1. L’orientamento giurisprudenziale del 2003 (Cass. 12 maggio 2003 nn. 7281, 7282 e 7283, id., 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, Corte Cost. 13 – 28 gennaio 2003 [ord.], 11 luglio 2003 n. 233) ha mostrato come il danno esistenziale trovi fonte diretta nell’art. 2059 c.c., in cui si sono individuate le seguenti tre specie di danni non patrimoniali:
a) danno morale (soggettivo), inteso quale transitorio turbamento della psiche del danneggiato, essenzialmente rappresentato dal danno civile da reato;

b) danno biologico, quale lesione dell’integrità psico – fisica della persona medicalmente apprezzabile;
c) danno da lesione di valori della persona di rango costituzionale diversi dall’integrità fisio – psichica (che autorevole dottrina qualifica esistenziale).
Sul punto, la recentissima Cass. 6 febbraio 2007 n. 2546 ha riaffermato il concetto: «Il danno esistenziale, da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri del soggetto, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, non costituisce una componente o voce né del danno biologico né del danno morale . . .».
Ancora, in tema di responsabilità medica, Cass. 12 giugno 2006 n. 13546:
«La giurisprudenza di legittimità è peraltro pervenuta a considerare il danno non patrimoniale risarcibile ex art. 2059 c.c. solamente in presenza di lesione di interessi essenziali della persona, ravvisati in quelli costituzionalmente garantiti, al riguardo sottolineandosi che il rinvio ai casi di cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della legge fondamentale, ove si consideri che il riconoscimento nella Costituzione, dei diritti inviolabili inerenti la persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, in tal modo configurandosi propriamente un “caso determinato dalla legge”, al massimo livello di riparazione del danno non patrimoniale. Tra gli interessi essenziali in argomento rilevanti (salute, famiglia, reputazione, libertà di pensiero, etc.), senz’altro ricompresi sono quelli relativi alla sfera degli affetti ed alla reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, alla libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito della peculiare formazione sociale che è la famiglia ex artt. 2, 29 e 30 Cost.» (conf., id., 15 luglio 2005 n. 15022; tra la giurisprudenza di merito, Trib. Udine 22 ottobre 2005, Trib. Vicenza 24 novembre 2005, App. Perugia 28 ottobre 2004).
Ancora, secondo Cass. 24 marzo 2006 n. 6572 il detto danno è rappresentato da «. . . ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno . . .».
Il danno che si sta esaminando (cd. esistenziale, secondo autorevole dottrina) è stato, così, individuato nell’impedimento subito dalla vittima al compimento delle attività realizzatrici sue proprie, e si concreta nel «non poter più fare ciò che l’illecito ha impedito e nel dover fare ciò che l’illecito ha necessitato» (in tal senso, espressamente, Di Marzio, Il danno esistenziale nella giurisprudenza di merito e di legittimità, in Il Merito, Milano, 2004, fasc. 6, 3); per dirla con una sentenza di merito, si tratta di un «danno con incidenza nella quotidianità del vissuto» (l’espressione è della recente Trib. Firenze, 2 agosto 2006 n. 2954).
Giorgio Vanacore
avvocato in Napoli

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