L’art. 1227, comma 1, c.c., dettante principi generali sul risarcimento del danno, così dispone:
«Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate».

Gli fa eco, l’art. 1227, comma 2, c.c.:
«Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza».
Sulle norme citate, codificanti prima che regole giuridiche dei veri e propri principi logico – generali, leggasi la seguente giurisprudenza, di merito e di legittimità.
«L’inosservanza del dovere di diligenza posto a carico del danneggiato dall’art. 1227, comma 2, c.c. si configura come fatto totalmente o parzialmente impeditivo della responsabilità del danneggiante. . .» (Cass. 10 novembre 2000, n. 14630);
«L’onere di ordinaria diligenza richiesto ex art. 1227 comma 2 c.c. al creditore per limitare il danno da inadempimento va esteso anche a quei comportamenti positivi attraverso cui il danno possa essere evitato o ridotto con certezza. . .» (Trib. Rovereto 16 marzo 1998);
«Ai sensi dell’art. 1227, 2° comma, c. c. il danneggiato, come in genere il creditore, deve contenere il danno nei limiti che rappresentano una diretta conseguenza della colpa del debitore o del danneggiante, non aggravando, con il fatto proprio, le conseguenze dannose che gli derivano dall’inadempimento o dal fatto illecito altrui, ma non è tenuto ad assoggettarsi ad un’attività abnorme e più onerosa di quel che comporti l’uso di un’ordinaria diligenza . . .» (App. Genova 6 marzo 1985).

Giorgio Vanacore
Avvocato del Foro di Napoli

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