Cassazione – Sezione seconda – ordinanza 28 gennaio – 8 giugno 2009, n. 13132
Presidente Settimj – Relatore D’Ascola

Fatto e diritto

La Corte d’appello di Cagliari sez. staccata di Sassari con sentenza del 15 giugno 2006 confermava la sentenza n. 1165/03 resa dal tribunale di Sassari l’8 settembre 2003 e rigettava il gravame proposto da L. F. avverso gli eredi di G. S., signori M. L. D. M., A. S. e An. S..
Rilevava che il tribunale aveva riconosciuto l’esistenza di un credito dell’ingiungente S. per prestazioni professionali consistenti nella progettazione di una porcilaia e opere rurali annesse, quantificando il credito sulla base di una lettera proveniente dallo stesso opponente, poi deceduto.
L. F. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 20/21 luglio 2007, svolgendo due censure.
Gli eredi S. sono rimasti intimati.
Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. F. ha depositato memoria.
Il primo motivo lamenta violazione dell’art. 2697 c.c. e 633 cpc. Formula il seguente quesito di diritto: In tema di contratto d’opera intellettuale, il professionista che agisca per ottenere il soddisfacimento dei crediti inerenti ad attività asseritamente prestata a favore del cliente, ha l’onere di provare sia l’an del credito vantato sia l’entità delle prestazioni eseguite, al fine di consentire la determinazione quantitativa del compenso, cosicché la parcella predisposta dal medesimo è priva di rilevanza probatoria nell’ordinario giudizio di cognizione?
Ed ancora: La parcella corredata dal parere espresso del Consiglio dell’Ordine ha, per il combinato disposto degli artt. 633 1 comma n. 3 e 636 1 comma cpc, valore di prova privilegiata e carattere vincolante per il giudice esclusivamente ai fini della pronuncia dell’ingiunzione o, per contro, costituisce semplice dichiarazione unilaterale del professionista anche nel successivo giudizio in contraddittorio introdotto dall’ingiunto con l’opposizione ex art. 645 cpc?
Il duplice quesito appare inconferente e non idoneo a portare a una soluzione della controversia che inverta il giudizio reso dal giudice d’appello. Esso presuppone che l’ingiunzione (concessa per importo di oltre 15 milioni di lire, ridotto dal tribunale) e le due conformi sentenze si siano basate solo sull’opinamento dell’ordine professionale in favore della parcella unilateralmente predisposta, ma così non è. La sentenza d’appello ha ribadito che i progetti redatti dal professionista sono stati prodotti e che essi non sono stati censurati “in ordine ad eventuali difetti”. Ha poi valorizzato la lettera omissis in cui il cliente rispondeva alla richiesta di compenso per otto milioni di lire, dichiarando che intendeva senz’altro procedere al saldo, ma che restava in attesa di “parcella regolarmente vistata” che giustificasse l’entità della somma richiesta. Ha infine considerato che il parere dell’Ordine, che recava importo “ben superiore agli otto milioni di lire”, alla luce della validità della progettazione, giustificava la pretesa. La Corte non ha quindi dato valore di prova privilegiata alla liquidazione dell’Ordine, ma ha legato insieme detto elemento con gli altri disponibili (validità del progetto e implicito riconoscimento contenuto della lettera S.), ditalché il quesito (come il motivo sottostante) non è congruo nel caso di specie, non vale cioè a far emergere una violazione della disposizione che regola il riparto dell’onere della prova.
Il secondo motivo denuncia contraddittorietà della motivazione “circa un fatto controverso del giudizio”. Come rilevato dal precedente relatore, il motivo è inammissibilmente formulato. In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiché secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. (SU n. 20603/07; 16528/08; 11652708; Cass. 4309/08; 16528/08).
Il motivo difetta di tale momento di sintesi e costringe inammissibilmente la Corte a enucleare quali siano i fatti su cui si concentra la critica.
La lettura del motivo peraltro non conforta la tesi della contraddittorietà della motivazione, la quale dal contenuto della missiva, unito agli elementi ricordati sub 1, ha tratto la convinzione che l’importo di otto milioni di lire inizialmente richiesto fosse da considerare riconosciuto e comunque dovuto in relazione al fatto che il cliente non negava la prestazione, ma resisteva alla quantificazione del compenso pretendendo una “parcella regolarmente vistata”. Di qui la tesi del tribunale che a fronte di un “visto” per importo addirittura doppio non vi fosse più luogo per qualsivoglia contestazione (“a tale dubbio risponde il tariffario professionale”, scrivono i giudici) e anzi la connessione tra riconoscimento dell’obbligo di dare un compenso e autorevolezza attribuita all’opinamento dell’Ordine sulla parcella valesse, a fronte di una liquidazione addirittura quasi doppia, a sostanziare l’obbligo del pagamento. Non vi è incoerenza logica in tale ragionamento, forse censurabile per qualche profilo di insufficienza del passaggio relativo alla quantificazione, profilo che non risulta però denunciato. Né vi è contraddittorietà tra il riconoscere la prescrizione per il maggior importo (cioè sopra gli 8 milioni di lire) e la contestazione avanzata avverso l’iniziale richiesta di otto milioni di lire. Il tribunale ha infatti interpretato la missiva del S. come un riconoscimento del debito da quantificare (di qui il venir meno della prescrizione quanto all’importo allora richiesto, non coperto dall’eccezione di prescrizione) e un rimettersi alla futura ed eventuale liquidazione del CdO (risultata ben maggiore); si è in sentenza attenuto a questa lettura, che non è in sé contraddittoria né illogica (unico vizio di motivazione dedotto), ditalché il motivo è comunque infondato.
Discende da quanto esposto il rigetto cui non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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