In tema di licenziamento illegittimo ed, in particolare, in relazione all’indennità sostitutiva in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro, si registrano contrastanti pronunce giurisdizionali. Ed infatti, da un lato, si afferma che siffatta indennità è volta a garantire il lavoratore a non subire, o a ridurre al minimo, i pregiudizi conseguenti al licenziamento illegittimo, dissuadendo il datore di lavoro dall’inadempimento dell’obbligo indennitario. Di talché, in caso di ritardato pagamento dell’indennità de qua, ferma l’irrevocabilità della scelta del lavoratore e la non ripristinabilità del rapporto, il danno spettante al lavoratore deve essere commisurato alle retribuzioni maturate fino al giorno del pagamento dell’indennità sostitutiva e non solo fino alla data in cui il lavoratore ha operato la scelta. Altro orientamento giurisdizionale, invece, dall’altro lato, ha ritenuto che la richiesta del pagamento dell’indennità sostitutiva in luogo della reintegrazione, determina la cessazione del rapporto di lavoro, sicché, esercitando la facoltà di scelta, il lavoratore rinuncia alla prestazione alternativa ed alla continuazione del rapporto, con la preclusione della possibilità di chiedere l’altra prestazione, e cioè le retribuzioni maturate successivamente alla scelta da lui operata. A fronte di tale contrasto, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la causa è stata rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della Suprema Corte.
Cass. civ. Sez. lavoro Ordinanza, 31/07/2013, n. 18369
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE RENZIS Alessandro – Presidente –
Dott. VENUTI Pietro – rel. Consigliere –
Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 26008-2010 proposto da:
P.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 95, presso lo studio dell’avvocato MONACO MAURO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 2268 22, presso lo studio dell’avvocato MORRICO ENZO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5467/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/07/2010 r.g.n. 3117/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/06/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO VENUTI;
udito l’Avvocato VALERIA COSENTINO per delega MORRICO ENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto o rimessione alle SS.UU..
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza 11 giugno – 14 luglio 2010, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto l’opposizione proposta da Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. avverso il decreto ingiuntivo con il quale era stato ad essa ingiunto il pagamento, a favore di P.F., delle retribuzioni relative al periodo intercorso tra la data in cui il medesimo – nei cui confronti era stata emessa in precedenza pronuncia di reintegra ex art. 18 St. lav., nel testo anteriore alla riforma operata con L. n. 92 del 2012, – aveva esercitato il diritto di opzione ai sensi del quinto comma dello stesso articolo, chiedendo la corresponsione dell’indennità sostitutiva, e la data in cui detta indennità era stata tardivamente corrisposta.
La Corte territoriale, nel revocare il decreto ingiuntivo, ha affermato di condividere l’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza n. 3775/09, secondo cui la richiesta del pagamento dell’indennità sostitutiva in luogo della reintegrazione, determina la cessazione del rapporto di lavoro, onde, esercitando la facoltà di scelta, il lavoratore rinuncia alla prestazione alternativa e alla continuazione del rapporto, con la preclusione della possibilità di chiedere l’altra prestazione, e cioè le retribuzioni maturate successivamente alla scelta da lui operata.
Tale principio, ad avviso della stessa Corte di merito, è “maggiormente convincente” di quello enunciato da Cass. n. 6735/10, secondo cui la richiesta del lavoratore illegittimamente licenziato di ottenere, in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro, l’indennità sostitutiva della reintegra, costituisce esercizio di un diritto derivante dall’illegittimità del licenziamento, riconosciuto al lavoratore secondo lo schema dell’obbligazione con facoltà alternativa ex parte creditoris; pertanto, l’obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro, facente carico al datore di lavoro, si estingue soltanto con il pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione, per la quale abbia optato il lavoratore, non già con la semplice dichiarazione da questi resa di scegliere detta indennità in luogo della reintegra, con la conseguenza che il risarcimento del danno, il cui diritto è dalla legge fatto salvo anche nel caso di opzione per la succitata indennità, va commisurato alle retribuzioni che sarebbero maturate fino al giorno del pagamento dell’indennità sostitutiva e non fino alla data in cui il lavoratore ha operato la scelta.
2. Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore. La società Rete Ferroviaria S.p.A. ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
3. La questione di diritto sottoposta all’esame di questo Collegio è stata decisa in senso difforme dalle sezioni semplici di questa Corte, onde, a norma dell’art. 374 c.p.c., comma 2, la causa va rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
4. Successivamente alle sentenze richiamate dalla Corte territoriale (v. sopra, sub n. 1) ed al contrasto evidenziato dalla stessa Corte, la questione è stata affrontata da:
– Cass. 20 settembre 2012 n. 15869; Cass. 25 settembre 2012 n. 16228, Cass. 28 gennaio 2013 n. 1810, la prima delle quali – cui si sono uniformate le altre due – ha così affermato: “Le obbligazioni scaturenti dalla domanda del lavoratore illegittimamente licenziato, volta al riconoscimento della indennità sostitutiva della reintegra nel posto di lavoro, con la correlata domanda di risarcimento dei danni, sono compiutamente disciplinate dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, comma 5, la quale, in ragione della specificità e delle esigenze del rapporto lavorativo, ha carattere di una norma speciale ed osta, oltre che alla qualificazione delle suddette obbligazioni in termini di obbligazioni alternative o facoltative, anche all’applicazione dei generali principi codicistici correlati alla suddetta qualificazione. Ne consegue che, alla stregua di un’interpretazione letterale della disposizione statutaria, per il periodo antecedente all’esercizio del diritto di opzione, il risarcimento dei danni va liquidato in conformità alle regole dettate dall’art. 18, comma 4, citato, e l’esercizio del diritto di opzione comporta la risoluzione del rapporto lavorativo, mentre, per il periodo successivo, il mancato pagamento della indennità sostitutiva non è risarcibile in tali termini, dovendo trovare applicazione, in seguito alla risoluzione definitiva del rapporto lavorativo, i principi codicistici in materia di inadempimento delle obbligazioni pecuniarie, restando perciò indifferenti, per la parametrazione del danno, l’ammontare della retribuzione globale già riconosciuta al lavoratore, ovvero quella determinata in forza della successiva normativa contrattuale intervenuta”;
– Cass. 24 maggio 2013 n. 12923, la quale ha sostanzialmente aderito all’indirizzo dianzi indicato, affermando che “L’opzione, da parte del lavoratore, per l’indennità sostitutiva della reintegra nel posto di lavoro, prevista della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, comma 5, nel testo (applicabile “ratione temporis”) anteriore alla riforma operata con L. 28 giugno 2012, n. 92, non fa venire meno la ricostituzione, retroattiva, del rapporto di lavoro, con la conseguenza che al lavoratore compete la Posizione economica differenziata (P.E.D.) fino al momento di esercizio dell’opzione, sia che – secondo le previsioni della contrattazione collettiva – essa si ricolleghi alla pendenza del rapporto, sia che essa spetti in ragione della presenza di fatto in servizio, atteso che, la mancata realizzazione di quest’ultima deriva da inadempimento datoriale alla reintegra”;
– Cass. 21 novembre 2012 n. 20420 che, in adesione a Cass. 16 novembre 2009 n. 24199, ha viceversa ritenuto che spettano al lavoratore le retribuzioni maturate sino alla data del pagamento dell’indennità sostitutiva, così affermando: “In tema di licenziamento illegittimo, la disciplina relativa al pagamento al lavoratore, che ne faccia richiesta, di un’indennità sostitutiva della reintegrazione mira a garantire il lavoratore a non subire, o a ridurre al minimo, i pregiudizi conseguenti al licenziamento illegittimo, dissuadendo il datore di lavoro dall’inadempimento dell’obbligo indennitario, il cui compimento comporterebbe una ulteriore lesione dei valori di libertà, dignità e materiale sussistenza del prestatore che l’ordinamento costituzionale, e quello sovranazionale all’art. 30 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, richiedono siano realizzati compiutamente e in concreto, senza che residuino spazi di elusione. Ne consegue che, ove il lavoratore abbia esercitato la suddetta opzione, l’effettività della tutela giurisdizionale del diritto al risarcimento in caso di ritardato pagamento da parte del datore di lavoro – ferma l’irrevocabilità della scelta del lavoratore e la non ripristinabilità del rapporto – è incompatibile con un limite fisso dell’ammontare della somma da riconoscere, nè può essere soddisfatta dal mero riconoscimento di interessi e rivalutazione, ma impone che il danno sia commisurato alle retribuzioni maturate fino al giorno del pagamento dell’indennità sostitutiva e non solo fino alla data in cui il lavoratore ha operato la scelta”;
In precedenza Cass. 16 marzo 2009 n. 6342, alla quale ha prestato adesione Cass. 19 marzo 2010 n. 6735, citata dalla Corte territoriale (v. sub n. 1), nel pervenire a tale ultima conclusione aveva così affermato: “La richiesta del lavoratore illegittimamente licenziato di ottenere, in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro, l’indennità prevista dalla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, costituisce esercizio di un diritto derivante dall’illegittimità del licenziamento, riconosciuto al lavoratore secondo lo schema dell’obbligazione con facoltà alternativa “ex parte creditoris”;
pertanto, l’obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro facente carico al datore di lavoro si estingue soltanto con il pagamento della indennità sostitutiva della reintegrazione, per la quale abbia optato il lavoratore, non già con la semplice dichiarazione da questi resa di scegliere detta indennità in luogo della reintegrazione e, conseguentemente, il risarcimento del danno, il cui diritto è dalla legge fatto salvo anche nel caso di opzione per la succitata indennità, va commisurato alle retribuzione che sarebbero maturate fino al giorno del pagamento dell’indennità sostitutiva e non fino alla data in cui il lavoratore ha operato la scelta”.
5. Alla stregua del quadro giurisprudenziale sopra evidenziato, si impone la remissione della causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
P.Q.M.
La Corte rimette la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, il 25 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2013
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