Commissione Tributaria Regionale Perugia, sez. I, sentenza 15.02.2011 n° 37
Con la sentenza 15 febbraio 2011 la Commissione Tributaria di Perugia si è pronunciata in merito alla legittimità della tassa di concessione governativa sui telefoni cellulari in abbonamento. Atteso che i giudici di prime cure avevano statuito, con sintetica motivazione, che essa era dovuta in quanto si trattava di una somma accertata a titolo di tributo, la CTr si è espressa diversamente, esaminando dettagliatamente il quadro normativo di riferimento. In effetti, le disposizioni legislative relative al servizio di telefonia mobile sono state profondamente modificate nel corso degli ultimi anni. In particolare, è stato evidenziato che il presupposto per il pagamento della tassa di concessione governativa richiesto in relazione all’impiego di apparecchiature terminali per il servizio pubblico terrestre di telecomunicazioni, ovvero di telefoni cellulari, era in origine regolato dall’art. 21 della tariffa allegata al d.p.r. 641/1972, relativo alla: “Licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione.”
Successivamente, con specifico riferimento ai telefoni cellulari, intervenne l’art. 3 D.M. n. 33/1990 contenente il “Regolamento concernente il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione”, che equiparava “a tutti gli effetti” –anche fiscali – il contratto di abbonamento con il gestore del servizio alla licenza di stazione radio.
Pertanto, la tassa di concessione sui telefoni cellulari trovava il suo presupposto impositivo nella “licenza di stazione radio” prevista dall’art. 318 d.p.r. 156/1973, successivamente abrogato dall’ art. 218, D.Lgs. 259/2003, ovvero il “Codice delle comunicazioni elettroniche”, in vigore dal 16 settembre 2003.
D’altra parte, la Commissione Tributaria adita ha puntualizzato che il riconoscimento del diritto inderogabile di libertà all’uso dei mezzi di comunicazione elettronica, come i telefoni cellulari, è incompatibile con un sistema di ‘concessione’ della facoltà di utilizzo degli apparecchi o di ‘autorizzazione ‘ al loro uso.
Per quanto riguarda la sussistenza o meno della legittimità della tassa di concessione governativa sui telefoni cellulari, si è precisato come essa manchi nell’attuale sistema, atteso che, da un punto di vista sostanziale, è del tutto assente il presupposto legislativo per l’imposizione tributaria, poiché, l’art. 21 della Tariffa allegata al d.p.r. 641/1972 risulta norma priva di contenuto, in quanto si riferisce ad un atto amministrativo previsto dall’art. 318 d.p.r. 156/1973, ormai abrogato.
Peraltro, nella pronuncia esaminata è stata ribadita la scelta del legislatore di rinunciare al regime concessorio, che costituiva il presupposto giuridico dell’esistenza di un atto amministrativo tassabile (“la licenza di esercizio” o l’equipollente “documento che attesta la condizione di abbonato al servizio di telefonia”).
Inoltre, è stato sottolineato come l’art. 3 del D.M. 33/1990, tuttora in vigore, ed anche richiamato dall’art. 21 della tariffa allegata al d.p.r. 641/1972, non può certo costituire la fonte normativa che legittima il tributo in questione, in quanto si tratta di un atto normativo secondario.
In effetti, tale disposizione, originariamente emanata per altre finalità, non prevede espressamente l’obbligazione tributaria, traente origine dal collegamento con l’altra norma abrogata. Per cui, laddove la norma regolamentare farà ancora riferimento ad un regime concessorio, sarà in palese contrasto con norme di legge successive e di grado superiore.
In conclusione, la Commissione Tributaria di Perugia, condividendo la precedente pronuncia della Commissione Tributaria Regionale del Veneto del 5 gennaio scorso, ha dichiarato non dovuta la tassa di concessione governativa in relazione all’impiego di apparecchiature terminali per il servizio pubblico terrestre di telecomunicazioni.
(Altalex, 28 marzo 2011. Nota di Maria Elena Bagnato)
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