Cass. 24570/2018); può invero dirsi che nella fattispecie di causa l’indicato “richiamo” dell’istituto della offerta ribassata risulta tale sia perché intrinseco alla stessa ordinanza di vendita, nel suo congegno di funzionamento e proprio di un provvedimento emesso nella vigenza del novellato art. 572 c.p.c., sia perché oggetto di rinvio testuale – come riportato nella stessa pronuncia impugnata – la quale menziona il provvedimento del giudice delegato ove fa riferimento al “caso di più offerte valide” (pag.6), trascurando che però invero tra esse quel giudice si era riservato di individuare la “più alta e ciò anche se il prezzo offerto è inferiore, rispetto al prezzo base d’asta in misura non superiore ad un quarto”;
8. né appare condivisibile, alla luce proprio della ratio della disposizione normativa che, secondo il tribunale, sarebbe stata recepita solo parzialmente, la giustificazione della validità – par di comprendere – dell’offerta ribassata solo condizionatamente all’eventualità di concorrere con altre “sul ragionevole presupposto che la successiva gara avrebbe garantito il raggiungimento di un maggiore e più elevato prezzo di aggiudicazione” (pag. 6); si tratta di considerazione congetturale smentita dalla disciplina della competizione successiva, posto che l’art. 573 c.p.c. ne impone la celebrazione “in ogni caso” (comma 1), accanto alla dovuta aggiudicazione all’esito, dunque in favore del miglior successivo “prezzo offerto” e però anche (e perfino) se esso alla fine sia “inferiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita” (comma 4), potendo in tal caso il giudice sottrarsi alla vendita solo quando vengano presentate istanze di assegnazione;
9. né a diverse conseguenze potrebbe allora giungersi considerando che le condizioni partecipative fissate dal giudice della vendita coattiva possono solo giustapporsi o integrare quelle già normativamente disciplinate, senza però sovvertirle in punti essenziali che, come con chiarezza stabilisce il novellato art. 572 c.p.c., comma 3, stabiliscono con la riforma uno statuto di partecipazione alle aggiudicazioni pubbliche compiutamente codificato in termini di allargamento della platea degli interessati all’acquisto e di velocizzazione del rispettivo procedimento, in vista di un prevalente obiettivo a che il miglior prezzo si formi senza detrimento dell’interesse alla sua massimizzazione tanto per i creditori che per il debitore in un tempo ragionevole e ravvicinato; la norma, in altri termini, prende atto che l’astratto perseguimento del prezzo giusto va intermediata con la constatazione delle effettive accertate condizioni di interesse del mercato all’acquisto, per le quali il giudice del processo esecutivo è garante, nelle condizioni di trasparenza tipizzate ed in quelle che si è dato con i provvedimenti di programmazione liquidatoria, dell’assicurazione del più pronto risultato satisfattivo, che è invero la funzione dell’espropriazione forzata in generale;
10. ne consegue che la citata posizione dell’offerente sottosoglia non muta a seconda che vi sia una pluralità di offerte ovvero una sola, poiché mentre nel primo caso il giudice darà comunque corso alla gara fra tutti (con i limiti di aggiudicazione dell’art. 573 c.p.c., u.c., oggettivamente condizionati alle mancate istanze di assegnazione, nelle vendite coattive comuni), per l’appunto nella diversa ipotesi di unica offerta, il meccanismo attributivo è solamente non automatico, dipendendo, come anticipato, dall’esercizio di un potere discrezionale motivato; questo secondo punto, a sua volta, risulta pienamente integrato dal provvedimento del giudice delegato, nella specie reiettivo del ricorso di revoca dell’aggiudicazione domandata dal fallito ai sensi della L. Fall., art. 108 e, per quanto comprensibile, vertente solo sul discusso vizio di irregolarità dell’aggiudicazione;
11. infatti, per un verso, non appare contestato che l’immobile sia stato aggiudicato ad un prezzo inferiore a quello base, ma non per oltre un quarto di abbassamento; per altro verso, il giudice delegato ha motivatamente dato conto di conformarsi al precetto dell’art. 572 c.p.c., comma 3 mettendo in evidenza che proprio l’unicità dell’offerta e i previi numerosi esperimenti di vendita, l’ultimo dei quali – benché deserto, ma con prezzo riportato identico nell’ordinanza successiva e qui contestata – giustificavano una prognosi infausta (o non migliorativa) ove si fosse voluto proseguire con una nuova vendita; tanto appare sufficiente per rinvenire assolto il requisito della motivazione, in questa sede insuscettibile di censura (Cass. s.u. 8053/2014);
12. tale ultima constatazione rende a sua volta non rilevante affrontare in modo diretto il tema dell’interesse all’impugnazione del debitore, legittimato all’impugnazione solo ove alleghi un particolare pregiudizio ovvero di per sé, in forza della mera allegazione di un vizio di regolarità della procedura di vendita, essendo il profilo – pur invocato dal ricorrente ed analizzato dal Procuratore generale – assorbito dall’accoglimento della restante parte della censura;
13. conclusivamente, va pertanto enunciato il seguente principio di diritto: “in caso di vendita coattiva immobiliare effettuata direttamente dal giudice delegato del fallimento, è valida anche l’offerta ribassata per non oltre un quarto rispetto al prezzo fissato nella relativa ordinanza, potendo allora il predetto giudice, in caso di unicità di offerta, aggiudicare il bene a tale offerente, ove sussistano i presupposti di cui all’art. 572 c.p.c., comma 3 novellato, applicabile ratione temporis, in particolare dando conto che non ricorre seria possibilità di conseguire un prezzo superiore per effetto di una nuova vendita, secondo i limiti di compatibilità dell’istituto, che costituisce un elemento normativo integrante il provvedimento”;
il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, quanto al primo motivo, con accoglimento del secondo, con cassazione del decreto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decisione nel merito del ricorso originario, che va rigettato; ne consegue la condanna alle spese, anche per il giudizio avanti al tribunale, secondo la regola della soccombenza e liquidazione come meglio in dispositivo e solo a favore del ricorrente, tenuto conto del tenore delle difese del fallimento avanti al tribunale; sussistono i presupposti per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).
la Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa e, decidendo nel merito il ricorso di F.G. avverso il decreto di aggiudicazione immobiliare del giudice delegato del FALLIMENTO (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS), nonché dei soci illimitatamente responsabili F.A. e F.G., rigetta il medesimo; condanna l’intimato F.G. al pagamento delle spese del procedimento avanti al tribunale, liquidate in Euro 4.000, oltre a 200 Euro per esborsi, nonché al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge, compensando quelle fra l’attuale ricorrente ed il fallimento; condanna inoltre lo stesso F.G. al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in Euro 5.000, oltre a 200 Euro per esborsi, nonché al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2021