articolo tratto da FiloDiritto.com

Quali sono gli obblighi dei datori di lavoro in caso di illegittimo licenziamento?

La Corte di Cassazione richiama innanzitutto l’articolo 19 Legge n. 218 del 1952 che, confermando l’articolo 2115 Codice Civile, impone la contribuzione previdenziale tanto al datore quanto al prestatore di lavoro e dichiara il primo responsabile del pagamento anche per la parte a carico del secondo ed autorizza la trattenuta di questa parte sulla retribuzione.

A queste regole il successivo articolo 23 pone un’eccezione per l’ipotesi in cui il datore non provveda al pagamento dei contributi “entro il termine stabilito”: in tal caso egli è tenuto al pagamento “tanto per la quota a proprio carico quanto per quella a canco dei lavoratori”. In particolare, l’articolo 23 della Legge 218 del 1952 stabilisce che: “Il datore di lavoro che non provvede al pagamento dei contributi entro il termine stabilito o vi provvede in misura inferiore alla dovuta è tenuto al pagamento dei contributi o delle parti di contributo non versate tanto per la quota a proprio carico quanto per quella a carico dei lavoratori, nonché al versamento di una somma aggiuntiva pari a quella dovuta, ed è punito con la sanzione amministrativa … “.

Prosegue la Cassazione, “che poi la contribuzione sia dovuta anche per il periodo in cui il lavoratore non abbia potuto rendere le proprie prestazioni perché illegittimamente licenziato, è stabilito dall’articolo 18 Legge n. 300 del 1990 nel testo modificato dall’articolo 1 Legge n. 108 del 1990, quest’ultimo da applicare anche per il tempo anteriore alla sua entrata in vigore, secondo quanto deciso dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 5 luglio 2007 n. 15143.

Ciò premesso, il quesito che la ricorrente sottopone a questa Corte è se l’articolo 23 debba applicarsi anche nel caso in cui il ritardo nel pagamento dei contributi sia dipeso da un licenziamento illegittimo, seguito da sentenza accertativa dell’illegittimità e ordinante la reintegrazione del lavoratore nel suo posto”.

Sul punto, la Cassazione, confermando la correttezza della decisione di appello, afferma che “l’articolo 23 comma 1 può non trovare applicazione solo quanto il ritardo non sia imputabile al datore (Cassazione 30 dicembre 1992 n. 13735 e 11 luglio 2000 n. 9l98) e nell’ipotesi qui in esame il datore di lavoro, attraverso il licenziamento illegittimo, è incorso in un illecito contrattuale, di cui deve sopportare le conseguenze sia sul piano risarcitorio ai sensi dell’articolo 18 citato sia sul piano punitivo ai sensi del ripetuto articolo 23. Nella previsione contenuta nel primo comma di questo articolo, che trasferisce l’obbligo di pagare una parte dei contributi da uno ad altro soggetto, dev’essere ravvisata una pena privata, giustificata dall’intento del legislatore di rafforzare il vìncolo obbligatorio attraverso la comminatoria, per il caso di inadempimento, di un pagamento di importo superiore all’ammontare del mero risarcimento del danno“.

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, Sentenza 4 aprile 2008, n.8800 – Licenziamento illegittimo – Obbligazione contributiva).

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