È noto, che negli ultimi due anni, su impulso della dottrina, la figura del danno non patrimoniale, come disegnato dall’art. 2059 c.c., abbia definitivamente subito anche presso la giurisprudenza un decisivo processo di rivalutazione, finendo con il ricomprendere nel suo ambito il danno cd. esistenziale (tra le moltissime, Cass. civ., 12 maggio 2003 nn. 7281, 7282 e 7283, id., 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828 e Corte Cost. 11 luglio 2003 n. 233; conformi, in seno alla giurisprudenza di merito, Trib. di Ancona, sezione di Jesi, ordinanza 3 marzo 2004, Trib. Torre Annunziata, 20 marzo 2002, Trib. Palermo, 8 giugno 2001, Trib. Locri, 6 ottobre 2001, Trib. Milano, 21 ottobre 1999, Pret. Roma 11 dicembre 1996, Trib. Torino, 8 novembre 1996, Giud. pace Chioggia, 21 febbraio 2004, Giud. pace Portici, 7 novembre 2003, Giud. pace Napoli, 20 ottobre 2003, Giud. pace Napoli, 22 settembre 2003, Giud. pace Roma, 12 maggio 2003, id., 11 luglio 2003).

Così, mentre nel corso degli anni ’80 e ’90, il danno biologico ed il cd. danno esistenziale venivano ricondotti nell’alveo del danno patrimoniale ex art. 2043 c.c., allo stato attuale se ne riconosce concordemente la natura non patrimoniale e si è concordi nell’individuare nel detto art. 2059 c.c. le seguenti tre sottospecie di danni non patrimoniali:
a) danno morale soggettivo, inteso quale transitorio turbamento della psiche del danneggiato, essenzialmente rappresentato dal danno civile da reato;
b) danno biologico, quale lesione dell’integrità psico – fisica della persona medicalmente apprezzabile;
c) danno da lesione di valori della persona di rango costituzionale diversi dall’integrità fisio – psichica (che autorevole dottrina qualifica esistenziale).
In proposito, come ha affermato la S.C. nella sentenza n. 8827/03 cit., che si allinea al suddetto orientamento, in virtù della ‘lata estensione della nozione di danno non patrimoniale’ si sono potuti superare gli angusti limiti della riserva di legge ex art. 2059 c.c. – che vuole risarcibili i soli danni non patrimoniali da reato –.
«Ciò che rileva – assume la Cassazione – ai fini dell’ammissione a risarcimento, in riferimento all’art. 2059, è l’ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, dal quale conseguano pregiudizi non suscettivi di valutazione economica. Venendo ora alla questione cruciale del limite al quale l’art. 2059 del codice del 1942 assoggetta il risarcimento del danno non patrimoniale, mediante la riserva di legge, originariamente esplicata dal solo articolo 185 c.p. . . . ritiene il collegio che, venendo in considerazione valori personali di rilievo costituzionale, deve escludersi che il risarcimento del danno non patrimoniale che ne consegua sia soggetto al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’articolo 185 c.p. (Cass., sent. 8827/03 cit.).
Il danno che si sta esaminando (cd. esistenziale, secondo autorevole dottrina) è stato, così, individuato nell’impedimento subito dalla vittima al compimento delle attività realizzatrici sue proprie, e si concreta nel «non poter più fare ciò che l’illecito ha impedito e nel dover fare ciò che l’illecito ha necessitato» (in tal senso, espressamente, Di Marzio, Il danno esistenziale nella giurisprudenza di merito e di legittimità, in Il Merito, Milano, 2004, fasc. 6, 3).
Pertanto, l’intima connessione del cd. danno esistenziale con i valori costituzionali (sulla quale ha insistito anche Corte Cost., sent. 233/2003 cit.), comporta che esso, al di fuori di ipotesi normative tipizzate, trovi il suo riconoscimento implicito nella clausola generale dell’art. 2 Cost., riconosciuto vera e propria fonte normativa aperta di tutela dei diritti fondamentali della persona.
Gli orientamenti citati al punto che precede sul cd. danno esistenziale confortano, anche nel caso di specie, la risarcibilità dello stesso, atteso che la giurisprudenza di merito, in special modo del giudice di pace, è apparsa, in ipotesi relative a vicende del vivere quotidiano, particolarmente sensibile al tema de quo.
Il risultato di quest’opera sapiente della giurisprudenza, in particolare del giudice di pace, è un’ampia panoramica su quelle che sono stati chiamati danni «microesistenziali».
Di essi, senza pretesa di completezza, può leggersi a proposito dei disagi causati da ritardi aerei, che di seguito si riportano, ovvero da disservizi causati da gestori telefonici, giusta le massime che di seguito si riportano.
Infatti, in talune sentenze sul punto viene in rilievo la lesione ad opera del danneggiante dei beni della serenità e tranquillità personale del soggetto leso: «La responsabilità civile del vettore aereo dei danni derivanti a un passeggero da un ritardo non è limitata al solo costo del biglietto ma può riguardare anche chances lavorative mancate e perdita della serenità personale» (Giud. pace Napoli, 27 novembre 2002).
Altrove, i giudici fanno espresso riferimento allo stato d’ansia, manifestatosi con segni esteriori: «Ha diritto al risarcimento del danno, da determinarsi in via equitativa, il passeggero di un treno, che a causa del ritardo accumulato, non dovuto a forza maggiore o a ragioni non imputabili al vettore, abbia subito un danno alla salute (nella specie, disturbo d’ansia generalizzata, senso di soffocamento e affaticamento, cardiopalma, tachicardia)» (Giud. pace Cassino, 28 febbraio 2001).
In altri casi, invece, si ritiene risarcibile lo stato di disagio: «E’ risarcibile, come conseguenza diretta dell’annullamento di un volo, il danno subito dal passeggero consistente nello stato di disagio per l’attesa subita e per i contrattempi venutisi a creare unitamente alla preoccupazione di non poter giungere in tempo a un appuntamento di lavoro» (Giud. pace Venezia – Mestre, 13 gennaio 1999, allegato n. 9 al fascicolo di parte).
In tema di disservizi causati da gestori telefonici, se è quando cagionino pregiudizi esistenziali degni di risarcimento, si legga un recente decisum del Giudice di pace di Roma, che ha affermato la natura esistenziale del danno da inadempimento nell’attivazione del servizio telefonico: «La ritardata attivazione del servizio telefonico è un inadempimento contrattuale da cui deriva un danno esistenziale, consistente, non solo nell’impossibilità di disporre subito del servizio, ma anche nei disagi che l’utente deve affrontare sia per provvedere diversamente sia per sollecitare la società ad adempiere» (Giud. pace Roma, 11 luglio 2003).
Giorgio Vanacore
Avvocato in Napoli

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