1.1. – La responsabilità per cd. mala gestio della compagnia assicuratrice per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, è stata scrutinata più volte dalla giurisprudenza della S.C., che ha sempre insistito sul fatto che l’instaurazione di un rapporto assicurativo fa nascere in capo all’impresa (titolare di un potere contrattuale forte) precisi cc.dd. obblighi di protezione della sfera giuridica dell’assicurato, sostanziantisi nel dovere di preservarne l’utilità nei limiti di un apprezzabile sacrificio, il tutto in conformità al principio di correttezza e buona fede:
Cass. 17 settembre 2005, n. 18444: «Mentre la responsabilità dell’assicuratore per mala gestio nei confronti del danneggiato ritrae disciplina e contenuto dall’art. 1224 c.c. in quanto obbligazione da ritardo nell’adempimento di obbligazione pecuniaria, quella nei confronti del danneggiante – assicurato si colloca in seno alla disciplina per inadempimento dell’obbligazione in conseguenza di un comportamento contrario a diligenza e buona fede (conf., ex multis, idd., 5 settembre 2005, n. 17768);
Cass. 26 aprile 1999 n. 4156: «Come si desume dal breve termine fissato dall’art. 22, l. 24 dicembre 1969 n. 990, a pena di improponibilità dell’azione diretta contro l’assicuratore, per non incorrere nella responsabilità per mala gestio – la quale configura, nei rapporti tra assicurato ed assicuratore, un’ipotesi di responsabilità contrattuale per inadempimento del mandato in rem propriam conferito dall’assicurato per la gestione della lite – l’assicuratore deve attivarsi per assumere dati obiettivi che consentano di desumere o meno l’esistenza della responsabilità, effettiva o presunta (art. 2054 c.c.), dell’assicurato, nonché la ragionevolezza delle pretese del danneggiato e, in caso affermativo, di provvedere senza ritardo; in mancanza l’assicuratore ha l’onere di provare che il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione dipendente da causa a lui non imputabile, a norma dell’art. 1218 c.c»;
Cass. 14 maggio 1998 n. 4867: «Per il sorgere della responsabilità contrattuale dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato per mala gestio è sufficiente, indipendentemente da una specifica ed espressa domanda di questi, che l’assicuratore stesso sia stato messo in grado di valutare, usando l’ordinaria diligenza e osservando gli obblighi di correttezza e buona fede, la fondatezza della richiesta risarcitoria del danneggiato . . .».
1.2. – Nel senso sopra riferito è l’orientamento della giurisprudenza italiana del Giudice di Pace:
1.2.1. – Giud. pace Pozzuoli 8 maggio 2006 (estens. dott. Bruno): «La sola richiesta di risarcimento, da parte del presunto danneggiato, non comporta l’applicazione del malus».
Nel caso di specie, il Giudice ha affermato l’illegittimità dell’applicazione del malus per il solo fatto di aver la compagnia ricevuto una richiesta risarcitoria dal terzo danneggiato e senza tener conto che il cliente aveva diligentemente adempiuto, per parte propria, agli obblighi informativi di denuncia dell’evento alla medesima.
1.2.2. – Giud. pace di Casoria, 7 febbraio 2006 (estens. dott. Richiello): «La clausola bonus – malus, che prevede la variazione in aumento del premio in relazione al verificarsi di un sinistro, trova legittima applicazione soltanto in presenza di una responsabilità dell’assicurato. L’impresa assicuratrice deve tener conto dell’interesse di quest’ultimo al fine di evitare un ingiustificato declassamento della posizione di merito, astenendosi dal provvedere ugualmente al risarcimento attraverso una transazione con il presunto danneggiato (nella specie, la compagnia non ha fornito alcun elemento che comprovi il fatto che abbia correttamente esercitato il potere ad essa spettante di gestione della lite, procedendo agli opportuni accertamenti tesi a constatare l’esistenza della responsabilità, effettiva o presunta, dell’assicurata e la ragionevolezza della pretesa del terzo danneggiato).
Qui il Giudicante, richiamandosi al citato obbligo per l’impresa di gestire la vertenza secondo diligenza, buona fede e correttezza (su cui leggansi ancora le citate Cass. 18444/2005, 4156/1999 etc. . . .), ha sanzionato quest’ultima, che, nonostante la contestazione di responsabilità del proprio cliente, ha abusato dello strumento transattivo, avente solo l’effetto pregiudizievole al cliente del declassamento della posizione di merito.
1.2.3. – In aggiunta, vertendosi in ipotesi di responsabilità contrattuale, fondata anzitutto, sull’art. 1218 c.c., è sempre invocabile dal cliente il diritto vivente dell’ultimo quinquennio che ha definitivamente aperto alla presunzione d’inadempimento in capo al debitore:
«In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento . . .» (in tal senso, ex multis, Cass., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533: conff., Cass., sez. un., 10 gennaio 2006, n. 141).
Giorgio Vanacore – Avvocato in Napoli
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