Quando le parti di un contratto preliminare abbiano rimesso alla volontà di una di esse la fissazione di un termine per la stipulazione del contratto definitivo, a fronte dell’ingiustificato indugio della parte cui tale facoltà sia stata riservata l’altra parte, che abbia adempiuto le obbligazioni poste a suo carico, può rivolgersi al giudice perché, ai sensi dell’art. 1183 c. c., stabilisca il termine per la stipulazione ovvero può direttamente proporre la domanda di adempimento specifico dell’obbligo di concludere il contratto definitivo, nella quale deve ritenersi implicita la richiesta di fissazione del termine; con la conseguenza che, ove essa trascuri di avvalersi di tale facoltà e tale inerzia protragga per l’ordinario temine prescrizionale, il diritto alla conclusione del contratto definitivo si estingue per prescrizione. Cass.Civ., Sez. II, 3 maggio 2010, n. 10625
Cassazione, Sez. II, 3 maggio 2010, n.10625
(Pres. Piccialli – Rel. Mazzacane)
Fatto
M. C. con atto di citazione notificato il 23-6-1990 conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma A., G., G., G. ed A. C. quali eredi di G. C. e, premesso di aver acquistato da quest’ultimo con scrittura privata del 22-10-1977 un appartamento sito in Ostia Lido il cui prezzo era stato interamente corrisposto, chiedeva in via principale che, verificata l’autenticità della sottoscrizione del venditore in calce alla suddetta scrittura privata, fosse accertato l’avvenuto trasferimento in suo favore della proprietà dell’immobile e, in via subordinata, qualora si fosse ritenuto essere stato concluso un contratto, preliminare di vendita, che fosse pronunciata sentenza costitutiva del trasferimento della proprietà in luogo del contratto non concluso; in ogni caso l’attrice chiedeva la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni. Si costituivano in giudizio gli eredi C. ad eccezione di A. C. sostenendo che la menzionata scrittura privata aveva ad oggetto un preliminare di vendita ed eccependo la prescrizione del diritto dell’attrice ad ottenere la stipulazione del definitivo; chiedevano pertanto il rigetto della domanda attrice. Il Tribunale adito con sentenza del 26-9-1995, qualificato il contratto “de quo” come preliminare e ritenuta la prescrizione, rigettava la domanda attrice, condannava la C. alla restituzione del bene ed al pagamento di un indennizzo per l’occupazione dello stesso. A seguito di gravame proposto dalla C. la Corte di Appello di Roma con sentenza del 29-9-1998, confermata la qualificazione del contratto suddetto come preliminare, rigettava l’eccezione di prescrizione e trasferiva ai sensi dell’art. 2932 c.c. la proprietà dell’appartamento promesso in vendita in favore dell’appellante. A seguito di ricorso per cassazione da parte di A., G. G, G. ed Angela C. questa Corte con sentenza del 10-12-2001 n. 15587 accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per un nuovo esame della controversia alla luce del seguente principio di diritto: “quando le parti di un contratto preliminare abbiano rimesso alla volontà di una di esse la fissazione di un termine per la stipulazione del contratto definitivo, a fronte dell’ingiustificato indugio della parte cui tale facoltà sia stata riservata l’altra parte, che abbia adempiuto le obbligazioni poste a suo carico, può rivolgersi al giudice perché, ai sensi dell’art. 1183 cpv cod. civ., stabilisca il termine per la stipulazione ovvero può direttamente proporre la domanda di adempimento specifico dell’obbligo di concludere il contratto definitivo, nella quale deve ritenersi implicita la richiesta di fissazione del termine; con la conseguenza che, ove essa trascuri di avvalersi di tale facoltà e tale inerzia protragga per l’ordinario temine prescrizionale, il diritto alla conclusione del contratto definitivo si estingue per prescrizione”. A seguito di riassunzione da parte degli eredi di G. C. cui resisteva la C. la Corte di Appello di Roma con sentenza del 3-12-2004, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 26-9-1995, ha trasferito dai suddetti eredi C. alla C. la proprietà dell’appartamento per cui è causa oggetto del preliminare di compravendita del 22-10-1977. Per la cassazione di tale sentenza A. C., A. C. e G. G. C. in proprio e quali eredi del defunto G. C. hanno proposto un ricorso articolato in due motivi cui la C. ha resistito con controricorso; i ricorrenti hanno successivamente depositato una memoria.
Motivi della decisione
Per ragioni di ordine logico-giuridiche si ritiene di esaminare prioritariamente il secondo motivo di ricorso con il quale i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. 112-113-115-116 secondo comma ultima parte e 384 c.p.c., censurano la sentenza impugnata per aver rigettato l’eccezione da essi sollevata di prescrizione del diritto azionato dalla controparte per non aver fornito la prova su di essi incombente della data in cui la C. aveva adempiuto l’obbligazione di pagamento del prezzo della vendita, e quindi aveva conseguito il diritto a chiedere la stipulazione del contratto definitivo, posto che da quel momento iniziava a decorrere il termine di prescrizione del suddetto diritto.
I ricorrenti rilevano sotto un primo profilo che tale statuizione si pone in contrasto con il principio di diritto enunciato dalla sopra richiamata sentenza di questa stessa Corte secondo cui, nell’ipotesi che le parti di un contratto preliminare abbiano rimesso alla volontà di una di esse la fissazione del termine per la stipulazione del contratto definitivo, a fronte dell’ingiustificato rifiuto della parte cui tale facoltà sia stata riservata, l’altra parte che abbia adempiuto le obbligazioni poste a suo carico può direttamente proporre la domanda di adempimento specifico dell’obbligo di concludere il contratto definitivo; con la conseguenza che, ove essa trascuri di avvalersi di tale facoltà e tale inerzia protragga per l’ordinario termine prescrizionale, il diritto alla conclusione del contratto definitivo si estingue per prescrizione.
A., A. e G. G. C. inoltre assumono che, mentre essi avevano provato (con la produzione del contratto preliminare del 22-10-1977 contenente la clausola perentoria ed essenziale che prevedeva la data del 22-4-1978 quale termine finale dei pagamenti convenuti) l’adempimento dell’obbligo di pagamento del prezzo complessivo al 22-4-1978 da parte della C., quest’ultima, che aveva fatto valere il suo diritto alla conclusione del contratto definitivo, non aveva offerto alcuna prova del solo fatto che avrebbe potuto impedire la maturazione del termine prescrizionale, ovvero l’avvenuto pagamento dell’intero prezzo della compravendita in una data successiva a quella suddetta.
La censura è fondata.
Deve premettersi che la suddetta sentenza di questa stessa Corte del 10-12-2001 n. 15587 ha affermato il sopra enunciato principio di diritto in materia di determinazione dei criteri di individuazione del “dies a quo” per la decorrenza del termine per il promissario acquirente per proporre domanda di adempimento in forma specifica ex art. 2932 c.c. sulla base della premessa che i ricorrenti C. – che avevano eccepito la prescrizione del diritto azionato dalla C. – avevano dedotto sia l’avvenuta pattuizione del termine perentorio ed essenziale del 22-4-1978 per il pagamento del saldo prezzo, sia la circostanza che effettivamente entro tale termine il saldo del prezzo era stato effettivamente versato.
Orbene il giudice di rinvio, rilevata l’assenza di una prova certa in ordine alla data in cui la C. aveva adempiuto la sua obbligazione – pur essendovi la certezza, per affermazione concorde delle parti, dell’avvenuto pagamento dell’intero prezzo – e rilevato che il relativo onere probatorio ricadeva sui C. in quanto elemento costitutivo dell’eccezione di prescrizione sollevata, ha rigettato l’eccezione stessa.
Tale convincimento non può essere condiviso.
Invero la suddetta eccezione di avvenuto decorso del termine decennale di prescrizione relativo al diritto ex art. 2932 c.c. fatto valere dalla C. con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado notificato il 23-6-1990, basata sulla considerazione che in realtà la prescrizione era iniziata a decorrere il 22-4-1978, era sufficientemente circostanziata e quindi idonea in astratto a paralizzare la pretesa della controparte; pertanto la C., al fine di far valere le conseguenze giuridiche a sé favorevoli del fatto costitutivo posto a fondamento del diritto azionato – ovvero la sua qualità di promissaria acquirente dell’immobile per cui è causa adempiente agli obblighi assunti e l’inadempimento del promittente venditore all’obbligo di stipulare il contratto definitivo – aveva l’onere, proprio al fine di superare l’efficacia del fatto estintivo del suo diritto come eccepito dal C., di provare l’avvenuto pagamento integrale del prezzo della compravendita entro il decennio antecedente alla data di notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado.
Pertanto in sede di rinvio si impone un riesame della controversia alla luce del principio di diritto ora affermato riguardante la ripartizione dell’onere probatorio tra le parti.
Con il secondo motivo i ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 112-113-115-116-384 primo comma c.p.c. 1183-1362-1362-1375-1457-2702-2733-2934-2935-2936 e 2943 c.c., censurano la sentenza impugnata per non aver considerato che tra le parti costituiva elemento pacifico che la C. aveva corrisposto l’intero prezzo della compravendita entro il termine pattuito del 22-4-1978.
Tale censura resta assorbita all’esito dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, e la causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Roma anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Roma anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
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