La materia dei danni non patrimoniali causati da disservizi telefonici ha riscosso non pochi successi nella giurisprudenza italiana più recente.
In primis, l’enorme risonanza si deve a quella suscitata dalla nota categoria del danno cd. «esistenziale», che oggi trova accoglimento presso l’unanime giurisprudenza (Cass. 12 maggio 2003 nn. 7281, 7282 e 7283, id., 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, Corte Cost. 13 – 28 gennaio 2003 [ord.], 11 luglio 2003 n. 233; conff., Giud. pace Cesena 23 gennaio 2005, Giud. pace Chioggia 21 febbraio 2004, Giud. pace Napoli 26 febbraio 2004, Giud. pace Bari 22 dicembre 2003, Giud. pace Portici 7 novembre 2003, 20 ottobre 2003, Giud. pace Napoli, 22 settembre 2003, Giud. pace Roma, 12 maggio 2003, id., 11 luglio 2003).
In proposito, come si legge in una recente sentenza della S.C., il danno in parola viene in rilievo tutte le volte che sia lesa:
«. . . la libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana. . .; non consiste . . . in meri “dolori e sofferenze”, ma deve aver determinato “concreti cambiamenti, in senso peggiorativo, della qualità della vita”» (così, Cass. 12 giugno 2006 n. 13546).
Ciò perchè, si prosegue, il detto danno comprende:
« . . . ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno . . .» (Cass. 24 marzo 2006, n. 6572).
In estrema sintesi, l’intima connessione del danno esistenziale con i valori costituzionali (sulla quale ha insistito anche Corte Cost., sent. 233/2003 cit.), comporta che esso, al di fuori di ipotesi normative tipizzate, trovi il suo riconoscimento implicito nella clausola generale dell’art. 2 Cost., riconosciuto vera e propria fonte normativa «aperta» di tutela dei diritti fondamentali della persona. In dottrina, esso è stato efficacemente sintetizzato nel «non poter più fare ciò che l’illecito ha impedito e nel dover fare ciò che l’illecito ha necessitato» (in tal senso, espressamente, Di Marzio, Il danno esistenziale nella giurisprudenza di merito e di legittimità, Il Merito, Milano, 2004, fasc. 6, 3).
Dal suo canto, la giurisprudenza di merito italiana – in special modo quella del Giudice di pace – è apparsa, sensibile al riconoscimento di tale tipo di pregiudizio, giungendo ad individuare, in vicende del vivere quotidiano, le cc. dd. «microesistenziali», che rilevano se e quando venga lesa, in modo non irreparabile, la sfera emotiva ed emozionale del soggetto, provocandone risentimenti di stress, irritazione et similia.
Sul punto, leggasi la recentissima Giud. pace Roma, 11 luglio 2003, che concerne proprio un caso di ritardata attivazione del servizio da parte di un operatore di telefonia (allegato n. 10 al fascicolo di parte):
«La ritardata attivazione del servizio telefonico è un inadempimento contrattuale da cui deriva un danno esistenziale, consistente non solo nell’impossibilità di disporre subito del servizio, ma anche nei disagi che l’utente deve affrontare sia per provvedere diversamente sia per sollecitare la società ad adempiere».
In conclusione, la legittimità di un danno esistenziale ha trovato accoglimento altresì nell’art. 7.4.2. dei cc.dd. Principi Unidroit dei contratti commerciali internazionali 2004, che expressis verbis codifica, al comma 2, il cd. danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale.
Questa la norma Unidroit
(1) Il creditore ha diritto al risarcimento integrale del danno subito in conseguenza dell’inadempimento. Il danno comprende sia ogni perdita sofferta che ogni mancato guadagno, tenuto conto dei vantaggi economici che il creditore ha ottenuto evitando spese e danni.
(2) Il danno può essere di natura non patrimoniale e comprende, per esempio, la sofferenza fisica e morale.
Giorgio Vanacore
Avvocato del Foro di Napoli
Add Comment