(in particolare,infortunio del medico avvenuta durante la partecipazione a convegno svoltosi in località molto distante dalla struttura d’appartenenza)
(estratto rivisitato di articolo pubblicato in Giurisprudenza Napoletana, ed. Ipsoa, n. 8-9/2002, pag.334 e ss.)
I precedenti
L’intima connessione tra il cd. infortunio in itinere e i requisiti minimi integranti l’ “occasione di lavoro” di cui all’art. 2, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, è stato più volte, negli ultimi anni, affrontato dalla giurisprudenza, in specie di merito, che ha definitivamente recepito in tema i consolidati e più avveniristi orientamenti della S.C.
Circa l’infortunio in itinere, è noto come in ordine ad esso, originariamente ritenuto indennizzabile solo se ed in quanto occorso al lavoratore nell’aver egli percorso una non eccessiva distanza tra la propria abitazione ed il luogo di lavoro (si veda, su tale punto, la ormai risalente, e superata, Cass. 17 aprile 1989 n. 1830, Foro It., Rep. 1989, voce Infortuni sul lavoro, n. 64, seguita, ancora oggi, da Cons. Stato, comm. sp. p. i., parere 13 dicembre 1999 n. 458, Foro It., 2000, III, 541), la S.C. abbia progressivamente ampliato il campo applicativo, ricomprendendo entro il concetto di dimora abituale del lavoratore – in ipotesi, trasfertista – quella della sua famiglia, ancorchè posta ad eccessiva distanza dal luogo di lavoro, sull’assunto che l’esigenza del trasfertista di tornare periodicamente presso la propria famiglia è assimilabile a quella del normale lavoratore che quotidianamente torni a casa (in tal senso, la fondamentale Cass. Civ. sez. lav. 19 dicembre 1997 n. 12903, Foro It, 1998, I, 435. ss., nonché 8 novembre 2000, n. 14508, id., 2001, I, 1532 ss., con numerosi richiami).
Dall’altro lato, il tema della “occasione di lavoro” di cui all’art. 2, d.p.r. 1124/1965 cit., è certamente di più ampia portata rispetto al danno in itinere, tant’è che in più di una sentenza in materia, riconosciuta la natura ‘itinerante’ dell’infortunio, l’accertamento della sussistenza o no del requisito di cui all’art. 2, d.p.r. 1164/1965 cit, diviene pregiudiziale ai fini della indennizzabilità o meno dello stesso (a conferma di ciò si vedano, Cass. Civ. sez. lav. 19 dicembre 1997 e 8 novembre 2000, citt.).
Presso la S.C. l’occasione di lavoro si ritiene sussistente tutte le volte che “… l’evento lesivo risulti ricollegabile, in modo non meramente marginale, all’esposizione dell’infortunato al rischio indotto dagli elementi (inerenti ad ambiente, alle macchine o alle persone), costituenti le condizioni oggettive dell’attività protetta …” (così, espressamente, tra le molte recenti, Cass. Civ. sez. lav. 27 novembre 1999, n. 13296, Foro It., Mass., 1999; sul punto si veda pure la capofila Cass. Civ. sez. lav. 15 febbraio 1986, n. 925, Foro It. Rep. 1986, voce Infortuni sul lavoro).
Su tali basi, muovendo dall’impiego normativo del termine “occasione”, che ha altra valenza tecnico – giuridica rispetto a “causa”, la S.C. ha potuto via via recidere il nesso tra le mansioni tipiche della prestazione lavorativa ed il fondamentale requisito di cui all’art. 2, d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124, in tal modo facendo rientrare nell’occasione di lavoro anche tutte le attività strumentali e/o prodromiche a quella lavorativa stricto sensu (in tal senso, tra le tante, Cass. Civ. sez. lav. 22 maggio 1997, n. 4557, Rep. Foro It., voce Infortuni sul lavoro., n. 71, nonché id., 7 aprile 2000, n.4443, Mass. Foro It., 2000).
Si badi bene, però che, a mente dei citati dicta, dall’area dell’alea coperta dall’assicurazione sugli infortuni sul lavoro esula il cd. “rischio elettivo”, da sempre inteso quale situazione dannosa e/o pericolosa – oltre che non necessitata – nella quale si sia imbattuto il lavoratore per suo libero arbitrio, (sul punto, espressamente, Cass. civ. sez. lav. 7 marzo 1998, n. 2572, Mass. Foro It. 1998).
Il citato ordine d’indirizzi è stato recepito dalla giurisprudenza di merito, nella specie, il Tribunale di Napoli, che ha così statuito in ordine ad un caso di infortunio automobilistico occorso ad un veterinario partenopeo, debitamente autorizzato alla partecipazione a convegno medico in Italia centrale, a seguito del quale riportava lesioni con postumi permanenti.
Assumendo che il detto sinistro fosse stato occasionato da una attività – la partecipazione al convegno – contigua a quella lavorativa. e perciò coperta dall’assicurazione sul lavoro ai sensi del d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124, l’infortunato chiedeva al giudice del lavoro, la costituzione, a carico dell’Inail, di una rendita da inabilità permanente.
Questa la sentenza del Tribunale di Napoli (massimata dallo scrivente):
“Ricorre un infortunio in itinere avvenuto in occasione di lavoro, ai sensi dell’art. 2, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nell’ipotesi in cui l’evento dannoso sia occorso nello svolgimento delle attività legate a quella strettamente lavorativa da un nesso di complementarietà ed accessorietà, quali sono quelle destinate ad incidere sull’aggiornamento, sulla preparazione professionale e sulla formazione lavorativa del ricorrente – nella specie, è stato qualificato come avvenuto “in occasione di lavoro”, l’infortunio in itinere occorso in autostrada al medico veterinario che, su espressa autorizzazione dell’Istituto di cui era dipendente, si recava ad un convegno scientifico” – (Tribunale di Napoli, sez. lavoro, 17 gennaio 2002 – Giud. Ingrassia).
A recepire claris litteris taluni dei menzionati orientamenti in ordine ai temi trattati, è intervenuto il d.leg. 23 febbraio 2000 n. 38, che ha così modificato gli articoli. 2 e 210 del d.p.r. 1124/1965, dettando, all’art. 12, i requisiti dell’indennizzabilità del danno in itinere la nozione normativa di infortunio in itinere, del seguente tenore: “Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro, o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a causa di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purchè necessitato. Restano, in questo caso, esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcoolici e psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l’assicurazione inoltre non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione alla guida”.
Portici (Na) 19 luglio 2005
Giorgio Vanacore
Avvocato in Napoli
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