La cd. responsabilità da falsa informazione, fece la sua comparsa negli anni ’80 con riferimento alle prime istanze di risarcimento da falsità del prospetto informativo nei confronti degli intermediari finanziari.
Ad ogni buon conto, esso è intimamente connesso a quello della responsabilità precontrattuale, di cui costituisce, per comune ammissione una sottospecie, con l’ovvia conseguenza, anche in tale ultimo campo, di un’annosa disputa in ordine al titolo della responsabilità per culpa in contrahendo, che la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza tutta qualificano come extracontrattuale (ex plur., Cass., sez. lav., 7 maggio 2004, n. 8723; in dottrina, tra tutti, Galgano, Diritto privato, Padova, 1985, 329; contra, in dottrina, Benatti, Responsabilità precontrattuale, in Enc. giur Treccani, Roma, 1990, 8). Sulla responsabilità da prospetto informativo, tra le moltissime, Cass., 3 marzo 2001, n. 3132 (in Foro it., 2001, I, 1139).
1) Un’applicazione della cd. responsabilità da falsa informazione ricostruita in termini contrattuali si è avuta nei non infrequenti casi in cui sia la p.a. rea di un tale “misfatto”. Così Ex plurimis, in seno all’orientamento attualmente dominante, Cass., sez. lav., 11 agosto 1993, n. 8613; conformi, idd, 8 novembre 1996, n. 9775 e 3 marzo 1999, n. 1800 (in Foro it., 2000, I, 1987), della quale ultima si trascrive la motivazione:
«La domanda dell’assicurato diretta alla condanna dell’Inps al risarcimento del danno cagionatogli per aver determinato, con errate comunicazioni circa la misura della contribuzione volontaria necessaria per la pensione di anzianità, una meno favorevole decorrenza di tale trattamento pensionistico, appartiene alla competenza del pretore – giudice del lavoro a norma dell’art. 442 c.p.c., fondandosi sulla violazione di obblighi di comportamento (ivi compresi quelli derivanti dalle ordinarie regole di correttezza e diligenza ex artt. 1175 e 1176 c.c.) cui l’istituto è tenuto nell’ambito del rapporto giuridico con l’assicurato, e dando vita pertanto ad una tipica azione di responsabilità contrattuale dell’Istituto, come tale rientrante nell’ampia formulazione del citato art. 442, non ad una ordinaria azione di risarcimento del danno extracontrattuale». Conforme la giurisprudenza di merito: Trib. Ravenna, 10 gennaio 2000, Lavoro nella giurispr., 4/2000, 348. Adesivamente, e diffusamente sull’argomento della competenza per materia ex art. 442 c.p.c., in dottrina, Casadio, Nota a Trib. Ravenna, 10 gennaio 2000, cit., op. cit., 350. Conff., ancora, Cass., sez. lav., 11 giugno 1992, n. 7197; conff., idd., 11 agosto 1993, cit., 2 settembre 1996, n. 8036, 8 novembre 1996, n. 9775, 3 marzo 1999, cit., 22 maggio 2001, n. 6995, 8 aprile 2002, n. 5002, 17 dicembre 2003, n. 19340; 24 aprile 2004, n. 7859 (in Guida Dir., fasc. 28/2004, 53 ss.), 17 agosto 2004, n. 16044; tra la giurisprudenza di merito, Trib. Ravenna, 10 gennaio 2000, cit. In dottrina, G. Grasso, nota a Cass., 3 marzo 1999, cit., in Foro it., 2000, I, 1987, G. Casadio, nota a Trib. Ravenna, 10 gennaio 2000, cit., 351.
Ancora, degna di nota l’assai commentata Cass. 9776/1996:
“Secondo la dottrina specialistica tradizionale (e a parte qualche contraria opinione), il complesso rapporto giuridico previdenziale fra l’ente pubblico e l’assicurato sorge, unitamente a quello contributivo, nel momento stesso in cui vengono in essere quei presupposti di fatto – consistenti in determinati atti giuridici leciti compiuti da particolari soggetti – presi in considerazione dalla legge, come, ad esempio, l’inizio di una attività lavorativa, subordinata o autonoma, o l’iscrizione in particolari albi, o la costituzione di un rapporto di parentela o di coniugio con un soggetto già assicurato. In tale situazione, che realizza una delle fattispecie previste dall’art. 1173 c.c. e che si colloca, in base alla definizione datane da una parte della dottrina, nell’ampia categoria delle obbligazioni che trovano la loro fonte «in una attribuzione normativa pubblica o in un atto amministrativo», la responsabilità, che deriva a carico di una delle parti dalla violazione di uno specifico dovere o di un determinato obbligo oggetto del rapporto, non è aquiliana o extracontrattuale, ma contrattuale. La responsabilità contrattuale, infatti, come giustamente viene precisato dalla dottrina civilistica, quale espressione di un’ampia accezione non limitata alle fonti negoziali «è generalmente impiegata per indicare non solo la responsabilità da contratto, ma anche ogni altra responsabilità – da altri atti o fatti, ai sensi del suddetto art. 1173 – diversa dalla responsabilità da fatto illecito». Di guisa che, quando l’assicurato lamenta, secondo la locuzione usata nelle massime giurisprudenziali che si sono succedute nel tempo, «l’errata comunicazione da parte dell’ente previdenziale del numero dei contributi versati, in modo tale da indurre l’assicurato stesso all’erroneo convincimento di aver maturato la pensione di anzianità» e, sulla base di tale doglianza – con la quale, in sostanza, viene addebitata alla controparte la violazione delle ordinarie regole di correttezza e di diligenza (art. 1175 e 1176 c.c., i quali, nei rapporti fra i privati e la pubblica amministrazione, trovano il loro completamento negli artt. 22 (rectius, artt. 11) e seguenti della l. 7 agosto 1990, n. 241) – chiede che l’ente sia condannato a risarcirgli il danno derivatogli dall’anticipata cessazione dell’attività lavorativa, la domanda attiene non già «ad una ordinaria azione di responsabilità per danni», come si sostiene nelle sentenze che hanno contribuito a formare il tradizionale filone giurisprudenziale, bensì, come è stato affermato nella per ora isolata pronuncia n. 8613 del 1993, a una tipica azione di responsabilità contrattuale».
2) Per una ricostruzione in termini aquiliani, Cass., 22 novembre 1999, n. 12941:
«La responsabilità della p.a. per illecito extracontrattuale – che può essere fatta valere dal privato con azione di risarcimento del danno davanti al giudice ordinario – è astrattamente configurabile anche nella diffusione di informazioni inesatte, in omissioni o in leggerezze o negligenze commesse dall’amministrazione nell’esercizio di poteri di vigilanza o di controllo; tuttavia, la proponibilità di siffatta domanda risarcitoria non dipende solo dalla prospettazione della parte, ma anche dalla configurabilità in concreto, in relazione ai termini sostanziali della controversia, di un comportamento della p.a. che, superando il limiti esterni della discrezionalità riconosciutale dalla legge, abbia leso un diritto soggettivo, con la conseguenza che non può considerarsi dedotta l’indicata lesione quando il privato censuri l’attività discrezionale di vigilanza o di cattivo esercizio di poteri di controllo, risolvendosi tali censure in un inammissibile sindacato del giudice ordinario sulla legittimità o sull’opportunità di atti amministrativi. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha respinto la domanda proposta ex art. 2043 c.c. da un datore di lavoro nei confronti dell’Inail al fine di ottenere il risarcimento per le somme corrisposte, in base ad una sentenza di condanna, ad una lavoratrice infortunatasi, illegittimamente licenziata sul presupposto erroneo di un possibile rapporto causale tra la valutazione medico legale eseguita dall’Inail – rivelatisi inesatta – e il licenziamento intimato dal datore di lavoro medesimo sulla base esclusiva di quella valutazione compiuta dall’Istituto assicuratore senza esercitare la facoltà di far controllare la malattia lamentata dalla lavoratrice nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 5 della l. n. 300 del 1970)».
Conforme, Cass., 9 febbraio 2004, n. 2424, in tema di cd. attività provvedimentale illegittima:
«La responsabilità della P.A. per illecito extracontrattuale – che può essere fatta valere dal privato con azione di risarcimento del danno davanti al giudice ordinario – è astrattamente configurabile anche nella diffusione di informazioni inesatte, in quanto lede la posizione (meritevole di tutela) del privato in contatto con la P.A. di affidamento nella stessa, tenuto conto che questa deve ispirare la propria azione a regole di correttezza, imparzialità e buon andamento (art. 97 cost.). Peraltro, per l’affermazione in concreto della sussistenza della responsabilità extracontrattuale della P.A., non può prescindersi dal requisito soggettivo richiesto dall’art. 2043 c.c. e cioè dall’accertamento della colpa (o del dolo), riferibile non già al funzionario agente, ma all’Amministrazione come apparato. Ne consegue che non può escludersi, in linea di principio, la rilevanza dell’errore scusabile commesso dalla P.A., dovendosi valutare in concreto nel singolo caso l’eventuale sussistenza di detto carattere di scusabilità dell’errore stesso. Nel compimento di tale accertamento, da effettuarsi «ex ante», di spettanza del giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, l’errore sulla interpretazione della norma, in presenza della regola della inescusabilità dell’«error iuris», deve essere considerato eccezionalmente scusabile solo se imputabile ad una oggettiva oscurità della norma medesima, o se altrimenti inevitabile alla stregua dei parametri forniti dalla Corte Costituzionale (sent. n. 364 del 1988, ed altre). A siffatte ipotesi è da ricondurre l’adeguamento da parte della P.A. alla interpretazione della norma in atto dominante in sede giurisprudenziale, in quanto il vigente ordinamento assegna in ultima istanza proprio ai giudici, sia pure con riferimento al solo specifico caso di volta in volta sottoposto al loro esame, l’interpretazione e l’applicazione della legge».
In particolare, degno di menzione il seguente riferimento di Cass., 2424/2004 ad altre due sentenze, vale a dire Cass., 500/1999 e Corte cost., 364/1988 (in Foro it., 1990, I, 415):
– “… Non è solo la lesione di un diritto soggettivo, ma anche di una posizione considerata meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, che obbliga l’autore dell’atto illecito al risarcimento del danno, in presenza degli altri elementi costitutivi della responsabilità aquiliana (cfr. Cass., n. 500/1999). Ne consegue che il rilascio di informazioni inesatte da parte della p.a. è da considerarsi come fonte di responsabilità aquiliana perché lede la posizione (meritevole di tutela) di affidamento che il soggetto in contatto con la p.a. ha nella stessa, tenuto conto che questa deve ispirare la propria azione a regole di correttezza, imparzialità e buon andamento (art. 97 cost.)». Sempre con il conforto di Cass., 500/1999 (ripetendo quanto detto sopra in fine alla nota 3, viene ribadito che l’accertamento dell’elemento soggettivo in materia di attività provvedimentale illegittima vada compiuto con riferimento alla P.A. – apparato, sceverata dalla persona del singolo funzionario agente”.
– “Elemento essenziale per la sussistenza dell’errore scusabile è, quindi, l’inevitabilità dello stesso, determinata da cause oggettive, estranee all’agente, che finisce per escludere la colpevolezza, intesa quale forma di qualificazione dell’azione soggettiva nelle fattispecie di responsabilità. L’errore scusabile rende, pertanto, inesigibile una diversa condotta, dando rilievo sia pure nell’ambito del solo elemento psicologico, alla cosiddetta inesigibilità, che pur avendo una natura oggettiva e non essendo prevista nel nostro ordinamento, ma in quelle tedesco, trova, nell’ambito della rilevanza dell’elemento psicologico, un primo riconoscimento nella sentenza n. 364 del 1988 della Corte costituzionale in tema di errore inevitabile su legge penale. Trattandosi di valutazione della scusabilità dell’errore, essa non può che essere effettuata ex ante, cioè ponendosi nella stessa posizione in cui si trovava il soggetto agente, allorché incorse in errore”.
GIORGIO VANACORE
AVVOCATO IN NAPOLI
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