Il diritto all’equo indennizzo per la irragionevole durata di un processo non spetta all’ente condominiale che e’ preposto unicamente alla gestione della cosa comune in quanto l’eventuale patema d’animo conseguente alla pendenza del processo incide unicamente sui condomini che quindi sono titolari uti singuli del diritto al risarcimento. Il condominio, in quanto ente di gestione privo di personalita’ giuridica autonoma, è volto all’amministrazione e tutela delle cose comuni per le quali l’amministratore puo’ agire in virtu’ di delibera assembleare anche non totalitaria mentre per quanto concerne i diritti che i condomini vantano unicamente uti singuli, quale quello al risarcimento per l’ingiusta durata del processo, e’ necessario lo specifico mandato da parte di tutti i condomini – Cassazione Civile, Sezione I, 23 ottobre 2009 n. 22558
(Presidente Dott. Adamo Mario, relatore Dott. Zanichelli Vittorio)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Amministrazione ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha accolto il ricorso, con il quale e’ stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al Tribunale di Roma. Resiste l’intimato con controricorso illustrato con memoria. La causa e’ stata assegnata alla camera di consiglio in quanto sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Esaminando preliminarmente l’eccezione di nullita’ del ricorso per indeterminatezza dell’indicazione del provvedimento impugnato proposto dal condominio controricorrente se ne deve rilevare l’infondatezza in quanto, contrariamente all’assunto del medesimo, detto provvedimento e’ perfettamente e correttamente individuato con l’indicazione del giudice che lo ha emesso (Corte d’appello di Perugia), del numero di ruolo ((74/06) e delle date di deliberazione e deposito (24.10/26.1.2006).
Il primo motivo del ricorso con cui si deduce la nullita’ dell’atto introduttivo per violazione degli artt. 163, 164 e 83 c.p.c., in relazione alla mancata indicazione della persona che agiva per il condominio e che ha rilasciato la procura e’ inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo stato riportato il tenore dell’atto con conseguente impossibilita’ della Corte di valutare la fondatezza della censura.
Manifestamente fondato e’ invece il secondo motivo con cui si deduce la violazione degli artt. 1130 e 1131 c.c., in relazione al difetto di potere rappresentativo in capo all’amministratore del condominio in ordine al diritto fatto valere in giudizio (equo indennizzo ai sensi della L. n. 89 del 2001).
Premesso invero che il condominio e’ privo di personalita’ giuridica in quanto unicamente ente di gestione delle cose comuni e che l’amministratore puo’ agire in virtu’ della sola delibera assembleare anche non totalitaria a tutela della gestione delle stesse mentre per quanto concerne i diritti che i condomini vantano unicamente uti singuli e’ necessario lo specifico mandato da parte di tutti i condomini (giurisprudenza pacifica: ex multis Cassazione civile, sez. 2^, 26 aprile 2005, n. 8570), nella fattispecie insussistente, e che il difetto di legittimazione puo’ essere eccepito anche per la prima volta in sede di legittimita’ (Cassazione civile, sez. 2^, 13 marzo 2007, n. 5862), non vi e’ dubbio che il diritto all’equo indennizzo per la irragionevole durata di un processo non spetti all’ente condominiale che e’ preposto unicamente alla gestione della cosa comune in quanto l’eventuale patema d’animo conseguente alla pendenza del processo incide unicamente sui condomini che quindi sono titolari uti singuli del diritto al risarcimento.
L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione senza rinvio dell’impugnato decreto in quanto il processo non poteva essere iniziato per essere inammissibile l’atto introduttivo. Le spese del giudizio di merito possono essere compensate, atteso l’esito del medesimo, mentre quelle del giudizio di legittimita’ eseguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo, cassa senza rinvio il decreto impugnato in relazione al motivo accolto in quanto il processo non poteva essere iniziato per inammissibilita’ dell’atto introduttivo; compensa le spese del giudizio di merito e condanna il controricorrente alla rifusione in favore dell’Amministrazione delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 700,00, oltre spese prenotate a debito. Cosi’ deciso in Roma, il 27 maggio 2009. Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2009
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