Per un caso di riconoscimento ai sensi della l. 31 maggio 1995 n. 218 sul diritto internazionale privato di un testamento nuncupativo realizzato a norma della legge austriaca si trascrive Trib. Belluno 22 dicembre 1997 (in Dir. fam., 2000, 1110: «Ritenuto che una donna con cittadinanza italiana e (per matrimonio) austriaca, residente in Austria, possa, in conformità alla legge locale, fare valido, purché certo, testamento nuncupativo, e ritenuta, altresì, da sussistenza, ex art. 4 e 50 l. n. 218/95, della giurisdizione italiana qualora abbia a contendersi sulla validità e l’efficacia di un testamento siffatto per l’ordinamento italiano, al testamento orale deve, ai sensi dell’art. 48 l. n. 218 cit., riconoscersi, quanto alla forma, piena legittimità e rilevanza effettuale, senza che al riconoscimento del testamento nuncupativo, estraneo, ma non contrario ai principi fondamentali della normativa italiana sulle successioni mortis causa, ostino ragioni di ordine pubblico (art. 16 e 73 l. n. 218/95), tanto più, poi, quando, in conformità, del resto, anche alla legislazione italiana, al testamento sia stata già data volontaria esecuzione».
In proposito, si rammenta che il testamento nuncupativo era praticato nel diritto tardo-romano, del che e’ riprova il seguente re scriptum di Gordiano:
In C.6.11.2 (242) si rinviene il seguente rescritto di Gordiano che ne subordinava la validità alla presenza di sette testimoni «Bonorum quidem possessionem ex edicto praetoris non nisi secundum eas tabulas, quae septem testium signis signatae sunt, peti possi in dubium non venit. 1. Verum si eundem numerum adfuisse sine scriptis testamento condito doceri potest, iure civili testamentum factum videri ac secundum nuncupationem bonorum possessionem deferri explorati iuris est».
Nel nostro diritto si ritiene applicabile, comunque, a recupero della fattispecie testamentaria nuncupativa, l’art. 590 c.c., giusta l’opinione dottrinale in atto (GABRIELLI, in Riv. trim. dir. civ., 1964, 1366, VENDITTI, in Dir. giust., 1989, 408, BIANCA, op. cit., 734, CRISCUOLI, op. cit., 29; contra, AZZARITI, Le successioni e le donazioni, Padova 1982, 625).
In giurisprudenza, Cass. 11 luglio 1996 n. 6313:
«L’atto con cui il notaio riceva le dichiarazioni dei legittimari dirette a confermare espressamente le disposizioni testamentarie rese in forma orale dal de cujus, sulle premesse – dai medesimi dichiarate – dell’inesistenza di un testamento formale e della ripetuta, dettagliata e mai revocata volontà del defunto, espressa oralmente, circa la destinazione dei propri beni, non invade i compiti di accertamento riservati all’autorità giudiziaria, in ordine (nella specie) all’esistenza ed alla nullità del testamento nuncupativo nonché alla intervenuta realizzazione della fattispecie sanante prevista dall’art. 590 c.c., e non è quindi suscettibile di esser disciplinarmente sanzionato, ai sensi degli art. 1 e 138 legge notarile, atteso che la convalida non presuppone alcuna preventiva attività di accertamento circa la nullità delle disposizioni convalidate (né, peraltro, preclude un tale accertamento, da parte dell’autorità giudiziaria in caso di successiva contestazione), e tenuto altresì conto che la fede privilegiata propria dell’atto notarile non si estende al contenuto della dichiarazione di convalida, rispetto al quale non è quindi configurabile alcuna attività di accertamento da parte del notaio» (conf., Trib. Modena 27 settembre 2002); contra, Trib. Bergamo 7 novembre 1994: «Va condannato il notaio che abbia ricevuto dai coeredi un atto di conferma di testamento nuncupativo, implicando tale ricezione una previa attività costitutiva di cognizione in capo al notaio rivolta ad accertare la veridicità intrinseca delle affermazioni dei coeredi circa l’inesistenza del testamento confermato, con conseguente esorbitanza dalle funzioni notarili ed invasione della sfera riservata alla competenza giudiziaria».
Giorgio Vanacore
Avvocato in Napoli
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