È legittimo includere nel cosiddetto tempo lavoro retribuito i minuti dedicati dal dipendente alla vestizione a inizio turno e alla svestizione a fine turno. A maggior ragione, poi, se l’azienda consente che la prima operazione sia effettuata dopo la timbratura in ingresso e che la seconda operazione sia effettuata subito prima della timbratura all’uscita.

Cassazione civile sez. lav., 22/03/2022, n.9306

 

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                  

                           SEZIONE LAVORO                           

              Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:             

Dott. BRONZINI          Giuseppe                    –  Presidente   –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo                       –  Consigliere  –

Dott. DI PAOLANTONO     Annalisa                    –  Consigliere  –

Dott. MAROTTA           Caterina                    –  Consigliere  –

Dott. DE MARINIS        Nicola                 –  rel. Consigliere  –

ha pronunciato la seguente:                                         

                     ORDINANZA                                       

sul ricorso 3376-2016 proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE (A.S.L.), (OMISSIS) (OMISSIS), in persona

del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SUSA 1, presso lo studio dell’avvocato IDA DI DOMENICA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GERMANO BELLI;

– ricorrente –

contro

            D.V.E.,  + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato ENNIO

MAZZOCCO, rappresentati e difesi dall’avvocato DOMENICO DE ANGELIS;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 833/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 09/07/2015 R.G.N. 200/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2021 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.

                

 

RILEVATO

che con sentenza del 9 luglio 2015, la Corte d’Appello di L’Aquila, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Vasto, sulla domanda proposta da D.V.E. e altri 31 nei confronti dell’Azienda Sanitaria local ASL (OMISSIS) (OMISSIS) avente ad oggetto il riconoscimento del diritto degli istanti, tutti dipendenti della predetta Azienda sanitaria, con mansioni di infermiere, a vedersi retribuire, in quanto rientrante nell’orario di lavoro, il tempo, pari a non meno di 15 minuti per turno, impiegato per indossare e dismettere la divisa loro fornita per lo svolgimento della prestazione, limitava il credito retributivo degli istanti al periodo successivo all’8.5.2007 in accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dall’Azienda sanitaria;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, alla stregua del compiuto accertamento in fatto, in base al quale la Corte stessa è pervenuta al convincimento del carattere eterodiretto e non meramente preparatorio dell’attività, in quanto disciplinata e ‘controllata dal datore, di dover qualificare, in consonanza con l’orientamento espresso da questa Corte, il tempo relativo, identificato, confermando la determinazione operata dal primo giudice da considerarsi non eccedente l’ambito della domanda, in venti minuti complessivi, come incluso nell’orario di lavoro e tale da fondare a carico dell’Azienda sanitaria datrice l’obbligo di retribuirlo nei limiti della prescrizione quinquennale;

che per la cassazione della decisione ricorre l’Azienda sanitaria, con quattro motivi, cui resistono, con controricorso, tutti gli originari istanti.

 

CONSIDERATO

che con il primo motivo, l’Azienda sanitaria ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., lamenta l’incongruità logica e giuridica dell’iter argomentativo della Corte territoriale che approda al convincimento del carattere eterodiretto dell’operazione di vestizione/svestizione senza dare rilievo alcuno al dato dell’assenza di precise disposizioni circa il momento in cui effettuare l’attività rispetto a quello della timbratura;

– che con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 692 del 1923, artt. 3 e 6, del R.D. n. 1955 del 1923, art. 10, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 2, del Dir. 98/104/CE, art. 2, n. 1, del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 1, comma 2, lett. a), e dell’art. 18 CCNL per il comparto Sanità 1.9.1995, ripropone sotto il profilo della non conformità a diritto la censura concernente la mancata considerazione dell’assenza di puntuali disposizioni che impongano ai lavoratori determinate modalità nell’effettuazione delle operazioni di vestizione/svestizione;

che con il terzo motivo, posto sotto la seguente rubrica “Omesso esame in ordine all’eccepita violazione e/o erronea applicazione della normativa anche contrattuale in materia di lavoro straordinario nel pubblico impiego”, si imputa alla Corte territoriale la mancata considerazione dell’eccepita configurabilità come straordinario del tempo necessario all’operazione computato come ulteriore rispetto all’orario di lavoro e del contrasto, per difetto della prevista autorizzazione, con la disciplina relativa;

– che nel quarto motivo la violazione a falsa applicazione dell’art. 112 nella parte in cui pone il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato è prospettato con riguardo alla statuizione della Corte territoriale circa la determinazione del tempo complessivo occorrente per l’operazione in questione che si assume eccedente rispetto alla relativa domanda formulata in sede di conclusioni;

– che i primi tre motivi – che, in quanto sostanzialmente volti a contestare alla Corte territoriale di non aver correttamente applicato il principio di diritto a riguardo fissato dalla giurisprudenza di questa Corte, stigmatizzando l’effetto dell’artificioso incremento dell’orario dii lavoro in contrasto con le regole che disciplinano l’istituto del lavoro straordinario nel settore pubblico, ben possono essere trattati congiuntamente devono ritenersi complessivamente infondati, atteso che l’apprezzamento in fatto operato dalla Corte territoriale in ordine al carattere eterodiretto delle operazioni di vestizione/svestizione dell’abbigliamento ospedaliero, risulta basato su un criterio coerente con il principio di diritto fatto proprio da questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. n. 8622/2020) e correttamente inteso a valorizzare il profilo dell’obbligatorietà dell’operazione in vista dell’espletamento dell’attività lavorativa, che ne consente la riconducibilità all’ambito dell’esatto adempimento della prestazione che il soggetto datore può, anche in via implicita, pretendere; profilo che condivisibilmente la Corte territoriale ha valutato non smentito dall’eccepita assenza di specifiche disposizioni volte a regolare l’operazione rispetto al momento della timbratura, tenuto conto, anche, che quell’eccezione, rilevando nel senso di consentire la vestizione dopo la timbratura e la svestizione prima di quella, lungi dal determinare l’estraneità dell’operazione all’ambito del lavoro effettivo, ne ammette l’inclusione nel tempo di lavoro, di modo che la pronunzia resa dalla Corte territoriale si risolve nella sanzione formale di quella inclusione, con invarianza dell’orario normale, che tenendo conto di tale formalizzazione andrà semplicemente rimodulato, senza risultare di fatto incrementato, derivandone l’inconfigurabilità del tempo relativo come lavoro straordinario, con conseguente inconferenza del terzo motivo, che, pertanto, può valutarsi di per sé anche inammissibile;

che propriamente inammissibile deve ritenersi, dal canto suo, il quarto motivo, limitandosi l’Azienda sanitaria ricorrente a riproporre in questa sede la censura relativa al vizio di ultrapetizione in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale con riguardo alla determinazione del tempo di vestizione/svestizione riconosciuto in misura eccedente alla domanda formulata dagli originari istanti in sede di conclusioni, limitata ai 15 minuti, senza neppure confutare quanto riportato nell’impugnata sentenza circa il tenore della domanda desumibile dal contesto del ricorso introduttivo, che, quanto alla determinazione del tempo relativo, poneva i 15 minuti come limite inferiore di quella determinazione e comunque rimetteva questa alla valutazione equitativa del giudice;

che il ricorso va, pertanto, rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 8.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. Domenico De Angelis, antistatario. Ai sensi delD.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2022