La questione pregiudiziale del foro territorialmente competente per le controversie derivate dai contratti del consumatore di cui al capo quattordicesimo – bis del titolo secondo del libro quarto del codice civile (introdotto con l’art. 25, l. 6 febbraio 1996 n. 52 – Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee – Legge Comunitaria 1994), ha appassionato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale degli ultimi anni.
Dottrina e giurisprudenza attuali, come si vedrà, sono oggi sufficientemente concordi nel risolvere la diatriba con il ricorso (un po’ forzato, ad avviso dello scrivente, nei termini in cui infra) all’art. 1469 – bis, comma 3, n. 19, c.c., che statuisce la vessatorietà di quelle clausole idonee a «. . . stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore».
Prima di esaminare l’oggetto del presente contributo, si rammenti che l’art. 1469 – bis, comma 2, definisce il consumatore come « . . . la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta», ed il professionista come « . . . la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza il contratto di cui al primo comma», vale a dire quello concluso tra i due soggetti.
Sulle nozioni di consumatore e professionista valga quanto affermato dalla S.C. nel seguente arresto: «Al fine dell’applicazione della disciplina di cui agli art. 1469 bis ss. c.c. relativa ai contratti del consumatore, deve essere considerato “consumatore” la persona fisica che, anche se svolge attività imprenditoriale o professionale, conclude un qualche contratto (avente ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi – secondo l’originaria formulazione del comma 1 dell’art. 1469 bis c.c. – e senza tale limitazione dopo la modifica di cui all’art. 25 l. 21 dicembre 1999 n. 526) per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di dette attività, mentre deve essere considerato “professionista” tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che, invece, utilizza il contratto (avente ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi e senza tale limitazione dopo l’entrata in vigore della citata l. n. 526 del 1999) nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale. Perché ricorra la figura del “professionista” non è necessario che il contratto sia posto in essere nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa o della professione, essendo sufficiente che venga posto in essere per uno scopo connesso all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale» (Cass. 25 luglio 2001, n. 10127).
Per risolvere la questione pregiudiziale oggetto della presente indagine, dottrina e giurisprudenza sono ricorse all’espediente di qualificare l’art. 1469 – bis, comma 3, n. 19, c.c., come disposizione di natura processualcivilistica, avente, quindi, portata innovativa delle norme sulla competenza per territorio previste dal codice di rito.
La detta norma, ancorché collocata nel codice civile, avrebbe introdotto un foro esclusivo ed inderogabile del consumatore, individuato in quello del luogo della sua residenza o del suo domicilio elettivo.
In particolare, adite in sede di regolamento di competenza, le sezioni unite hanno così composto il contrasto di giurisprudenza: «La disposizione dettata dall’art. 1469 – bis, terzo comma, n. 19, cod. civ., si interpreta nel senso che il legislatore nelle controversie tra consumatore e professionista abbia stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo della sede o del domicilio elettivo del consumatore, presumendo vessatoria la clausola che individui come sede del foro competente una diversa località» (in tal senso, espressamente, Cass., sez. un. civ., ordinanza 5 giugno – 1 ottobre 2003 n. 14669; conf., Cass. [ordd.] 20 agosto 2004 n. 16336 e 29 settembre 2004 n. 1959).
Ancora, in motivazione alla ordinanza 14469/2003: «Se alla disposizione contenuta al n. 19 dell’art. 1469 – bis c.c. si presta il significato d’aver innanzitutto indicato in quello della sede del consumatore il foro delle controversie che lo riguardano, la norma viene a sostituirsi, nel relativo campo di disciplina, a quelle del codice di procedura che individuano per le controversie nascenti da contratto altri criteri di collegamento. Questa interpretazione valorizza appieno il dato letterale, perché, se, in base a questo dato, è vessatoria la clausola che stabilisce il foro competente in località diversa da quella della sede del consumatore, si deve dire che il foro competente non può essere stabilito in nessun altro luogo che sia diverso da quello in cui il consumatore ha sede. Ma questo significa che è da considerare vessatoria anche la clausola che stabilisca come foro competente, se il consumatore non vi ha sede, uno di quelli che avrebbero potuto risultare individuati in base al funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile. Appare, allora, più razionale, l’interpretazione, che attribuisce alla norma il prioritario significato di fissare nella sede del consumatore un criterio di collegamento esclusivo, che si sostituisce a quelli già previsti dal codice di procedura, piuttosto che l’interpretazione che qui si rifiuta (ordinanza, punti 8.1 e 8.2) (…). L’interpretazione accolta si inserisce armonicamente in un indirizzo legislativo che, in modo costante, viene individuando quello della residenza o del domicilio del consumatore come il foro delle controversie che lo riguardano (ordinanza, punto 8.4)».
In tal senso si era, comunque, già espressa, qualche anno prima, la Cassazione: «L’art. 1469 bis, comma 3, n. 19, c.c. ha in sostanza introdotto, per le controversie relative ai contratti stipulati da consumatori con professionisti, un foro speciale rispetto a quelli previsti dagli art. 18 e 20 c.p.c., che esclude ogni altro foro previsto dalla legge, opera a prescindere dalla posizione processuale assunta dal consumatore, e può essere derogato soltanto con una pattuizione che costituisca il frutto di una trattativa individuale. In materia di contratti conclusi tra consumatori e professionisti, l’art. 1469 bis n. 19 c.c. ha introdotto un foro esclusivo del consumatore, anche se derogabile a seguito di trattativa individuale, che esclude l’operatività dei fori previsti dagli art. 18, 19 e 20 c.p.c.» (Cass. 28 agosto 2001 n. 11282; in tal senso pure la unanime giurisprudenza di merito: Trib. Roma, 5 ottobre 2000, Trib. Bologna 14 giugno 2000, id., 3 ottobre 2000, Trib. Torino, 12 aprile 2000, Trib. Palermo 7 aprile 1998, Giud pace Milano 7 ottobre 1998, id., 23 dicembre 1998, Giud. Pace Torino, 17 aprile 1998, Giud. Pace Ancona, 9 dicembre 1997, Giudice pace Perugia 28 febbraio 1997; conformi, in dottrina, E. Dalmotto, Un nuovo foro esclusivo per il consumatore?, Giur. It, 1997, IV, 161, R. Conti, Lo «status» di consumatore alla ricerca di un foro esclusivo e di una stabile identificazione, Corr. Giur., 2001, 525, 527, nota a Trib. Bologna 14 giugno 2000 e 3 ottobre 2000, A. Palmieri, Foro esclusivo del consumatore e abusività della deroga convenzionale alla competenza per territorio: mai più un giudizio lontano da casa, nota a Cass. 28 agosto 2001, cit., n. 11282, Foro it., 2001, I, 3592 ss., Id., In fuga dal codice di rito: i contratti del consumatore conquistano il foro esclusivo, ibid., 2003, I, 3301 ss.).
Del resto, nel senso delineato dai citati orientamenti dispone la legislazione di settore sui contratti stipulati dal consumatore.
Così, l’art. 12 d. lgs.15 gennaio 1992 n. 50 – Attuazione della direttiva (CEE) n. 577 in materia di contratti negoziati fuori dai locali commerciali – prevede che: «Per le controversie civili inerenti all’applicazione del presente decreto la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato».
Parimenti, l’art. 10, d. lgs. 9 novembre 1998 n. 427 – Attuazione della direttiva 94/47/CE concernente la tutela dell’acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all’acquisto di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili –, stabilisce che «Per le controversie derivanti dall’applicazione del presente decreto legislativo la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio dell’acquirente, se ubicati nel territorio dello Stato».
Nel medesimo senso depone l’art. 14, d. lgs. 22 maggio 1999, n. 185 – Attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza –: «Per le controversie derivanti dall’applicazione del presente decreto legislativo la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato».
Concludendo il presente scritto, comunque, il ricorso all’art. 1469 – bis, comma 1, c.c., quand’anche giustificato da esigenze di tutela del contraente più debole, desta più d una perplessità.
Quest’ultima norma – sul piano tecnico – giuridico meramente sostanziale e non già formale – è stata, ad avviso di chi scrive, forzatamente impiegata – trascendendo i limiti di una ammissibile interpretazione estensiva – per risolvere una questione pregiudiziale di rito, quale è quella della competenza per territorio nella materia dei contratti del consumatore. Il far dire alle norme quello che esse, nelle intenzioni dei compilatori, non intendono dire, costituisce una costante interpretativa dei sensibili settori ad alta incidenza sociale – quale è quello dei cd. contratti di massa –, nei quali viva è l’aspirazione al raggiungimento della parità contrattuale tra gli operatori.
Le aspettative di perequazione tra l’utente singolo ed il predisponente la clausola risuonano, così, nelle parole di uno dei più attenti commentatori del nuovo indirizzo: «Invero, imporre al consumatore di allontanarsi per difendere i suoi diritti è come prevedere, nel calendario di una manifestazione sportiva, che una squadra disputi tutte le partite fuori casa. Lo svantaggio è palese. Il professionista beneficia dell’accentramento del contenzioso, non solo perché gli consente minori esborsi, ma anche in quanto si giova del formarsi di routines consolidate nella duratura relazione con un manipolo di consulenti legali (a loro volta esperti delle prassi in voga presso il foro abituale), senza bisogno di costituire una rete ramificata sul territorio. Per il consumatore, invece, gli incentivi a costituirsi in giudizio scemano vistosamente. Del resto, nel diritto statunitense, in cui pure la scelta convenzionale del foro è ritenuta presuntivamente valida, si preclude l’enforcement delle clausole che designano un unreasonable forum quante volte ciò avvenga allo scopo prevalente di frustrare le iniziative processuali di una delle parti . . .», così concludendo:«. . . il professionista deve preparare i bagagli: l’appuntamento per un’eventuale lite giudiziaria è già fissato nel foro del consumatore» (A. Palmieri, Foro esclusivo . . . , cit., 3601 s.).
Giorgio Vanacore
avvocato in Napoli
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